PROLOGO: Phoenix, Arizona.

 

Non si poteva sostenere che questa città fosse un ‘punto nevralgico’ degli Stati Uniti. Purtroppo, Phoenix possedeva un suo aeroporto, lo Sky Harbor International.

Per i Marziani, era sufficiente a darle un valore strategico.

La Guerra dei Mondi ha lambito l’Arizona, e, oggi, i soli segni visibili dell’evento erano il maggiore spazio occupato dai cimiteri,

e i cantieri edili, questi impegnati 24 ore al giorno in un mercato del lavoro ora fiorente come non mai. Presto, la ricostruzione avrebbe donato molti frutti ad ogni classe sociale in essa impegnata.

Per ora, c’erano solo la fretta di terminare, per tornare ad una parvenza di normalità -la fretta, e turni di lavoro massacranti. Il disoccupato era diventato improvvisamente merce rara, e non ci si faceva troppe domande su chiunque desiderasse fare lavorare un po’ i muscoli.

Gli Indiani abili al lavoro sudavano come tutti, ma almeno con la prospettiva di un maggiore peso nella comunità finora troppo influenzata dai bianchi.

 

Era quasi mezzanotte, quando un Cheyenne, distrutto da una giornata di lavoro iniziata alle 8, rientrò a casa…casa! Un termine pomposo per un monolocale fatiscente di 50mq che condivideva con un altro operaio, un Hopli. La sola cosa che rendeva tollerabile la convivenza forzata in uno spazio così ridotto era che uno tornava dal lavoro quando l’altro ci andava.

Poteva andare peggio, comunque, rifletteva l’uomo salendo le scale, avvolto dai suoni ed odori di tante famiglie e single costretti ad una vita che non avevano scelto. Almeno, stava facendo progressi!

Arrivato al secondo piano, l’uomo si avvicinò alla porta del suo appartamento. Era stanco, e il suo livello di attenzione annebbiato. I suoi pensieri correvano al suo ‘contatto’, a quanto l’agente fosse realmente affidabile…

Non lo avrebbe mai più scoperto.

Il suo ultimo pensiero, mentre inseriva la chiave nella toppa, andò a un odore estraneo che veniva dall’appartamento.

 

L’esplosione disintegrò l’appartamento, e coinvolse i quattro vicini. Il bilancio delle vittime, comprese quelle che si ferirono nel panico che seguì, sarebbe ammontato a 10 morti, più uno di infarto per il panico, e 12 feriti.

Quello che in tre parole si può classificare come ‘un grave errore’.

 

 

MARVELIT presenta

Episodio 1 – UNA MORTE IN FAMIGLIA

 

 

Sunset Crater National Monument, Arizona.

 

La jeep procedeva sul sentiero frastagliato come fosse stata una comoda strada asfaltata. Grazie al suo motore a idrogeno, il veicolo aggiungeva solo il suono delle sue ruote al lieve sibilare del vento.

Il cielo era quello delle giornate serene. Un bianco lo avrebbe trovato offensivamente bello, data l’occasione.

Per l’occupante della jeep, era invece ideale, per testimoniare il trapasso nei territori di caccia dell’aldilà.

La jeep si dirigeva verso un filo di fumo che emergeva dal centro dell’antico cratere vulcanico -non il segno di una ripresa attività geologica, ma di una cerimonia già iniziata.

L’uomo al volante corrucciò la fronte. Non poteva biasimarli, per avere iniziato senza di lui…Del resto, lui aveva già contribuito, ‘acquistando’ l’intera giornata di tour dal servizio turistico, per non avere occhi indiscreti su quel solenne momento…

 

Finalmente, la jeep arrivò al bordo del cratere.

L’uomo scese. Un indiano dalla testa ai piedi, sarà stato alto due metri, il fisico abbronzato superbamente allenato. Indossava un costume che copriva completamente solo le gambe, e parzialmente la metà superiore del corpo. Le decorazioni consistevano di una collana di denti di animale, di un bracciale, due coppie di penne –una al bracciale e una al collo- cintura e frange di pelo alle caviglie.

Il mondo conosceva l’uomo come Thomas Fireheart, fondatore e manager della Fireheart Enterprises.

Il costume era quello del suo, più temuto, alter-ego: Puma.

Fireheart saltò dentro il cratere.

Quando la figura atterrò su un sentiero che nessun occhio allenato avrebbe mai potuto vedere, l’uomo era stato sostituito dal guerriero-animale, la testa più felina che umana, il corpo coperto di pelliccia arancione.

Puma procedette quasi senza fare rumore. Un canto indiano echeggiava nel cratere. Il fumo si perdeva in una colonna densa, nella giornata priva di vento.

 

Puma arrivò alla sua destinazione.

La cerimonia funebre era ancora in svolgimento. I presenti erano radunati intorno alla pira funebre, su cui ardevano i resti dell’amico ucciso, rinchiusi in un fagotto –tutto quello che era letteralmente rimasto. Sopra il fagotto, steso su un fianco, il corpo di quello che in vita era stato un magnifico lupo rosso.

A cantare, con voce insieme potente e triste, era un indiano, una figura enorme in un costume bianco e azzurro, la testa sormontata da un classico casco di penne.

L’indiano era un Navajo, e nel costume era conosciuto come Aquila Americana.

Gli altri presenti, tutti accomunati dalla postura e l’espressione mesta, erano persone che Puma, nella sua vita di solitario, non aveva incontrato personalmente, ma di cui aveva letto, e con le quali si era sentito vicino.

L’uomo che indossava un completo da cowboy interamente bianco, ma che in più portava un mantello e una maschera che copriva tutta la testa, era l’attuale Phantom Rider.

L’altro, che a prima vista sembrava la caricatura di un cowboy, con il suo sgargiante costume rosso e blu, e una mascherina nera in volto, era Texas Twister.

Phantom e Twister erano due degli originali Rangers, i paladini del Sud-Ovest americano. Mancavano all’appello le due donne, Firebird e Shooting Star.

Puma prese posto nel circolo, e si mise a sedere. Le domande sarebbero state rimandate. Adesso era tempo di piangere l’eroe caduto, Red Wolf, e il suo fedele compagno Lobo

 

Nessuno dei presenti, nonostante almeno due di loro avessero sensi abbastanza acuti da sentire una piuma cadere, si avvide dell’estraneo che vegliava sulla cerimonia.

 

Dietro le montagne, il sole era ormai una striscia frastagliata scarlatta in un cielo sanguigno, quando fu tutto finito.

“Victoria ci raggiungerà dopo…Qualcosa circa la sua famiglia. Bonita non è rintracciabile,” disse Texas Twister, accendendosi una sigaretta, alla domanda di Puma. “Potrei provare attraverso i Vendicatori, certo…ma non voglio quel santone di Capitan America a dirci come comportarci. ”

Le braci funebri sembravano un faro, nel cratere, un faro per i pensieri dei presenti.

Nessuno aveva dubbi, in merito: la morte di Red Wolf sarebbe stata vendicata, a costo di andare fino all’inferno e oltre.

Si trattava solo di trovare il modo. Obbedire alle emozioni, muoversi senza una direzione, senza indizi, avrebbe al massimo soppresso il sintomo, non la causa.

Per questo, si poteva contare su Thomas Fireheart.

La Fireheart Enterprises era l’interfaccia fra le Nazioni Indiane e il mondo dei bianchi. Era una compagnia, ma anche una gigantesca agenzia spionistica, che Thomas, nel suo lavoro di mercenario come Puma, usava per trovare le sue prede.

Scuotendo la testa, Puma disse, “Nessun canale convenzionale di informazioni ci sarà di aiuto: qualunque cosa stesse facendo Red Wolf, nella sua identità civile, era segreta. Niente documenti, niente confidenti.”

Twister esalò una boccata di fumo. “Non torna: sono stato abbastanza a lungo nello SHIELD per sapere che bisogna essere pronti a passare l’incarico. E’ una regola d’oro, tanto valida quanto delicata l’operazione.”

Aquila Americana annuì. “Mi sta bene: vuol dire che scoveremo personalmente la nostra preda. Senza interferenze. Sei dei nostri, Puma?”

Puma guardò gli altri uno ad uno negli occhi, prima di rispondere. “Oggi non sono un mercenario, anche se sareste stati pronti a comprare i servizi della mia organizzazione. Oggi sono un indiano, e oggi giuro che farò tutto quello che è in mio potere per aiutarvi a trovare gli assassini di un grande eroe.”

Poi, Puma si avvicinò alle braci, ancora abbastanza calde da cuocerci sopra. Stese un braccio, il polso rivolto in basso, e con un artiglio dell’altra mano, con un colpo secco, si tagliò una vena!

Il sangue gocciolò e sfrigolò sulle braci. Sotto gli sguardi dei suoi nuovi compagni d’arme, Puma recitò un giuramento di fratellanza nella sua lingua. Che la sua anima potesse vagare nel Deserto degli Spiriti Dimenticati, se mai fosse venuto meno alla sua promessa!

Poi, prima una mano guantata, poi un’altra e una terza, nuda, si posarono sul braccio –tre fratelli di sangue, a suggellare il giuramento.

 

 

Il giorno dopo, a Phoenix.

 

Era bassa stagione, e a causa anche della guerra, gli affari languivano più del solito.

L’arrivo inatteso di una limousine chilometrica nera fece sgranare gli occhi al portiere gallonato dell’hotel Montezuma. Il portiere si scosse dal torpore, e corse ad aprire la porta. La sua memoria, allenata su rotocalchi specializzati nel mondo della politica, della finanza, moda e spettacolo, non riconobbe la figura che scese dal lato posteriore.

L’uomo aveva un fisico asciutto, scattante, sano. Capelli biondi, occhialini da professore, giacca di un grigio anonimo. Portava una spessa 24 ore dall’aria vissuta. Decisamente non il tipo che si potesse permettere anche solo di guardare un’auto come quella...

In compenso, l’uomo non sembrò per niente a disagio, mentre diceva al portiere, “Ho solo una valigia...è un po’ pesante, ma c’è dentro roba fragile, mi raccomando.”

Il portiere scrollò le spalle e andò al bagagliaio.

Alla reception, l’impiegato fu altrettanto lesto a non riconoscere la figura in avvicinamento –ma era un cliente, anche se di basso livello...

L’ospite rivolse un sorriso smagliante. “Sono Hamilton Slade. Dovrebbe esserci una prenotazione per me fatta da Thomas Fireheart.”

L’impiegato si mise subito una censura ai pensieri, e fece un breve inchino, ma talmente profondo che quasi andò a craniare contro il bancone, mentre esibiva un sorriso vagamente untuoso. “Benvenuto, signor Slade!” Si affrettò a porgere una tessera-chiave all’ospite. “Camera 701, la migliore suite. Tutto è stato predisposto come richiesto. Le serve qualcosa in particolare?”

Slade sembrò pensarci su, poi disse, “No, davvero...Ah, oggi sarò in camera, ma domani sarò in giro per qualche ricognizione per studi archeologici...Dovrete prendere ogni messaggio.”

Il receptionist quasi scattò sull’attenti come di fronte a un generale. “Sarà fatto, si...”

Ma Slade si era già diretto agli ascensori.

Nessuno di loro fece caso alla figura seduta nella hall, dietro a un giornale, una figura che non perdeva d’occhio una sola mossa e una sola parola di Slade.

 

Pochi minuti dopo, il bagaglio consegnato, Slade si trovava seduto sul gigantesco letto della suite. Aveva aperto la 24ore, che si era rivelata una piccola stazione informatizzata collegata via internet.

L’archeologo aveva il compito, nella sua identità civile, di controllare ogni riferimento storico e archeologico che potesse rivelare particolari relativi a giacimenti di minerali preziosi o petrolio o tesori degli Eterni...o quant’altro potesse spingere qualcuno ad ammazzare Red Wolf per prevenire fughe di notizie.

Come Phantom Rider, avrebbe pattugliato le aree ritenute più interessanti.

 

 

Perché qualcuno dovesse chiamare un hotel The Dry Coyote, era a tuttora un mistero dell’industria turistica.

Fatto stava, che l’edificio era riuscito a sopravvivere, nel suo anonimo squallore, all’intera storia di Phoenix e ad ogni tentativo delle autorità di farlo chiudere.

Gli ospiti del Dry Coyote non erano quelli che si potessero definire ‘brave persone’…Da sempre, gli unici residenti che avessero pernottato più di 2 giorni erano le puttane a basso costo e i piccoli narcotrafficanti. Finché si pagava, tutto il personale chiudeva un occhio e un orecchio.

Decisamente, era l’ultimo posto dove trovare due supereroi in incognito.

 

Anche se, per ora, una di loro non si sentiva per nulla un ‘eroina’.

“Mi preoccupi, piccola. Stavi già così quando sono arrivato, ed è quasi un’ora che continui a fissare la muffa.” Drew Daniels amava giocare con le parole, ma era preoccupato non poco.

Victoria Star, sua compagna nella lotta e nella vita, era sdraiata sul piccolo letto matrimoniale, una figura incongruamente ben vestita. Ma non stava fissando il soffitto.

Stava fissando la propria vita.

Facendosi domande, tutte con risposte poco piacevoli.

“Sai una cosa, Drew?” chiese lei, la voce quieta, assente. “Persino essere stati posseduti da un demone può sembrare una cosa pulita, in confronto a come mi sento adesso.”

Drew serrò la mascella, e tranciò in due la sigaretta accesa, che sfrigolò sul pavimento. “Adesso mi spaventi, Victoria. Non ti ho mai sentito così.”

Victoria si mise seduta, a fatica, come se avesse un macigno addosso. “Potrei parlartene per ore, e saremmo ancora qui a discuterne fra una settimana...” sospirò. “Voglio che guardi questo, invece.  E capirai.”

L’unica nota stonata in quella squallida camera era un lettore DVD portatile, piazzato sull’unico comodino. La donna lo porse a Daniels.

Daniels accese l’apparecchio...e quasi lo fece cadere di mano, quando vide il logo AIM in apertura di video!

Il logo fu rimpiazzato dall’immagine di un uomo –una figura che un tempo avrà avuto carattere, ma che ora sembrava solo patetica, nella vecchiaia e nella malattia che l’avevano consumata spietatamente.

Zoom indietro. L’uomo era sdraiato in un letto d’ospedale, circondato da flebo.

L’uomo tossì, e disse, stancamente, roco, “Mia cara Victoria, quando avrai ricevuto questo video, sarò già morto. Almeno, ti sarà stato risparmiato un penoso confronto.

“Ho spesso pensato che sarebbe stato più giusto lasciarti all’oscuro, ignara, innocente...Ma credo ancora che la verità non debba mai essere soppressa, per quanto dolorosa. Se tuo padre sarà d’accordo, ti darà questo video e...il mio lascito.

“Mi chiamo Jason Dean, e in gioventù sono stato socio d’affari con Remington Star. Io ci mettevo le idee, lui mi finanziava.

“Per un paio di anni, le cose erano andate bene. Alla fine, ero riuscito a sposarmi...e ad avere te.” Jason Dean tossì più volte, e riprese a parlare con la voce più affievolita, gli occhi più tristi.

“Io ero al lavoro, quando tua madre fu uccisa da un automobilista ubriaco...Mia piccola Victoria, quel giorno il mio mondo era finito. Precipitai nel dolore; mi vergogno di ammetterlo, ma tu mi guardavi con i tuoi occhioni innocenti, ridevi nel tuo lettino, ed io vedevo tua madre in te...e non potevo sopportarlo.

“L’automobilista, il figlio di un influente politico nel Consiglio Comunale, subì una penalità minima. Ed io subì l’ultimo colpo nella giustizia del mondo.

“Remington era un brav’uomo, mai benedetto da figli, ed ero sicuro che ti avrebbe cresciuta come figlia tua. Io, vigliaccamente, scappai, via dal Texas, via dalla mia vecchia vita.

“Avevo ancora dei buoni contatti nel mondo della ricerca, e l’AIM mi reclutò per sfruttarli. Avevo venduto la mia anima al male, e non mi importava niente. Qualche tempo dopo, loro mi addestrarono per trasformarmi in un super-agente. Un supercriminale. Mi diedero un costume, e realizzarono una pistola-laser da me disegnata. Ero diventato Fotone.

“Sotto tale identità, iniziai addirittura ad uccidere per conto dell’AIM...ma non durò a lungo. Fui coinvolto in una battaglia contro l’Uomo Ragno e Nova, e con la mia sconfitta, caddi in disgrazia. Ero rimasto solo.

“Sarei rimasto in prigione per il resto dei miei giorni, se non mi fossi ammalato di cancro. Così, mi fu permesso di tornare a casa.

“Con le ultime energie e fondi segreti rimastimi, iniziai la realizzazione di un nuovo costume da Fotone. Costume che lascio a te, mia dolce figlia...insieme alla mia proprietà in Messico. Tuo padre, perché solo lui ha il diritto di essere chiamato così, è stato molto gentile, e mi ha permesso di seguirti sui giornali e alla TV...” gli occhi di Jason luccicavano di gioia, la sua voce aveva ritrovato forza. “Sono orgoglioso di te, Victoria. Hai fatto la scelta giusta, e non avrei permesso a nessuno di rovinarti la vita, rivelandomi...

“Ma ora muoio, e i segreti moriranno con me. Almeno una volta, però, volevo farti sapere che mi dispiace per il male che ti ho fatto. Non avrei avuto pace, se tu avessi saputo tutto questo da qualcun’altro, magari per ricattarti...No, voglio essere io a dirtelo. So che saprai prendere, ancora una volta, la decisione giusta.”

L’uomo sul letto sembrò afflosciarsi. Era stanco, ma sorrideva. “Non ho altro da dirti. Sii felice, piccola.”

Il video si spense.

Lo sguardo di Daniels cadde sulla scatola posta in un angolo all’ombra. Non ci avrebbe fatto neppure caso, se non fosse stata menzionata. Gli sembrava che dentro ci fosse un serpente.

Victoria disse, “Se solo lo avessi saputo prima...Avrei voluto incontrarlo, sai, Drew? Forse lo avrei picchiato, forse no...Ma volevo vederlo, il bastardo!” alternava il tono dalla rabbia alla tristezza. “Non può avermi fatto questo. Non può venire a dirmi che sono la figlia di un perdente criminale, e poi morire senza guardarmi in faccia!” con un gesto brusco, strappò il lettore dalle mani di Daniels e lo mandò a infrangersi contro la parete.

Drew la abbracciò, ma lei non pianse sulle spalle di lui. Serrando le maniche della sua camicia, chiese invece, “A che punto siamo con le ricerche? Ci sono tracce?”

L’ex cowboy rimase un attimo stordito, prima di realizzare. “Troppo presto, piccola. I segugi avranno iniziato solo adesso, a fare sul serio. Io e te, per ora, dobbiamo restare in attesa, sperare di cogliere qualche indizio. Mi sa che un ex vaccaro e un’ereditiera del petrolio non siano molto utili, per ora.”

Victoria sospirò, e si staccò dal suo compagno. “Non direi. Fra le mie e le tue conoscenze...”

Lui scosse la testa. “Niente da fare. Niente estranei di mezzo. Red Wolf era un nostro amico, e saremo noi ad amministrare giustizia.” E le spiegò il piano.

Quando lui ebbe finito, Victoria strinse gli occhi, riflettendo, e parlando fra sé disse, “Forse, c’è qualcosa che possiamo fare anche noi.”

 

 

Poco prima della pausa di mezzogiorno, il capomastro aveva sette diavoli per capello. La mano d’opera abbondava, ma da quando c’era stata quell’esplosione, i ritmi erano pericolosamente rallentati. E la morte di quell’indiano in particolare sembrava avere messo l’uggia a tutti i pellerossa del cantiere!

Il capomastro, Simon Turks, era un omone tutto muscoli, burbero come birra acida e politicamente corretto come una moneta falsa...Ma pagava bene e riconosceva almeno la pausa pranzo. Per il resto, era già molto se ti concedeva il permesso di andare a trovare la mamma malata.

Turks era intento su un registro, pensando a un modo di fare passare una notte di straordinari a metà paga, quando qualcuno parlò alle sue spalle. “E’ qui che si può trovare lavoro?”

Turks era abituato a riconoscere la gente dal tono di voce. Per questo, quando si voltò, si aspettava di trovarsi di fronte a qualche pezzo grosso...invece, si trovò di fronte a un indiano.

Per lui, tutti gli indiani erano uguali. Questo lo era di più: era un colosso umano, di quelli che avrebbero potuto prendere in braccio un cavallo senza fiatare!

Turks si sentì Davide di fronte a Golia, ma mantenne il suo contegno, quando rispose, “Qui si può trovare lavoro se riesci a muovere tutte e due le braccia, rosso. Si lavora anche la Domenica. Paga a fine settimana. Straordinari doppi. Niente stronzate sindacaliste. Gli armadietti con le attrezzature sono alla baracca C. Se ti va, dimmi il tuo nome, o taci e smamma!”

L’indiano lo fissò come fosse una formica da schiacciare, ma disse solo, “Jason Strongbow,” e andò verso la baracca.

Turks si chiese perché quel tizio fosse venuto proprio lì...Insomma, era abbastanza robusto da fare lavori pagati molto meglio e meno rischiosi...Hmm, forse stava fuggendo da qualcuno, sì.

Turks sorrise: comunque fosse, non sarebbe stato difficile farlo tenere d’occhio.

 

 

Sotto un sole impietoso, nel mezzo del nulla, unici testimoni i serpenti e gli scorpioni,

stava Puma. Apparentemente, in quel punto del deserto non c’era alcunché di interessante.

Tranne una macchia ai suoi piedi, una macchia essiccata e sbiadita del colore della ruggine.

L’assassino di Lobo aveva colpito a distanza, da cecchino, con un fucile di precisione...Ma non era un professionista. Aveva commesso un errore: si era avvicinato per assicurarsi di avercela fatta.

L’assassino doveva avere il dono del volo, o un velivolo ad antigravità, per non lasciare alcuna traccia...Ma era sceso a terra, una volta sola. Sufficiente.

Puma si concentrò sulla seconda macchia, piccola, appena la punta di uno spillo. Il guerriero rivolse un complimento mentale a Lobo: in un ultimo, disperato atto di volontà, il lupo era riuscito a mordere il suo carnefice, per lasciare una traccia preziosa.

Puma era allenato per imprese molto più difficili, in questo campo. Dovette chinarsi ed annusare il sangue essiccato una volta sola –e da quel momento, sarebbe solo stata questione di tempo!

 

 

Phoenix.

Ore 23:35

 

“Dimmi che sto sognando, Mac....”

“Nahh, è un mutante, te lo dico io!”

“Non ha smesso di lavorare fino ad ora...”

“Figlio di...”

“E adesso me ne devi 50!”

 

Nessuno osava rallentare il ritmo del proprio lavoro; chi faceva gli straordinari, lo faceva sapendo che non sarebbero stati pagati di più, in caso contrario.

Ma parlare sul lavoro non era proibito, fino a quando evitavi di procurarti un incidente.

E, a quasi 12 ore dal suo arrivo nel cantiere, Jason Strongbow era decisamente diventato il centro dell’attenzione generale.

Jason sapeva che presto qualcuno si sarebbe deciso ad avvicinarlo...Naturalmente, non si aspettava che quel qualcuno sarebbe stato il contatto di Red Wolf, non così presto...

Ma il cantiere era, semplicemente, il posto migliore dove passarsi segreti alla luce del sole. Così lui pensava.

Se si fosse sbagliato, almeno sperava che qualcun’altro dei suoi compagni avesse ragione. E presto.

Jason sollevò l’ennesima trave, leggermente tremando sulle gambe. Non era ancora lontanamente affaticato, ma doveva comunque mostrare segni di cedimento, o qualcuno avrebbe davvero finito per chiamare qualche squadra antimutante...

E il buffo era che lui non era affatto un mu*

Solo il suo ferreo autocontrollo gli impedì di sussultare, quando qualcuno gli diede una robusta pacca sulla schiena!

“Ed eccolo qua, il nuovo Grande Capo!” l’autore della pacca emise un verso a metà fra un ringhio e una risata. La zaffata di alcool che seguì era qualcosa di nauseante!

Jason posò la trave, e si voltò.

Si trovò di fronte a un uomo di età indefinibile fra i trenta e i cinquanta, il volto dai lineamenti forti, capelli neri e stopposi come i lunghi baffoni e una spinosa barba di due giorni. Non sarà stato più alto di Wolverine, e i suoi occhietti brillavano di malizia, intonati alla sua voce roca.

“Senti un po’, Grande Capo...Ti piace così tanto lavorare qui?” la sua voce, come il suo aspetto, gridavano messicano.

Jason si limitò ad annuire, ma continuando a fissare l’altro negli occhi.

Il messicano sfoderò un ghigno predatorio. “Muy bien, gigante. Perché se sei d’accordo, adesso ti concedi una bella notte di tonificante sonno. Una bell’idea, no? Ci sono tanti altri che hanno bisogno di fare la loro parte.”

Jason capì che il cantiere aveva una seconda autorità. Forse, questo messicano era la ‘polizia segreta’ degli appaltatori del cantiere. Una presenza capillare.

Jason sfoderò un mezzo sorriso sarcastico, e voltò le spalle al messicano. Gliel’avrebbe data vinta, questa volta.

Ne avrebbero riparlato dopo, a quattr’occhi. In privato.

 

 

L’operatore era una figura anonima, asessuata, impassibile. Inumana.

Sedeva in un cubicolo letteralmente tappezzato di hi-tech, con schermi ultrapiatti a dimensione umana. E di tale organo elettronico, l’operatore era letteralmente il cuore, collegato com’era attraverso filamenti ottici, e cavi attraverso cui passava il nutrimento. I suoi occhi erano orbite cave i cui filamenti andavano direttamente alla base degli schermi.

Tre di tali schermi mostravano la figura in movimento di Jason Strongbow. Uno mostrava la sua struttura scheletrica, uno quella muscolare e nervosa, e il terzo il brillare delle bio-energie. Cascate di dati accompagnavano ogni schermata.

L’operatore, che sulla fronte aveva stampato un ‘64’ nero, disse a un invisibile microfono, “Dati inviati. Rapporto confermato: l’uomo di nome Jason Strongbow è un paranormale, un umano mutato. La corrispondenza più prossima nel database è quella di Aquila Americana, supereroe.” La sua voce era calma, impersonale…

 

 

…Mentre le emozioni che attraversavano il recipiente di quelle informazioni erano tutt’altro che tranquille.

L’uomo era, almeno così si dichiarava, il diretto discendente di famiglie nobiliari di quelli che furono gli Stati Confederati d’America. Almeno, il suo aspetto e il portamento suggerivano tale estrazione.

Ma la mentalità di William Taurey era tutt’altro che nobile. Dei suoi antenati, egli aveva mantenuto l’arroganza, il razzismo, e la ferma convinzione che i moderni USA dovessero venire rimodellati secondo quegli schemi sociali che furono la causa di una guerra civile.

Seduto nel mezzo di un salotto che riproduceva fedelmente lo stile di quell’epoca, Taurey sorseggiò del vino con aria pensosa, mentre osservava il rapporto da uno schermo incorniciato come fosse stato un quadro.

“Si direbbe che la tua brillante idea non abbia prodotto i risultati desiderati,” disse, assentemente, a qualcuno dietro di sé. “L’eliminazione clamorosa di Red Wolf avrebbe dovuto chiamare qui i Rangers, non un super Navajo.”

“E’ solo questione di sapere attendere,” disse il misterioso ospite. “Ammetto che la presenza di Aquila Americana non può essere una coincidenza…Ma non posso sbagliarmi: i Rangers saranno qui, o ci sono già, ma nelle loro identità civili, per studiare il terreno.”

Taurey sembrò rifletterci sopra. “Per questo sono perplesso: a parte Phantom Rider, tutti quei seccatori amanti degli indiani hanno identità segrete buone come moneta falsa. Soprattutto, Victoria Star e Drew Daniels: sono inseparabili, e lei non è il tipo di persona che non si faccia notare…Al contrario di Bonita Juarez, che potrebbe passare per una qualunque suora locale.”

L’altro non disse niente; lui, come il suo predecessore, aveva una certa esperienza in fatto di supereroi, e la prima cosa che aveva imparato era che sottovalutarli significava perdere. E William Taurey li stava gravemente sottovalutando.

L’altro disse, “Potremmo comunque tentare di catturarlo. Il suo DNA potrebbe ancora essere usato per…”

Taurey alzò seccamente una mano a zittirlo. “Abbiamo già un numero sufficiente dei nostri super-agenti. Quel pellerossa non servirebbe che ad attirare più attenz…eh?”

Senza alcun preavviso, la stanza si era messa a tremare! Una scossa breve, ma sufficiente a fare tintinnare i cristalli del lampadario e a spostare gli oggetti sui tavoli.

Un attimo dopo, entrò in funzione l’allarme. L’immagine sul quadro/schermo cambiò, mostrando quella di un tecnico incappucciato, un ‘numero 102’. Il suo impersonale tono era, in qualche modo, capace di evidenziare la drammaticità della notizia. “Milord. Il deposito di munizioni 9 è esploso.”

“CHE COSA?!” ringhiò Taurey, come se volesse strangolare il tecnico attraverso lo schermo. “Se non saprete darmi una spiegazione entro cinque minuti, io…”

Il tecnico, disse solo, “La distruzione è totale, signore. Ci vorrà più di un’ora solo per spegnere le fiamme. Per ora, l’incendio è circoscritto.”

Taurey fece un cenno, e lo schermo tornò a rappresentare una scena di caccia al lupo.

“Il nostro deposito più grande…” disse, sconvolto. Poi, i suoi occhi sembrarono rianimarsi di ira. “D’accordo. Voglio che Eschiverra sia avvertito, subito! Vediamo se riesce a sbarazzarsi di quel selvaggio maledetto! Non può non avere a che fare con questo sabotaggio!”

 

 

Nella sua camera, Hamilton Slade era ancora sveglio e lontano dall’avere sonno.

La ricerca era stata fino ad ora frustrante –naturalmente, se lo era aspettato. Trovare l’ago di questo pagliaio avrebbe richiesto molto tempo, con una ricerca dettagliata.

Un colpo di fortuna, non aveva chiesto altro. Uno solo.

E l’aveva ricevuto.

L’archeologo aveva un inizio di barba, i capelli arruffati ed era in maniche di camicia –sembrava un broker reduce da una matinee del Venerdì Nero a Wall Street. Ma sorrideva, mentre un sito –di tutti quanti- brasiliano gli mostrava una bella chicca…

Scavi archeologici recenti, molto interessanti…Sì, era il caso di contattare immediatamente gli altri. Valeva la pena fare una visi*

La mano di Slade, che stava per digitare un comando, si gelò di colpo a un millimetro dalla tastiera.

Com’era quella frase?

Quando un angelo cammina sulla tua tomba.

L’uomo voltò fulmineamente la testa e lo sguardo in ogni direzione, la mano istintivamente a correre verso la fondina che ora non aveva. Come se lo spirito di Phantom Rider lo avesse posseduto, pronto a combattere.

Ma il cavaliere non era giunto. Non c’era nessun pericolo.

Allora, perché Hamilton Slade si scoprì a rabbrividire, sicuro di non essere solo?

 

 

Ore 03:00

 

Il silenzio nel Dry Coyote era rotto solo dall’occasionale borbottio di qualche ubriaco, dal cigolare di un letto rotto sotto il peso di due corpi, dallo zampettare di topi affamati…

E dai passi di qualcuno che un ratto, decisamente, non era.

L’intruso percorse il corridoio buio quasi fosse un fantasma. Ai suoi occhi, c’era abbastanza luce da sembrare giorno.

L’ordine era di eliminare quel pellerossa ficcanaso con discrezione. Niente di più semplice: neppure il metallo poteva resistere ai suoi artigli!

Il sicario arrivò davanti alla porta. L’indiano stava dormendo, il suo respiro era regolare, il suo odore aveva varcato quella soglia, ed era vecchio come previsto –non aveva fatto finta di rientrare, il selvaggio!

Un sorriso stirò le labbra di un volto ferino, rivelando zanne acuminate.

Solo un momento…

 

La Luna a tre quarti era la sola fonte di luce della stanza, limitata dal quadrato della finestra. Il letto dove dormiva Jason Strongbow aveva un solo occupante, ignaro, avvolto dall’ombra. Solo la testa spuntava dalle lenzuola.

La porta esplose verso l’interno! Contemporaneamente, un’ombra indistinta saettò verso il letto.

Artigli brillarono di luce propria, mentre si avvicinavano alla gola della

vittima?

Non fu poca, la sorpresa del sicario, quando una mano coperta di pelliccia gli agganciò il polso in una morsa ferrea!

In un solo movimento, la mossa di attacco del sicario fu trasformata in un disperato tentativo di attutire l’impatto, mentre egli veniva sballottato come una bambola verso la finestra.

 

Il sicario piombò in strada, seguito da una pioggia di schegge di vetro e legno. Cadde dal primo piano, ma riuscì ad atterrare aggraziatamente.

Un momento dopo, arrivò il suo avversario, circondato da un’aureola di schegge vetrose.

“Puma?!”

Una strana visione, l’eroe ed il criminale: il primo, il ritratto vivente della furia vendicativa; l’altro, un altro uomo-felino, più piccolo e tozzo rispetto a Puma, la pelliccia scura e un costume oro e verde, il ritratto vivente della sorpresa.

“L’ultima volta che ho sentito parlare di te, Esteban Carracus, eri morto,” disse il guerriero indiano, la voce un ringhio tremendo. “Correggerò l’errore della tua presenza, dopo averti strappato le informazioni che voglio.” Detto fatto, Puma saltò addosso al suo avversario.

El Gato scartò all’ultimo istante, ed affondò gli artigli. Puma fu altrettanto lesto ad evitare quel colpo al fianco, anche se dovette ricadere malamente su un fianco.

Di nuovo, i due nemici si trovarono muso a muso, la tensione al massimo.

El Gato sfoderò un ghigno malefico. “Esteban? Quel cabron buono a nulla merita di restare morto, per quel che mi riguarda. Io sono Raoul Eschiverra. E tu sei morto!”

El Gato saltò. Puma fece per scartare..solo per scoprire che il criminale aveva anticipato la manovra! Con una torsione, el Gato diede un calcio d’affondo alla mascella di Puma!

Puma barcollò, mentre el Gato atterrava, rimbalzava,

e colpiva con tutti e cinque gli artigli il fianco del guerriero, lasciandosi dietro una scia di sangue ed energia!

Puma ruggì, più per la sorpresa che per il dolore, e saltò all’indietro. Il dolore aveva schiarito la sua mente dalla furia vendicativa. In un lampo, il nome di Eschiverra tornò alla sua memoria insieme alla scheda sul supercriminale.

Eschiverra era entrato in contatto con una Sentinella Kree, e la sua mente si era impressa nel robot. In tale stato, aveva condiviso il suo potere con Carracus, trasformandolo in el Gato, fino a quando l’eroe Capitan Marvel non aveva distrutto la Sentinella. Carracus aveva perso i suoi poteri…Evidentemente, Eschiverra era sopravvissuto all’esperienza…

El Gato rinnovò il suo attacco. Era considerevolmente più forte e veloce del suo predecessore, e ulteriormente avvantaggiato dalla sua inferiore taglia; combatteva come Wolverine. Anche se Puma riusciva a parare la maggioranza dei colpi, era sufficiente essere sfiorato dall’energia negli artigli per avvertire il bruciore…

Alla fine, Puma era in angolo, ancora sulla difensiva sotto la pioggia di colpi del Gato. “Pfah! Non sei all’altezza della tua fama, gringo!” disse el Gato fra un colpo e l’altro. “Anche se non sei il pellerossa designato, la tua testa farà una bella figura su humpphh

Il piede di Puma gli si era conficcato nello stomaco, superando l’attacco come se el Gato fosse stato un facile, immobile bersaglio!

Colto di sorpresa, già parzialmente stancato, el Gato crollò in ginocchio, reggendosi l’addome.

Una mano impellicciata gli si agganciò alla collottola, e tirò seccamente la testa all’indietro. L’altra andò ad agganciare la giugulare. Le ferite di puma si stavano rimarginando a vista d’occhio. “Piccolo uomo, sono stato allenato per combattere esseri molto più potenti di te! E adesso dimmi, chi ha ucciso Red Wolf e Lobo?”

“E cosa ti fa pensare che io lo sappia?” chiese el Gato, rantolando.

“Dovevi uccidere Jason Strongbow. Anche lui si stava avvicinando troppo alla verità, ve...” non completò la frase. Un luccichio alla gola del criminale attirò la sua attenzione –o meglio, lo spinse, istintivamente, a guardare.

Fu sufficiente. A luccicare, era stato un pendente a forma di testa di gatto. Non appena Puma lo guardò, il pendente brillò di una luce intensa come quella solare!

Puma lanciò un ruggito terribile di dolore, e lasciò la presa, cadendo in ginocchio, coprendosi gli occhi.

El Gato si mise in piedi. Sollevò un braccio, pronto a colpire...

Dicono che, a un istante dalla morte, la tua vita ti scorra davanti agli occhi.

Il braccio di el Gato calò. 1 secondo dal colpo fatale.

Alla velocità del pensiero, Puma ricordò solo l’unico momento in cui si era sentito davvero smarrito, impotente.

Quando aveva avuto di fronte, per la prima volta, il nemico contro cui era destinato a combattere.

0.554 secondi.

L’Arcano. Un essere di potenza quasi infinita, un’entità che di umano aveva solo la forma. Una minaccia, letteralmente, per l’intero Universo.

Puma era stato insignito quale Campione della Morte, ricettacolo di una eguale potenza, per vincere l’Arcano...Era il suo destino, e non se ne era sentito degno. Aveva avuto paura.

0.120 secondi.

Il suo sensei, l’uomo che aveva forgiato la sua forza, si era apparentemente sacrificato, per spingere Puma ad accettare la comunione col Cosmo, e vincere l’Arcano. Ed aveva funzionato.

Poco importava, l’interferenza dell’Uomo Ragno, che aveva impedito a Puma di sferrare il colpo di grazia.

0.003 secondi.

La rabbia, era la chiave. Quella stessa rabbia che ora alimentava l’anima di Puma, umiliato da un combattente di così vile statura!

Gli artigli di el Gato colpirono...E la sua mano, il suo braccio, furono letteralmente avvolti da un fascio di energia!

El Gato urlò! Ritrasse di scatto l’arto...per scoprire che non aveva più niente, tranne un moncherino necrotizzato. El Gato farfugliava incoerentemente, lo sguardo perso nel suo terrore.

Puma, perfettamente guarito, scattò in piedi...Solo per vedere il criminale avvolto da un nuovo bagliore, che sembrava partire dal centro del suo corpo. In un attimo, la figura di el Gato si fece indistinta, tremula.

E sparì.

 

Episodio 2 - Duello in paradiso

 

Palazzo del 10° Distretto di Polizia, Creek Street, Phoenix, Arizona.

 

La giornata prometteva una temperatura apprezzabile, solo 28 gradi –apprezzabile, almeno, per i nativi, bianchi o indiani che fossero.

L’Ispettore Jack Ironhoof era un indiano, un uomo che si era letteralmente fatto da solo, scalando i gradini del potere partendo da semplice agente di ronda per quel distretto in cui era entrato a 18 anni.

Di Jack Ironhoof, i nemici dicevano che era un figlio di puttana con pugni degni del suo nome, e ben poco incline al perdono. Gli amici non potevano che concordare con tale ritratto, anche se pochi di loro riuscivano a vedere un cuore generoso e dedito alla giustizia per un popolo ancora troppo oppresso, in questi tempi cosiddetti ‘moderni’.

Nella omicidi, Jack era non solo la punta di diamante, ma uno di famiglia. La sua opinione aveva un peso, e per questo lui non era incline a parlare, se non prima di averci pensato molto, molto bene.

E adesso non sapeva neppure cosa pensare.

Un piccolo mare di scartoffie giaceva sulla scrivania dell’Ispettore. Chi non conoscesse Jack avrebbe scambiato quel cumulo per irreparabile disordine.

L’attenzione di Jack era assorbita da un dossier e delle fotografie in bianco e nero. I suoi occhi carbone, parte di un volto scolpito con l’accetta e precocemente segnato dall’esposizione al sole e al deserto, cercavano di trovare una connessione fra il fascicolo e le immagini.

L’etichetta non poteva neppure riportare in piccolo il nome della vittima –di fatto, della vittima non era rimasto abbastanza da seppellirlo, figurarsi riconoscerlo…E quel poco rimasto era stato trafugato da qualcuno che si era introdotto nella morgue! Si sapeva solo che era un Cheyenne, e che lavorava presso uno dei cantieri appaltati dalla Foley Real Estate and Construction, una ditta d’appalti e vendite, pressoché sconosciuta prima dell’arrivo dei maledetti Marziani…La Guerra dei Mondi si era lasciato un bel cadavere su cui banchettare!

Jack avrebbe scommesso un anno di stipendio, che metà delle ditte appaltatrici erano paravento per ogni losco cartello criminale…ma non ci si poteva fare niente, letteralmente. La ricostruzione doveva essere rapida, e ogni politico, pur di riportare la propria città alla normalità, avrebbe ben volentieri fatto carte false.

Per questo, gli indiani erano le braccia raccomandate per i cantieri. Se ne moriva uno o due, in mezzo a quelle strutture dove la sicurezza era alquanto relativa, l’inchiesta non sarebbe andata oltre le domande di rito e uno scandalizzato trafiletto.

Jack non capiva perché gli indiani del cantiere si comportassero come paesani Siciliani, rispondendo ad ogni sua domanda col silenzio –insomma, un ‘incidente’ sul lavoro poteva capitare, e sarebbe finita lì…Perché usare una bomba, e così potente?!

Jack guardò le foto. Una cosa buona della guerra era stato il finanziamento massiccio per la sicurezza. Molti cittadini avevano storto il naso all’intrusione montante del Grande Fratello, ma bastava menzionare le parole ‘collaborazionisti’ o ‘terroristi’, per metterli a tacere.

I risultati stavano lì, momenti del duello fra metaumani avvenuto la scorsa notte.

Uno era, indubbiamente, Puma, un mercenario a metà fra il felino e l’umano, di reputazione ambigua –qualcuno lo menzionava come protettore, i più come criminale e basta.

L’altro, in un costume giallo e verde, di statura più bassa e tarchiata, era un uomo-felino a sua volta, ma più bestiale, e altrettanto riconoscibile: El Gato, il Ghepardo. Un criminale che sarebbe dovuto essere morto da molto tempo.

Jack sospirò. Che rapporto c’era, fra quella morte e l’improvvisa comparsa di quei super-esseri? E quanti altri ce ne potevano essere?

“Hai mai avuto la sensazione di odiare il tuo lavoro, Ned?”

Seduto dall’altra parte della scrivania, una coca fredda in mano, Ned Monroe era il compagno di Jack da sei anni, e proprio come il primo giorno, avrebbe voluto essere molto lontano, quando lui gli rivolgeva quella domanda.

Questa volta, anziché darsi ad una filippica, Jack si strofinò una tempia –segno che desiderava immensamente una sigaretta, un vizio che si era tolto dopo che suo padre era morto in una lunga agonia di cancro polmonare. Jack disse, “Novità sull’albergo? Indizi sul perché quei due ci stavano lottando come se fosse stata la stagione...”

Ned si schiarì vistosamente la gola, mentre apriva il fascicolo sulle sue gambe. “La camera da cui è partita la lotta era stata registrata da tale Jason Strongbow, un...”

Gli occhi di Jack Ironhoof sembrarono riaccendersi. “Un capotribù Navajo?”

Ned annuì. “Lo...conosci?”

“Eccome: siamo stati al college insieme...Passami un po’ quel dossier.” Avutolo, Jack studiò gli smagriti due fogli, e gli ritornò il familiare cipiglio. “Non capisco...Si è fatto assumere al cantiere dove aveva lavorato quel Cheyenne. Ned?”

Quasi il suo compagno scattò sull’attenti.

“Ned, avvisa i nostri informatori, ovunque siano e qualunque cosa stiano facendo. Voglio una copertura su Strongbow. Sono sicuro che ci porterà alla soluzione di questo casino. Muoversi!”

 

Domande. Non era solo il detective della omicidi, a farsene, sui nuovi arrivati a Phoenix.

Anche gli assassini di William Talltrees brancolavano nel buio. E questo, ai loro capi, piaceva ancora meno.

Come stava scoprendo, a sue dolorose spese, William Taurey!

L’uomo si stava contorcendo sul pavimento, in preda ad un’agonia insopportabile, la mascella così serrata che si potevano vedere i tendini e le vene sporgere nettamente lungo il collo.

La fonte del suo dolore appariva come lo schizzo di un volto umano, asessuato, su uno schermo quadrato, schermo che quasi occupava un’intera parete della stanza.

Non siamo soddisfatti del tuo operato, Taurey. La tua imprudenza ci ha quasi fatto scoprire!

Faticosamente, l’uomo si mise in ginocchio. I nervi gli urlavano, lui non osava neppure pensare ad una risposta.

Il volto continuò a parlare, echeggiando di toni disumani. Questi super-esseri possono esserci utili da vivi, per ora. E poiché tu non riesci a comprendere le implicazioni della loro presenza, abbiamo arrangiato la trappola noi stessi; in questo modo, potremo radunarli tutti in un colpo solo. Se vorrai ucciderli, potrai farlo dopo che ci avranno spianato la strada verso la Quintessenza. Il tuo compito deve essere solo assicurare la sicurezza di questo avamposto. Siamo stati chiari?

Taurey restò inginocchiato, la testa china. “Sì, miei signori.”

Il volto scomparve, la stanza piombò nel silenzio.

 

 Una delle maggiori attrazioni turistiche dell’Arizona era il Montezuma Castle National Monument. Si tratta di un’imponente struttura di 5 piani, edificata nella roccia a 25 metri dal suolo dagli indiani Sinagua quasi mille anni prima. Il nome era dovuto al fatto che, inizialmente, si era pensato trattarsi di una struttura edificata dagli Aztechi. Per visitarlo, insieme al Pozzo di Montezuma, distante pochi chilometri a nord, il turista può pagare 5$.

Per ora, tuttavia, il massimo cui potesse aspirare il turista era una ripresa delle impalcature che circondavano gli scavi nel villaggio, e il piccolo cantiere alla base della parete.

Quello che il turista non avrebbe notato, erano i sensori e le telecamere –tutto adeguatamente discreto, mimetizzato. Ne’ avrebbe saputo che una larga fetta del personale di servizio era di ben pagati mercenari, con rapido accesso ad armi nascoste in prossimità della propria posizione…

Misure di sicurezza, naturalmente, valide solo se l’intruso poteva essere in qualche modo rilevabile…

 

…e il futuribile apparecchio stealth, sostenuto sulla verticale del sito da un potente rotore ventrale, non lo era.

A bordo, se non proprio tutte, stavano diverse risposte ai quesiti di Jack Ironhoof, nelle persone di:

- Jason Strongbow, ovvero Aquila Americana. Il possente guerriero Navajo scrutava con occhi degni di un’aquila il paesaggio in basso, non notando alcun particolare fuori posto, al di là del sito stesso. Meditava ancora sull’opportunità perduta la scorsa notte con la sconfitta e la fuga di El Gato. Jason aveva fatto la connessione quando era tornato al cantiere la mattina dopo, solo per scoprire che il messicano era…malato, e non si sarebbe fatto vedere per un po’.

- L’archeologo Hamilton Slade, ora nel costume di Phantom Rider, incarnazione del suo antico antenato giustiziere. Rider stava seduto al fianco del pilota e studiava un monitor che mostrava il sito, come se si trovassero a pochi metri da esso. Sullo schermo, il lavoro procedeva con militare precisione, tutti gli sforzi concentrati sulla base della parete, su quello che sembrava l’ingresso a una galleria. “Ho incrociato i dati della locale biblioteca con quello che ha segnalato quel sito Internet di cui vi ho parlato prima,” disse il cavaliere con la familiare voce profonda, quasi ultraterrena, “e sembra non esserci dubbio: il Castello era stato eretto a guardia di un portale che, se aperto, porta ai Grandi Pascoli.”

- Drew Daniels, aka Texas Twister, che sedeva al suo posto, guardando attraverso il finestrino. Gli prudevano le mani, tale era la voglia di accendersi una bella sigaretta…ma con tutti i nasi ipersensibili là dentro, era un invito al suicidio. “E cosa sperano di fare, trovarci l’oro o gli spiriti che dicano loro i prossimi numeri della lotteria?”

- Victoria Star, vestita del suo nuovo costume, seduta al fianco di Twister. Stava zitta, le mani in grembo, ma la sua mente continuava a ripeterselo non importava, se il costume le era stato donato dal suo padre biologico, un uomo che non solo l’aveva abbandonata, ma che anche era stato un criminale al soldo dell’AIM. Lei era e sarebbe rimasta la Ranger Shooting Star…Anche se, da quando aveva scoperto le sue origini, faceva fatica a sentirsi all’altezza dei suoi amici. E non aveva neppure una scusa per mettersi una maschera, giacché la sua identità era pubblica; avrebbe dovuto accontentarsi degli spessi occhiali polarizzati che venivano col costume. Poi, giusto per non attirare l’attenzione sui suoi problemi, disse, “Come hai fatto ad avere questo apparecchio? Non credo che neppure i militari ne abbiano uno.”

- Thomas Fireheart, ovvero Puma, ai comandi dell’aereo, con indosso una visiera che lo faceva sembrare una versione in pelliccia arancione di Ciclope. Puma disse, “E hai ragione. Questo modello è un prototipo originariamente commissionato dal Pentagono nel dopo-Reagan, ma mai prodotto in serie a causa dei costi. La Fireheart Enterprises lo ha tenuto per sé, e torna molto comodo per controllare i concorrenti meno…onesti.” Allungò un artiglio a digitare alcuni pulsanti, poi disse, “Non nascondo di essere preoccupato, cavaliere. Se davvero qualche quinta colonna fra quei bianchi ha voluto cercarti ad ogni costo per avvertirti, perché non fare in modo di essere rintracciato?”

La perplessità era una presenza quasi palpabile, fra gli eroi. In effetti, il portatile di Hamilton Slade fornito da Fireheart era fornito di un software di tracciamento capace di sfidare le migliori trovate degli hackers. Cancellare le proprie tracce in quel modo, e in un minuto, implicava una competenza impressionante…

Ma come poteva il cavaliere spiegare che in quel minuto, proprio quando stava per salvare almeno l’homepage del sito, era come stato avvicinato da una presenza estranea, come se si fosse trovato dall’altra parte di un microscopio?

“Io mi preoccuperei di ben altro, Kitty,” disse Twister, “come ad esempio: come facciamo ad entrare senza scatenare un putiferio? Abbiamo stabilito che, per ora, l’attenzione dei media non ci serve.”

Il semi-muso di Puma si contrasse in un sorriso. “Facendo un putiferio, naturalmente.”

 

L’odore di sudore umano non faceva in tempo a permeare l’aria, tanto torrido era il clima. Gli operai lavoravano senza sosta, idratati a intervalli regolari per mantenere le forze necessarie e null’altro. Non c’era certo il pericolo di fuga, visto che l’unica strada era in basso, e le sole armi visibili erano quelle dei membri vestiti in grigio della sicurezza –i quali a loro volta invidiavano la robustezza degli indiani al loro servizio. I pellerossa sembravano quasi non avere bisogno di acqua, mentre loro che dovevano solo starli a guardare ne avevano bisogno a litri. Se solo ci fosse stato un po’ di vento a rinfrescare…

Il primo refolo fu quasi accolto come una benedizione…Un momento prima che si trasformasse nell’apocalisse!

L’intero sito fu travolto da un mostruoso tornado. Come la mano di Dio, il turbine, modellato da venti viaggianti a centinaia di Km/h, semplicemente, spazzò via l’intero sito come fosse stato polvere.

Quando il vento si estinse, nessuna traccia dell’opera dell’uomo era rimasta…A parte un’unica impalcatura rimasta attaccata alla parete, e gli sventurati che avevano assistito al fenomeno con sacro terrore, chi convinti di essere stati risparmiati dall’intercessione dei Sacri Spiriti, chi dalla volontà divina...

In realtà, risparmiati da Texas Twister, che apparve dalla nube di polvere insieme ai suoi compagni.

Ci fu un momento di smarrimento generale fra gli operai...Poi, un grido di gioia riecheggiò dal villaggio!

 

Poco dopo, gli operai coatti erano radunati intorno ad Aquila Americana, Puma e Phantom Rider. Non saranno stati più di una trentina, tutti giovani robusti, cupi.

Il loro rappresentante, un uomo dai capelli quasi rasati, che avrebbe potuto fare a gara con un orso per robustezza, disse, “A noi e alle autorità, i bianchi che ci hanno catturati hanno detto di volere fare chiarezza sul perché i Sinagua avessero abbandonato questo posto. Di fatto, ci stavano costringendo a raggiungere il Portale per i Grandi Pascoli. Vi siamo grati per averli fermati.” E fece un inchino.

In un certo senso, noi siamo grati a quei profanatori, pensò Phantom Rider, guardando verso il Castello. Se non avessero pensato di catturare solo individui senza familiari, adesso saremmo impantanati nelle operazioni di soccorso. Una situazione davvero conveniente...

“Perdona la mia ignoranza, Daniel Ironpaw,” disse Aquila Americana al gigantesco indiano, “ma cosa ci potrebbe essere di così interessante per l’uomo bianco, in un regno a lui così alieno?”

“Forse perché l’uomo bianco in questione è alieno a sua volta,” intervenne Texas Twister. Una sigaretta pendeva dalle sue labbra, ma lui non stava inalando, concentrato com’era sul braccio umano che reggeva fra le mani. Poi, lanciò l’arto in questione verso Puma, che lo afferrò al volo.

Puma esaminò l’attaccatura del braccio...e inarcò un sopracciglio.

I sensori del loro apparecchio avevano identificato ogni guardiano e civile non indiano come entità inorganiche, per quanto non penetrabili dagli scansori. Credevano fossero robot, ma l’interno del braccio era una riproduzione quasi perfetta di uno umano. Il sangue era composto di piastrine cristalline, vene e arterie lucide come materiale plastico...No, sulla Terra, non c’era azienda capace di arrivare a tanto...

Poi, Puma sobbalzò. “Ultron,” bisbigliò, parzialmente scoprendo le zanne.

Gli altri quattro eroi sobbalzarono a loro volta: Ultron era un nome che sarebbe rimasto scolpito negli animi umani per molto tempo, temuto solo dopo quello dei Marziani. Era il nome del robot senziente assassino, che sterminò un’intera nazione, la Slorenia, per fondare, come aveva dichiarato a tutto il mondo, la prima pietra di un mondo delle macchine...

 

I camion lasciarono il Castello di Montezuma, per immettersi sulla I-17, al sicuro, lontano.

 

Per conto loro, gli eroi, che intanto avevano raggiunto gli edifici del Castello, stavano percorrendo il primo tratto di tunnel scavato dagli operai. Era un cunicolo piccolo, a malapena alto per un uomo, illuminato da deboli lampade. Solo grazie agli operai, i nostri sapevano cosa ci fosse alla fine.

E ci arrivarono. Twister fece un fischio di ammirazione.

Il cuore di quegli scavi era un tunnel abbastanza grande per farci passare un camion intero; le lampade al neon al soffitto funzionavano per grazia dei generatori di emergenza. Il tunnel terminava intorno ad una specie di piedistallo di roccia scura, forse ossidiana. Su di esso, si intravedevano i segni degli infruttuosi tentativi di distruggerlo senza usare esplosivi.

Ma lo spettacolo erano le pareti: erano letteralmente coperte di simboli e disegni, la maggior parte di essi incomprensibili, ma in qualche modo armoniche nella loro disposizione.

“Sapete una cosa?” fece Shooting Star, guardandosi intorno, “non ce lo vedo Ultron a giocare così per il sottile. Voglio dire, se può costruirsi i suoi servi fedeli, che se ne fa di un pugno di uomini per questo lavoro? E ci avrebbe messo anche molto meno tempo, a fare da sé. Senza contare che non si sarebbe certo preoccupato di risparmiare queste opere d’arte.”

“Le speculazioni a dopo,” disse Aquila Americana, “adesso, dobbiamo arrivare al Portale e metterlo al sicuro. Cavaliere, quanto credi sia distante?”

Prendere il...Ouch!” Twister fu interrotto da una lesta gomitata della sua compagna.

Phantom Rider stava studiando i simboli di una parete. Non c’era bisogno di guardare sotto la maschera, per capire che era intensamente assorbito da quel che vedeva. “I pochi documenti esistenti dicono che il portale fu creato dal dio Coyote perché gli umani potessero essere più a contatto con gli Spiriti, invece di limitarsi a venerarli. Naturalmente, Coyote era un burlone, e le sue intenzioni erano solo di avere più femmine della nostra specie a disposizione, e seccare i suoi fratelli...”

“Più...femmine?” fece Shooting Star.

Phantom Rider continuava a studiare le iscrizioni. “Coyote era anche alquanto lussurioso. Si può dire che lo faceva con tutto e tutti; avrebbe potuto dare varie lezioni a Casanova...Mio Dio...” fece per tergersi la fronte, prima di ricordarsi di essere mascherato.

Phantom Rider si rivolse agli altri. “Avvertimenti...Questo posto è letteralmente saturo di avvertimenti e sigilli. Io e te, Puma, possediamo una natura mistica –lo senti anche tu?”

Puma annuì. “Ho voglia di andarmene, di scappare da qui. Deve essere la nostra parte umana, che ci impedisce di subire la piena influenza dei sigilli.”

Aquila Americana mise una mano sulla spalla di Victoria. “Shooting Star?”

Lei disse solo, “Copritevi gli occhi.” Poi, puntò le braccia verso la fine del tunnel. Aveva l’impressione di stare per fare da sacrificio a un mostro dalla gola molto profonda, e represse un brivido.

Shooting Star si concentrò. Le terminazioni bioneurali del costume raccolsero il segnale. Le sfere sui dorsi dei guanti brillarono.

Concentrata in due raggi laser, una luce abbagliante come il Sole riempì il tunnel! Se Victoria non avesse avuto indosso gli occhiali, sarebbe rimasta accecata!

Sotto quell’assalto di fotoni, la roccia sfrigolava e fondeva.

“Sbaglio, o sta cedendo un po’ troppo facilmente?” chiese Twister, schermandosi con una mano, già pentitosi di avere appena dato una sbirciatina.

Improvvisamente, alla luce dei laser, si aggiunse una nuova luce, azzurra, non meno intensa...

Shooting Star cessò di sparare. Guardava l’oggetto che aveva scoperto con un misto di stupore e ammirazione.

Stupore, perché l’oggetto brillava di una luce spontanea, ed era lucido come fosse stato rinchiuso nella roccia solo il giorno prima. Ammirazione, perché il cristallo era un gioiello magnificamente scolpito, una composizione di una sfera parzialmente sporgente da un cubo, piramidali sporgenti dai lati rotondi. La sua luce, da sola, era sufficiente a riempire la stanza sostituendosi ai neon.

Il quintetto si teneva a un paio di metri, in circolo dall’oggetto, che stava sospeso a mezz’aria. Si aveva l’impressione di sentire la luce cantare.

“Avevi visto giusto, Tex,” disse Phantom Rider, mentre Puma, avvicinando una mano al gioiello, vide la pelliccia dell’arto raddrizzarsi come fosse stata percorsa dall’elettricità. “Non c’era ragione perché cedesse a noi, quando il sigillo ha resistito ad altri attacchi.. Da quel poco che ho visto, furono gli stessi Spiriti a concedere il proprio potere per potenziarlo. Cosa abbia fatto decadere adesso un simile potere, non...”

Non terminò la frase. Intorno a lui –no, intorno a tutti loro, le pareti, l’intera caverna...tutto svanì in un tremolio, come se improvvisamente tutto avesse assunto la consistenza del mercurio.

“Santa Maria madre di Dio...” disse Texas Twister, quando la transizione fu completa,

e loro furono nei Grandi Pascoli.

Immaginate l’Eden. Immaginate una terra vasta a perdita d’occhio, pura, mai contaminata da mano umana, dove il Sole brilla senza bruciare la tua pelle, dove le nuvole si rincorrono in giochi d’aria come in un sogno, accompagnate dal canto delle distese d’erba...

In distanza, branchi di bisonti come non si vedevano da centinaia di anni brucavano placidamente, non certo inquietati dagli alieni appena giunti. Il vento portò con sé l’ululato di un lupo.

Questo è dunque, il Paradiso per gli Indiani?” fece Twister, gli occhi ancora sgranati. Sentiva la pace, la pace e una forte commozione avvolgerlo. Pur non essendo particolarmente religioso lui stesso, era stato allevato da una famiglia quasi fanatica nella sua fede. Ricordava ancora come detestasse l’idea di un Paradiso che solo pochi beati avevano potuto vedere, e al quale non tutti potevano aspirare dopo la morte. E, soprattutto, avevano cercato di inculcargli l’idea che quello fosse l’unico Paradiso, che esso fosse negato a chi non accettava tale ‘fatto’...

Ed ora era qui, ed era felice; almeno, i soprusi a cui erano stati da sempre sottoposti i Nativi nordamericani avevano trovato ricompensa.

“Bene, e ora che facciamo?” fece Puma, guardandosi intorno.

“Restare compatti, per cominciare,” fece Aquila Americana. “I Grandi Pascoli non hanno una ‘geografia’ come la conosciamo. Ogni porzione di territorio è dedicata a un guerriero o una tribù o un branco di animali, in proporzione alle sue virtù e meriti. Noi non dovremmo essere qui, e saranno gli Spiriti stessi a manifestarsi per chiedere spiegazioni.”

“Magnifico,” fece Star, “chissà se almeno un autografo ce lo conced...Uh, sembra che stia per piovere.”

Tutt’intorno al gruppo, infatti, si era manifestata una zona d’ombra come se una nuvola avesse oscurato il Sole.

Rrrrrr...

Cinque teste si voltarono mooolto lentamente. Twister fece un tragico sorriso. “Ciao, cuccioletto.”

In compenso, furono tutti lestissimi a saltare via, un attimo prima che una colossale zampa li colpisse!

“Fammi indovinare,” fece Shooting Star, istintivamente andando a prendere le sue vecchie pistole...prima di ricordarsi di non averle più, “il cane da guardia?”

Un cane, naturalmente, non era: era un orso, ma una creatura due volte più grande del più grande grizzly. La sua pelliccia era così nera che sembrava assorbire la luce. I suoi occhi erano due feroci pozze sanguigne. E sangue colava dalle zanne!

“Peggio,” fece Aquila, incoccando una freccia, “e’ il Demone-Orso. E’ un agente della morte del Mondo Oscuro, e non dovrebbe essere qui[1]!”

“Allora vediamolo di ricordarglielo!” fece Shooting Star, concentrandosi...e non ottenendo nulla! “Cosa..?”

La seconda zampata la colpì in pieno, scagliandola via come una bambola rotta!

“VICTORIA!” sull’onda di un microciclone, Texas Twister volò a prenderla.

Colpa nostra, pensò Aquila Americana, mirando al cuore della creatura diabolica. La freccia partì, potente come un proiettile...e fu spezzata a mezz’aria da una zampata. Avremmo dovuto dirle che la tecnologia dell’uomo bianco non funziona, su questo piano!

Puma ruggì, e saltò alle spalle del demone-orso, colpendolo con un doppio colpo di artigli alla nuca. Fulmineo, l’orso si voltò ad afferrare il fastidioso avversario con due zampe...Come previsto. Allo stesso tempo, Phantom Rider sparò una raffica di colpi da entrambe le sue pistole –armi che, in virtù della loro natura metafisica, funzionarono alla perfezione!

Il demone-orso ruggì di dolore, e lasciò il guerriero. A una velocità fantastica, Aquila Americana colpì a piena forza il demone sulla mascella!

Fu a quel punto, che le nuvole si manifestarono per davvero. E da esse, partirono fulmini neri! Puma, Rider e Aquila, colpiti, non poterono che crollare a terra, le loro energie vitali rapidamente assorbite dalla tempesta...

L’orso sorrise, prossimo al trionfo...Prima di accorgersi, con un quasi comico stupore,

che una delle sue prede non stava comportandosi come avrebbe dovuto. Infatti, Puma stava addirittura, seppure faticosamente, rimettendosi in piedi. “Buffo...che debba...ricordartelo io...” disse il guerriero, ghignando nel dolore, “che non si vende...la pelle...dell’orso...”

Il demone, dimentico delle altre sue prede, concentrò l’attacco su Puma.

Puma ruggì, barcollò, ma la sua ira lo aveva finalmente portato al di là del suo stato di mortale. Puma crebbe, i suoi occhi incandescenti di energia cosmica, fino a raggiungere le dimensioni dello stesso demone-orso. Sollevò un braccio. “PRIMA DI AVERLO UCCISO!”

Fu un momento, un colpo rapido come la luce. Un attimo prima, l’orso era in piedi, pronto a combattere. Quello successivo, cinque squarci paralleli gli attraversavano il petto.

L’orso cadde in ginocchio. Non colava sangue, ma attraverso gli squarci era possibile vedere come un cielo stellato. Poi, l’orso parlò. “Nascondi bene la tua natura, Campione della Morte.” La sua voce era greve, femminile. “Non avrei mai ingaggiato questa lotta, se ti fossi presentato, invece di strisciare come uno scorpione fra le rocce.”

Le ferite si rimarginarono. Il demone divenne più piccolo, fino ad assumere le dimensioni di un qualunque orso grizzly. “La battaglia è finita, Campione. Adesso, lascia che aiuti i tuoi amici, ridando loro quello che avevo tolto.”

Gli occhi dell’orso brillarono, spalancò le fauci, e da esse vomitò sfere di energia, ognuna diretta verso un caduto.

 

Texas Twister quasi lasciò cadere la forma esanime della sua compagna, nel momento in cui il suo brillante spirito vitale tornò al suo corpo. Poi, lui esalò un respiro di gioia, quando la vide riaprire gli occhi. “Non sei...troppo cresciuto per...piangere, Drew?” fece lei, tergendogli un occhio.

Lui l’aiutò a rimettersi in piedi. “Sono un vecchio dal cuore tenero, lo sai, pupa.” Poi, l’abbracciò con forza. “Dio, eri...eri...” era stata un pezzo di carne fredda, immobile –ma non lo avrebbe detto, non importava più.

“Dopo. Raggiungiamo gli altri, adesso,” disse lei.

 

Gli eroi erano riuniti intorno all’orso. Puma, anche se ora alle dimensioni normali, non sembrava meno deciso a strappare il cuore del nemico, se solo avesse accennato a una mossa falsa.

L’orso, in posizione seduta, disse, “Poco tempo fa, per come voi contate il suo passare, una divinità aliena ha fatto irruzione con le sue armate in questa parte dei Mondi Spirituali. Era il dio della morte egiziano, Seth, e nulla sembrava potergli resistere[2]. Manitù e gli altri Spiriti, nella loro saggezza, sapevano di essere destinati alla distruzione.

“Seth, però, non aveva previsto che i Mondi fossero ben più estesi di quanto si aspettasse, grazie ai numerosi popoli che credevano in noi, ogni popolo con una sua variazione sull’aldilà, da Nord a Sud del mondo che ci ha generati.

“Non c’era scelta: Manitù convinse i suoi fratelli a nascondersi, in un luogo inaccessibile, fino a quando il pericolo fosse passato. Per nascondersi, diventare irriconoscibili ai segugi di Seth, gli spiriti abbandonarono le proprie identità individuali, regredirono al loro stato primordiale, la Quintessenza.

“Ma non bastava: prima di immolarsi insieme al Primo Uomo e alla Prima Donna, Manitù diede la Quintessenza a un custode, qualcuno che Seth avrebbe riconosciuto come simile e non avrebbe ucciso. Finita la battaglia, il custode avrebbe dovuto liberare gli Spiriti a un determinato momento. Quando, cioè, la fede dei mortali che li adoravano fosse tornata forte a sufficienza.”

“E tu sei quel custode,” disse Aquila Americana, a stento controllando il tremito nella sua voce. Manitù...morto!

L’orso mostrò una fila di denti tremendi in quello che era un sorriso. “Esatto. E posso dire, con non poco piacere, che la fede è ancora troppo debole. Ammettilo, Jason Strongbow: la tua razza sta estinguendosi, un po’ alla volta, piano piano. Oh, i discendenti esisteranno, ma il loro sangue sarà diluito, indistinguibile da quello di un bianco, e la loro fede assimilata a quel ‘In God We Trust’, amalgama di eresia e corruzione che adoro da quando voi mortali lo coniaste sulla prima moneta.

“Mentre io dovrò solo aspettare, guardare questo monotono regno appassire, per potere transitare fra voi ed estendere il mio dominio come meglio mi aggraderà. Temo che Manitù sia stato poco saggio, questa volta.” E il demone ridacchiò, un suono come palate di terra su una bara.

Shooting Star lo fissò negli occhi. La sfida che il demone vi lesse lo indusse a dire, “No, mortale: la mancanza di fedeli non è un problema, per me. Il male non ha bisogno di adoratori, basta che vi sia qualcuno a commetterlo; è così più facile entrare fra le mie fauci, che non accettare un pugno di regole per migliorare la propria esistenza.

“In questo caso,” disse Puma, “la nostra sfida sarà provare la falsità delle tue parole. I Sacri Popoli torneranno a prosperare.”

L’orso fece spallucce e si mise a quattro zampe. Diede le spalle al gruppo, e incamminandosi, disse, “Buona fortuna: non ci riusciva Corvo Nero quando gli spiriti erano in piena forma...Ma nel peggiore dei casi, mi tengo il mio regno...Oh, E fate le mie congratulazioni al vostro sciamano. Spezzare il sigillo al Portale è stato un lavoro di grande talento.”

“Sciamano, ma di che...Ouch!” Texas Twister fu azzittito da una nuova gomitata di Shooting Star.

Un attimo dopo, i cinque eroi svanirono dai Grandi Pascoli...

 

...Per ritrovarsi nella camera sacra, vicino al Portale. Solo per riflesso, Texas Twister guardò l’orologio. “Appena un paio di minuti...Ma è successo per davvero, gente?”

“Ci puoi scommettere, Tex,” disse Puma. “Il Demone deve averci attirato nei Pascoli, una volta distrutto il sigillo: era un’occasione troppo ghiotta. Con le nostre energie vitali, avrebbe potuto attraversare il Portale anche ora.”

“Almeno sappiamo che deve essere la Quintessenza, ciò che cercano i nostri misteriosi nemici,” disse Rider. “Il potere di decine di divinità...Una tentazione irresistibile.”

Aquila Americana annuì. “Anche noi dei Sacri Popoli tendiamo a dimenticare che le altre genti possono interagire con i piani astrali. Red Wolf ha pagato con la vita questa realizzazione.”

Texas Twister si accigliò, fissando Puma. “A proposito, Kitty...cos’è questa storia di ‘Campione della Morte’?”

Puma disse, glaciale, “Sono il risultato di una lunga linea di esperimenti genetici portati avanti dalla mia gente da tempo immemorabile, per creare il guerriero perfetto, destinato a combattere contro l’Arcano. Fu durante la battaglia contro quell’essere, che furono svegliati i miei poteri cosmici latenti, capaci di tale distruzione che senza nemmeno saperlo, divenni il Campione della Morte[3].” Puma sorrise, un sorriso predatorio. “Naturalmente, occorre solo farmi arrabbiare parecchio, per scatenare tali poteri.”

Twister fischiettò e si batté le mani. “Ottimo. Adesso, non ci resta che catturare i bastardi responsabili, giusto? Una passeggiata. E tu avevi un piano, dolcezza, giusto?”

Star disse, “Ve lo spiegherò quando saremo usciti di qui. Per favore.”

 

“Io avrei preferito sentirmelo dire là dentro.”

Non avevano incontrato alcun problema, nell’uscire. Apparentemente, il nemico aveva deciso di prendersela comoda...

...O di lasciare che fosse qualcun altro, a prendersi cura di loro.

Texas fece un fischio. “Farei un putiferio per uscirne fuori...Ma temo che fare la figura degli X-Men del Sudovest non sia proprio buon PR, giusto?”

Di fatto, Montezuma Castle era letteralmente circondata di veicoli e uomini armati fino ai denti. E ovunque, dalle fiancate dei mezzi alle giacche antiproiettile degli agenti, spiccava l’inconfondibile logo FBI.

La donna al centro della formazione levò il megafono. “Attenzione, metaumani. Parla l’Ispettore Karstone della Polizia Federale dell’Arizona. Le armi puntate su di voi sono studiate per situazioni come questa. Vi dichiaro in arresto per pluriomicidio e distruzione di un sito di scavi. Fatemi un favore, e non opponete resistenza.”

 

Nei Grandi Pascoli...

 

Il Demone-Orso percepì l’intruso all’istante, prima ancora che la trasposizione fosse completa.

La creatura sorrise. Se fosse stata una preda mortale, facile, senza la protezione di quel dannato Puma, avrebbe avuto uno spirito da...

Appena l’intruso apparve, il demone-orso capì più cose in un colpo solo.

Non era un mortale.

Era potente.

E non era umano. Almeno, il suo corpo lo sembrava, vestito di un abito che sarebbe andato bene cento anni prima, con tanto di stivali a larghe falde e un lungo mantello nero.

La sua testa era una fiammeggiante zucca, intagliata in una espressione malevola, dagli occhi triangolari alla bocca frastagliata.

L’essere fece un inchino con la testa, la sua voce una eco di crudeltà e sofferenze di innocenti. “Permettimi, nobile bestia: sono Jack Lanterna, e tu hai qualcosa che mi appartiene di diritto. Fai il bravo, e non ti ridurrò a un tappeto.”

Fulmineo, l’orso attaccò...Per trovarsi il braccio bloccato da una mano guantata come fosse stato un fuscello!

Con la stessa rapidità, Jack Lanterna affondò la mano sinistra nel petto della bestia, passando la carne come fosse stata aria. L’orso urlò, paralizzato dal terrore e dal dolore.

Jack ritrasse la mano, e con essa il luminescente globo scarlatto della Quintessenza. Il Demone-Orso piombò a terra, inerte, uggiolante.

“’Custode’,” fece Jack, spazzolandosi la giacca con la mano destra. “Tss, erano più toste le formiche che ammazzavo da piccolo.” Poi, fece un altro inchino. “Sayonara, collega. Ti manderò una cartolina.”

E scomparve.

 

Episodio 3 - Sulla strada del confronto

 

Sviluppo di un’indagine.

Pochi giorni fa, a Phoenix, Arizona, il supereroe Cheyenne noto come Red Wolf e il suo fedele lupo Lobo, sono stati uccisi da una mano sconosciuta. Un delitto apparentemente connesso alla Foley Real Estate and Construction, la maggiore appaltatrice statunitense per la ricostruzione degli immobili a seguito della Guerra dei Mondi.

Purtroppo, la morte dell’eroe non ha lasciato alcun indizio utile per il rintracciamento dei suoi assassini, lasciando le autorità a brancolare nel buio.

Per tale ragione, e per ottenere vendetta, un gruppo di amici e conoscenti di Red Wolf è giunto in città per svolgere indagini autonomamente. Un gruppo composto da Puma, Texas Twister, Shooting Star, Phantom Rider e Aquila Americana. Tutte persone che, chi come membro degli originali Rangers, ha combattuto a fianco di Red Wolf, o chi lo conosceva e rispettava abbastanza da non restare da parte nella caccia all’assassino.

In un certo senso, il gruppo è stato fortunato: evidentemente innervosito dall’improvviso interesse per l’eroe, che era stato ucciso nella sua identità civile e quindi senza attirare più attenzione di tanto, l’assassino spedisce un suo mercenario per uccidere Aquila Americana, il redivivo El Gato. Un tentativo che fallisce, grazie alla presenza di Puma.

Successivamente, i nostri decidono di indagare su uno scavo archeologico presso il Montezuma Castle National Monument, uno scavo apparentemente dedicato alla ricerca di indizi sulla tribù indiana che aveva creato ed abitato il Castle. In realtà, un’operazione di dissacrazione di un antico sito a guardia del portale per i Grandi Pascoli.

L’incontro con il Demone-Orso, fa luce sulle motivazioni di tale dissacrazione: l’arrivo nei Pascoli del malvagio dio egizio Seth e dei suoi eserciti minacciava la vita di tutte le divinità indiane, le quali preferirono fondersi nella Quintessenza, piuttosto che farsi annientare senza speranza, e in tale stato custodite proprio dal Demone-Orso, l’unica entità che Seth avrebbe risparmiato in quanto affine di natura. Purtroppo, proprio come Quintessenza, gli dei non possiedono una propria volontà, e chiunque avrebbe potuto usarli a proprio capriccio.

 

Gli eroi, ritornati sul loro piano, scoprono che durante la loro assenza, le acque si sono mosse, e non a loro favore. “Attenzione, metaumani. Parla l’Ispettore Karstone della Polizia Federale dell’Arizona. Le armi puntate su di voi sono studiate per situazioni come questa. Vi dichiaro in arresto per pluriomicidio e distruzione di un sito di scavi. Fatemi un favore, e non opponete resistenza.”

Una donna che, se non avesse parlato, avrebbe potuto passare per un uomo, attorniata da uomini che potevano essere robot. Un piccolo esercito di uniformi marchiate FBI e giacche a prova di proiettile, rayban e soprattutto, armi. Armi sofisticate, fuoriserie, roba che prometteva di mantenere la promessa della donna dietro al megafono.

 

Gli eroi studiavano quell’assembramento ostile dalla loro sopraelevata posizione nel ‘terrazzo’ del Montezuma Castle.

“Ragazzi, c’è qualcosa che non va,” fece Texas Twister, quasi in un sussurro.

“Perspicace,” fece Puma. “Adesso ci devi solo dire come uscirne senza prima diventare barbecue. Riconosco quelle armi, sono state progettate dalle Stane Industries per fare fronte ai mutanti.”

“Conterò fino a dieci,” disse Karstone. “Se non scendete entro quel tempo, senza fare resistenza, darò ordine di aprire il fuoco.”

I pensieri del texano correvano veloci. L’omicidio era un reato federale, ma non il vandalismo dello ‘scavo’. E come era possibile, che quegli agenti avrebbero potuto aprire il fuoco coinvolgendo un sito archeologico prezioso come il Castle? Possibile che quei ‘poliziotti’ fossero ‘replicanti’, come il personale dello ‘scavo’?

Karstone aveva appena finito di annunciare l’ultimatum, che Twister, senza distogliere lo sguardo dagli agenti, disse a Shooting Star, che stava al suo fianco, “Vic, so che è la prima volta, ma...ce la fai a generare uno scudo?”

Lei gli rispose con uno sguardo che non prometteva niente. Il costume, l’ultimo lascito del suo vero padre, Jason Dean, alias il primo Fotone, poteva generare luce solida, oltre che ogni frequenza elettromagnetica dello spettro...Ma lei non si era ancora allenata a sufficienza...

Aquila Americana, per quanto si concentrasse, non riusciva a vedere nulla di anormale negli uomini e donne sotto di loro. Anche il loro odore era normale, per quanto saturo di stress.

Phantom Rider, per conto suo, ad insaputa dei suoi compagni causa la maschera che nascondeva ogni sua emozione, era diviso. Perché il cavaliere bianco era un gestalt; il corpo e la mente di Hamilton Slade, e lo spirito del suo antenato, che lo possedeva e gli dava i suoi poteri.

E mentre Slade non poteva che constatare la gravità della situazione,

Il Cavaliere guardava con occhi ultraterreni, capaci di vedere attraverso il labile tessuto di quella che pomposamente chiamiamo ‘realtà’.

“…Cinque, sei, sette…”

Fu pressoché istantaneo: la mano proverbialmente più veloce dell’occhio, in un solo movimento, volò alla fondina, ne estrasse la Colt, puntò e sparò!

L’’Ispettore Karstone’, colpito di striscio alla tempia, emise un gemito strozzato e cadde al suolo. Gli altri eroi non fecero in tempo a commentare quella mossa apparentemente assurda, che davanti ai loro occhi, gli agenti dell’FBI tremarono come miraggi,

e loro, e i loro mezzi, e le armi –non rimase niente e nessuno, a parte un solo veicolo, che non era più un camion, ma una specie di elicottero. E la donna, in ginocchio sull’arido terreno, intenta a massaggiarsi la tempia ferita. I suoi occhiali giacevano ai suoi piedi, rotti, il suo berretto ancora calato sulla testa. “Ma porca di quella *x$%!” disse, con una voce che di femminile, anzi di umano, non aveva più nulla. Si esaminò la mano, sporca non di sangue, ma di una sostanza brillante, e verde.

Fu sufficiente, per Shooting Star. Non meno veloce di Phantom Rider, la donna tese le braccia; dalle unità sui polsi, raggi laser andarono a colpire…

il punto dove ‘Karstone’ si era trovata un attimo prima, e dal quale si era spostata con un salto!

‘Karstone’ atterrò più indietro con un agile movimento. “Questo è il guaio con voi super: non lo capite, quando dovreste starvene buoni!” Poi, levò la testa, e al posto del cranio, rivelò la sua fiammeggiante, ghignante zucca. Un gesto, come a strapparsi via gli abiti, e rivelò il suo antiquato abito corredato da un nero mantello e stivali a larghe falde. “Permettete allora a Jack Lanterna di illuminarvi!”

Un cenno della mano guantata di nero, e la roccia sotto i piedi degli eroi si sbriciolò.

Reazione istintiva, dettata dall’addestramento SHIELD e una naturale tendenza a curarsi degli altri: Texas Twister generò un vortice sufficiente a depositare i suoi amici a terra senza danno –una soddisfazione di breve durata, perché il suolo si animò, fulmineo, a intrappolare le loro gambe entro tentacoli di roccia!

Jack si spazzolò le mani. “Grazie per la collaborazione, branco di sparring partners. Avevo giusto bisogno di…oh, duri ad arrendersi, vedo.”

In quell’abbraccio che neanche Iron Man avrebbe potuto spezzare, i muscoli di Aquila Americana erano tesi allo spasimo, in una manifestazione di volontà niente affatto dettata dalla testardaggine. Infatti, involontariamente, intrappolandolo nella roccia, Jack aveva risvegliato nel guerriero Navajo il ricordo più terribile, quando lui e suo fratello rimasero vittime di una frana in una miniera.

I tentacoli iniziarono ad incrinarsi.

Jason Strongbow non sapeva di avere acquistato i suoi poteri, a causa degli elementi radioattivi nella miniera; sapeva solo del panico, e della claustrofobia.

Altre crepe. pezzetti di roccia caddero a terra.

Ma era riuscito ad ignorarli, mentre si scavava, ancora miracolosamente vivo, la strada verso la luce, la vita!

I tentacoli si sbriciolarono! “Sono debitamente impressionato,” commentò Jack, lanciando frecce ectoplasmatiche dalle mani…

…finendo col colpire a vuoto! Difatti, veloce come l’uccello di cui portava il nome, il guerriero Navajo stava correndo a zig-zag, provandosi tutt’altro che un facile bersaglio. Arrivò addosso allo stregone come un camion, con un pugno sufficiente a spezzare un collo umano…se Jack Lanterna fosse stato umano.

Invece, Jack rotolò a terra. “-Uhff- Niente male…”

Aquila lo afferrò per il bavero. “E adesso ci dici chi sei e cosa significa questo…” Ma si accorse di stare stringendo una mera, evanescente apparizione. Intorno a lui, tutto tornò alla normalità –nessuna sezione franata del Castello di Montezuma, nessun tentacolo di roccia…e nessun segno dell’esistenza di un cantiere archeologico!

In compenso, i turisti c’erano. E c’era anche un curioso silenzio, carico di domande che restavano inespresse…Senza contare un numero tutt’altro che indifferente di telecamere, tutte puntate come i fucili di un plotone di esecuzione.

Insomma, era una banale, semplice giornata turistica.

“Sonoprontoancheadaccettarediessereinuniversoalternativo,” disse Twister, indeciso fra quella ipotesi, e un’insospettata arteriosclerosi…Ma la seconda dovette essere subito scartata, perché anche gli altri erano non meno sorpresi.

Poi, Twister si accorse dell’espressione di Shooting Star –era qualcosa di brutto, pieno di sorpresa e dolore. “Baby..?”

La donna respirava irregolarmente, la fronte sudata, come se fosse in preda ad un attacco di nausea. Texas Twister le tese una mano, ma lei la rifiutò seccamente. “Sto...bene...Era solo...” tacque, terrorizzata, e che fosse per sé o per il suo uomo o entrambi, non lo disse.

Come poteva spiegare che la sola vicinanza di quell’essere l’aveva fatta sentire come la prima volta che un demone l’aveva posseduta? Si guardò intorno, e solo allora se ne accorse. “Dov’è Puma?” chiese.

A lei, e agli altri eroi, rispose una tremenda risata, che echeggiò a lungo nella valle…

 

La risposta giaceva altrove, nel QG segreto degli assassini di Red Wolf.

 

Braccia e gambe spalancate, Puma era immobilizzato a un disco –un oggetto metallico, vibrante, la superficie fittamente intrecciata di rune mistiche. Ogni runa fusa insieme alle altre fino a perdere il proprio significato originale, per formarne uno d’insieme completamente nuovo.

E per quanti sforzi cercasse di esercitare, il guerriero non riusciva a spezzare i legami di energie mistiche ai polsi e alle caviglie.

“Provaci ancora, Sam,” disse Jack Lanterna, in piedi davanti a lui. “A questo punto, la tua integrità fisica è solo un bonus per i miei…soci. A me basta il potere che scorre dentro di te.”

Puma ruggì. “L’assassino di Red Wolf! Sei stato tu! Era solo un trucco per attirarmi allo scoperto!”

Jack fece spallucce. “Puoi pensarlo, se preferisci, ma sono stati i miei soci a fare quel lavoretto, e sì, era un’esca.” Poi, la sua già infernale voce assunse un tono ulteriormente sinistro. “Ma non per te, bensì per Firebird. Perché credi che sia stato ucciso proprio il Cheyenne, se non per portare qui i suoi amici Rangers?

“Siamo stati sgradevolmente sorpresi di non trovare la donna insieme a voi…Ma non importa: tu ti sei rivelato una fonte non meno promettente.”

“Fonte?”

Jack frugò in una tasca interna del mantello, e ne estrasse una sfera di pulsante energia, che restava sospesa a mezz’aria sul palmo guantato di nero. “La riconosci, micetto? E’ la Quintessenza, il potere divino dei Grandi Spiriti in una pillola. Purtroppo, quando Manitù decise di concederla al Demone-Orso perché la custodisse, vi aveva applicato, per così dire, una ‘serratura di sicurezza’. Infatti, neppure con le mie arti arcane riesco a piegare questo potere alla mia volontà.

“Con il potere d Firebird, intendevo ovviare a questa seccatura, ma perfino quella ragazzina esaltata impallidisce di fronte alle tue potenzialità. Tu hai il potere di entrare in risonanza con il tessuto cosmico, e basterà una frazione di tale potere, per operare un certo incantesimo. E se tutto andrà bene, anche questo mondo sarà sbarazzato per sempre di ogni suo metaumano e supereroe; la magia tornerà a dominare, ed io sarò il Re Stregone. Niente male per uno sbarbatello di periferia, vero?”

Puma non disse nulla, ma fissava Jack con sguardo omicida.

Jack rimise la Quintessenza in tasca, e si voltò, dirigendosi verso la porta. Le ante si aprirono, e lui disse da dietro le spalle, “Prenditela comoda. Purtroppo, non potrò operare prima della mezzanotte –sai com’è, c’è più burocrazia in un rito magico che in una richiesta di patente. Adios!

Rimasto solo, Puma chiuse gli occhi, concentrandosi.

Se c’era una cosa che detestava, era chiedere aiuto...Ma era anche vero che le esperienze fatte lo avevano maturato. Riconoscere i propri limiti era un aspetto di tale maturazione...

Jack Lanterna gli poteva avere tolto il comunicatore, ma non lo aveva lasciato per questo privo di risorse.

 

L’atmosfera a bordo dell’aereo era a dir poco cupa.

Stava diventando ridicolo! Tutti lo sapevano, e non avevano bisogno di dirselo.

A conti fatti, non stavano facendo altro che subire l’iniziativa del nemico. Si erano fatti guidare come cavie nel labirinto, per trovare alla fine il formaggio avvelenato.

“Credo che non resti altro che contrattaccare,e frontalmente,” disse Aquila Americana. Poi, a Shooting Star, “Victoria, prima…avevi detto di avere un piano per arrivare al nemico.”

La donna annuì. “Se le mie informazioni sono corrette. E’ un grosso rischio, ma non credo ci sia molta scelta, non col tempo contro di noi.”

 

“Davvero, Ispettore, non capisco il perché di questo…interesse. Dopotutto, che se ne fa un mercenario di un impresario edile, e…”

Le parole avrebbero potuto essere acqua sul teflon, per quanto riguardava l’attenzione che Jack Ironhoof vi stava dedicando. L’Ispettore della Omicidi del 10° Distretto di Phoenix era intento ad accertarsi delle misure di sicurezza della villa del suo ‘protetto’, Albert T. Foley. Foley era un uomo-cliché, almeno come li classificava il Navajo: un individuo sgradevole a vedersi ed udirsi, il tipico rappresentante di un’elite di arrivisti. Il tipo d’uomo che si costruiva il fisico a palestra e diete alla moda, intelligente quel tanto che bastava da sapere su quale carro saltare, non abbastanza determinato da saperci restare. La sua abbronzatura, coronata da una chioma di un biondo che sapeva di artificiale, insieme agli abiti italiani firmati, contribuivano a creare un quadro desolante –a meno di essere una prostituta senza troppe esigenze.

Finalmente, Ironhoof si voltò a guardare Foley. Percepì il razzismo che si agitava negli occhi nocciola pallido, ma si mantenne distaccato e professionale, nel rispondere, “Ho il sospetto che ci sia un legame fra la morte…esplosiva di un suo operaio Cheyenne e l’apparizione di Puma a Phoenix. Se ho ragione, voglio essere sicuro di potere parlare con quel gattone prima che lui voglia fare lo stesso con lei.”

Foley, da buon cliché, cercava di fingere sicurezza, ma c’era da scommettere che stava rovinandosi i vestiti con il sudore nervoso. Non c’era bisogno di metterlo sotto pressione, avrebbe ceduto da solo, e presto.

Foley disse, guardando l’autopattuglia nel viale di accesso, “E come intendete…proteggermi, se Puma mi attacca? Non è un super? E se…”

E se fossi stato tu, a fare mettere quella bomba? Si domandò Ironhoof, trattenendo un sorriso. Il detective aveva lanciato un’esca grossa così, e anziché sdegnarsi per anche solo una velata allusione a quella tragedia che aveva non solo ucciso l’indiano, ma anche diversi abitanti del palazzo, Foley si preoccupava solo della propria protezione. Coda di paglia?

O forse, Foley era solo un tale bastardo egocentrico, da non curarsi di alcun’altra vita che la propria.

“Faremo il possibile, signor Foley. Lei dispone di una buona serie di sistemi di allarme, e col suo permesso, una pattuglia resterà nel parco a vigilare fin quando lei lo desidererà.” Dagli spago, lasciagli credere di avere un controllo sulla situazione.

Infatti, Foley recuperò il suo autocontrollo –tenerlo buono era comunque indispensabile, visto che aveva una solida influenza nel Consiglio Comunale. “Apprezzo molto, Detective,” disse Foley, con un sorriso da candidato politico. “Può ritirarsi, adesso: se succederà qualcosa, sono sicuro che i suoi uomini sapranno fare il loro lavoro.”

Ironhoof grugnì un mezzo saluto, e si ritirò. Come no! Il verme avrebbe usato quei ragazzi come esca per stanare Puma, nella speranza di trovarsi due bustarelle in meno da pagare!

Ma già la sua mente stava vagando verso una nuova preoccupazione: trovare Jason Strongbow, che improvvisamente sembrava essersi volatilizzato. Non che il suo vecchio compagno di studi ed amico non avesse il diritto di andare dove volesse, anche se era un capotribù...Ma, guardacaso, Puma e Gato avevano cominciato a farsi a fette proprio partendo dalla stanza in cui Jason stava soggiornando, quella notte...

 

A.T. Foley guardò la macchina del detective allontanarsi, e poi mise mano a una tasca della giacca. Estrasse un telefonino satellitare, un modello d’avanguardia con monitor. Fece per avvicinare un dito alla tastiera, ma si trattenne. Chiamare o non chiamare?

Foley scosse la testa –il sacrificio della privacy era una clausola di ogni patto col diavolo, e a quest’ora i suoi padroni dovevano sapere tutto, della visita...Se almeno fossero proprio loro a dirgli cosa fare, in fondo nemmeno loro potevano permettersi un indagine sui suoi cant*

Un’improvvisa sensazione di gelo lungo la schiena, quella terribile sensazione di avere qualcuno che ti sta fissando da dietro le spalle...Foley si voltò.

E si trovò a fissare sia il volto mascherato di Phantom Rider, che la canna della Colt puntata alla sua fronte!

“Non è mia abitudine minacciare di morte qualcuno, signor Foley,” disse Rider, con una voce oltretombale. “Ma non esiterò, se non comincia a spiegarmi ora qualcosa sulle sue reali attività.”

“Uh...uh...uh...” Foley non si muoveva, ma continuava a fissare quella terribile bocca metallica, per secondi che sembravano ore...Fino a quando l’allarme non ruppe l’incantesimo!

Phantom Rider voltò la testa verso la porta, e pochi istanti dopo questa fu spalancata con un calcio. Guardie armate, dipendenti di Foley, furono dentro ad armi spianate, professionisti addestrati per sparare prima di fare domande. E solo il fatto che Foley fosse sulla linea di fuoco impedì un massacro.

Per conto suo, Rider approfittò di quella preziosa pausa per sparire, così come era arrivato! Foley quasi svenne per il sollievo, ricordandosi a stento di smettere di premere il pulsante sul telefonino che comandava l’allarme.

“Signore,” chiese una delle guardie, “dobbiamo avvisare i poliziotti...”

Foley ringhiò la risposta, “Certo, che dovete avvertirli! Nessun maledetto metaumano, mutante o no, può venire a minacciarmi, e in casa mia! Crocifiggerò quel vigilante personalmente, se sarà necessario! Fuori di qui, adesso! Che sia controllato ogni cm2 di questo posto!!”

Foley si diresse alla scala, diretto alle sue stanze, mentre, freneticamente, digitava numeri sul telefonino, intervallandoli a pause regolari.

Alla fine, fu ricompensato dal trillo dello scrambler –adesso, nessuno poteva intercettare la chiamata. Fu meno contento, tuttavia, quando vide il volto severo di William Taurey comparire sul monitor. “Ci sono novità, oltre alla visita della polizia, signor Foley?”

“Ci potete scommettere! Proprio adesso mi ha visitato Phantom Rider, e sono vivo solo grazie a...”

“E cosa...vorresti che facessimo, Foley?” La voce di Taurey era pericolosamente sarcastica. “Le tue guardie hanno quello che servono per sistemare i Rangers, o vorresti un nostro intervento più...diretto?”

Foley stringeva convulsamente l’apparecchio. “Fate quello che volete, ma non potete lasciarmi da solo! Ho preso le mie precauzioni, Taurey: se vado giù...”

Un uomo-cliché, appunto. Jack Ironhoof non avrebbe certo cambiato idea su Foley, ascoltando quella conversazione...Se ci fosse stato lui, ad ascoltare.

Ma la presenza indiscreta, intangibile ed invisibile, che accompagnava A.T. Foley, era quella di Phantom Rider! E quello che aveva visto e sentito finora era sufficiente.

Rider si allontanò, ed uscì attraversando la parete.

 

Taurey chiuse la comunicazione. L’uomo bevve un sorso di whisky da una coppa, e agitando il liquido distrattamente disse, “Così, il nostro cane di paglia sta già cominciando a prendere fuoco...Peccato. Speravo in una resistenza maggiore.”

Da un angolo della stanza, emerse una figura umana. Un fisico allenato, un costume azzurro e bianco, con una giacca imbottita e ricca di tasche. La sua maschera copriva interamente la testa, un filtro modificava la voce. “Debbo rimuoverlo?” chiese Spymaster.

Altro sorso. “Con discrezione. Che sembri naturale, non voglio la polizia di mezzo...Oh, e intercetta tutte le sue chiamate. I giornali non devono sapere di questa inaspettata visita.” Le guardie di Foley avrebbero tenuto il becco chiuso con i poliziotti di ronda...Taurey sorrise. Davvero, Foley doveva stare un po’ più attento alla selezione del ‘suo’ personale.

Fu distratto dal nuovo segnale di chiamata. Taurey si accigliò –possibile che quello sciocco non riuscisse a cogliere, quando smettere di ins*

Stranamente, il monitor non si era acceso. Un attimo dopo, anche il segnale di linea era svanito.

Taurey serrò le labbra, avvertendo il baratro spalancarsi sotto di lui. Aveva solo una possibilità, ed era agire per primo, o i suoi padroni non avrebbero affatto apprezzato questo passo falso!

 

Interludio: Redazione del Phoenix Blaze.

 

In quell’assolato e rovente pomeriggio, in una delle innumerevoli assolate e roventi giornate di Phoenix, l’umore nella fossa dei giornalisti non era alle stelle. Infatti, superata la bolla dell’esplosione del palazzo degli operai indiani, le indagini erano a un punto pressoché morto. Anche l’arrivo di Puma ed El Gato, scomparsi dalla circolazione, era già roba vecchia su cui ricamare ipotesi stravaganti e null’altro. Jack Ironhoof, non affettuosamente nomignolato ‘Jack Calvario’, per le fatica con cui anche un premio Pulitzer doveva estirpargli la sola data di nascita, taceva come suo solito. E nessuno nel suo dipartimento avrebbe osato aprire bocca, per non dovere incorrere nelle sue ire...E, naturalmente, anche il Commissario, in pieno rispetto della posizione del Navajo, taceva.

Cosa c’era di meglio, quindi, di una dissetante novità come l’apparizione dei Rangers in persona al Montezuma Castle, e in anteprima assoluta?

Una prova di tale affermazione, per esempio.

Prova difficile da rintracciare, quando non esisteva, e si vedevano solo desolanti immagini di panorama e turisti in vari stadi di bovinità impegnati a riprendersi l’un l’altro.

Aaron Stone, Direttore del Blaze, si vantava di avere, a 55 anni, solo capelli naturali, e che nessuno stress sarebbe stato abbastanza tosto da guastargli la salute o la capigliatura...Ma quello era un giorno da fare sudare le pietre, il condizionamento era guasto, le bibite fresche erano già esaurite, e la presenza di 5 turisti sudati ed eccitati non aiutava.

“Ricapitoliamo,” disse Stone, spegnendo il televisore. Espulse il videonastro, lo prese e lo lanciò a un turista, che lo prese con un groviglio di dita. “E’ una giornata pesa, persino per chi ci è nato, in questo posto. Uno si annoia, magari aveva fatto un salto qui sperando in qualche bella corsa di diligenze contro le frecce indiane, o di vedere cuori sacrificati su un altare al Castle. Il sole picchia duro...diamine, in queste condizioni vi devo fare i miei complimenti: di solito, uno arriva qui con i video della Madonna o di una flotta di UFO.”

I turisti erano esterrefatti, e sembravano sempre sul punto di dire qualcosa, per poi ripensarci, e aprire la bocca di nuovo –sembravano bamboloni riusciti male.

Stone si alzò in piedi. “Non posso neanche offrirvi qualcosa, spiacente. Ma riprovate, sarete più fortunati.” E questo era il massimo della gentilezza che potesse offrire –ma cosa cavolo credevano, quei newyorkesi, di avere a che fare con un JJ Jameson che sarebbe saltato come un grillo a una stupidaggine del genere?!

 

Le informazioni erano corrette, alla fine. Una vera fortuna, che il padre –adottivo- di Victoria Star avesse saldi contatti nel mondo dell’edilizia. Un giro di controlli dal computer di bordo dell’aereo di Puma aveva evidenziato come la stella della Foley RE&C fosse ascesa pressoché istantaneamente dopo la guerra. Foley aveva vinto ogni gara di appalto, senza dubbio corrompendo a destra e a manca...Ma, soprattutto, con una abbondanza di mezzi e uomini che una mezza tacca come lui non avrebbe dovuto avere!

Ma la città aveva un bisogno disperato di tornare alla normalità. Bustarelle o no, se Foley avesse fatto il suo lavoro, bene e presto, nessuno avrebbe guardato sotto il tappeto.

Il che creava non pochi ostacoli al quartetto, che nel pomeriggio che ormai volgeva al tramonto, osservava dal tetto di un palazzo vicino il cantiere dove Red Wolf aveva lavorato fino alla sera della sua morte.

Da una parte, non avevano scelta: il sistema di criptamento del cellulare di Foley si era rivelato vulnerabile ai mezzi dell’aereo. E William Taurey era lì dentro, o nel sottosuolo, ma lì. Dall’altra, attaccare questo cantiere significava non solo mettere in pericolo gli operai innocenti, ma anche essere scambiati per terroristi. Mezzatacca o no, Foley doveva avere mezzo consiglio comunale nelle tasche.

E il peggio, l’ironia suprema, era che non c’era alcuna certezza che Puma fosse là dentro!

“Sei sicuro di non avere notato alcuna attività sospetta, Aquila?” chiese Shooting Star.

Il guerriero Navajo scosse la testa. “Non importa quanto acuti possano essere i miei sensi, se erano concentrati sul trovare il presunto ‘contatto’ di Red Wolf. Anche ora, non vedo nulla di sospetto nella loro attività.”

“Colpa mia, gente,” fece Twister. “Se non avessi insistito su questa storia del contatto, adesso avremmo già...”

Star gli mise una mano consolatoria sulla spalla. “Era un’ipotesi valida come un’altra, al punto in cui eravamo. Adesso, risolviamo questa faccenda, e...” fu interrotta da un cicalino alla cintura. Era una vibrazione a fior di pelle, dalla trasmittente che sia lei che Phantom Rider e Texas Twister possedevano...in quanto Rangers!

La reazione della donna fu la stessa degli altri, solo che lei fu più veloce nel toccarsi il colletto del costume, attivando la ricetrasmittente. “Bonita, sei tu?” Si riferiva a Bonita Juarez, alias Firebird, purtroppo irrintracciabile al momento della convocazione del gruppo.

Immaginarsi non solo la sorpresa sua, ma anche quella degli altri, quando fu la familiare voce inumana a rispondere! “Bonita è fortunata, ragazzi: lei è ancora viva; voi non lo resterete a lungo.”

Come previsto, il lato mortale di Phantom Rider, nella sua sorpresa, ebbe il sopravvento, appannando i riflessi del cavaliere. E Rider fu impotente esattamente come gli altri, mentre la realtà impazziva sotto i loro piedi –letteralmente, assumendo la forma della testa fiammeggiante di Jack Lanterna. La bocca si spalancò, ed inghiottì i malcapitati in un abisso rovente.

 

Episodio 4 - L’amaro sapore della vittoria

 

L’Eli-Piattaforma orbitale dell’organizzazione SHIELD.

 

“Progressi, tenente?”

Dallo schermo, l’ufficiale della più importante organizzazione internazionale di difesa e sorveglianza sotto l’egida ONU scosse mestamente la testa. “Ho chiamato per comunicare un ulteriore sviluppo, signore,” disse, quasi timoroso di parlare.

E non aveva tutti i torti. Il suo superiore, il gran capo dello SHIELD, il Colonnello Nicholas ‘Nick’ Fury, non era uomo abituato ad ammissioni di incapacità da parte dei suoi sottoposti. Era con loro esigente come con sé stesso. Esalò una zaffata di sigaro. “Fai finta che a non dirmelo farai una brutta fine di sicuro, Henderson. Allora?”

Henderson deglutì. “I cani sciolti sono...di nuovo scomparsi, signore. Sospettiamo teletrasporto. Non conosciamo se per iniziativa loro o del nemico.”

Fury tamburellò sulla scrivania. ‘Cani sciolti’ era la designazione per i paranormali che si erano messi sulle tracce degli assassini di Red Wolf. Il super-eroe Cheyenne era stato terminato a Phoenix, Arizona, da un’esplosione che aveva anche sventrato il palazzo dove lui viveva temporaneamente. Naturalmente, lo SHIELD era stato incaricato di occuparsi di quel caso come da protocollo, finquando non fosse stata esclusa un’eventuale matrice terroristica dell’attentato...

Ma Fury non avrebbe mollato l’osso comunque –Red Wolf non meritava di essere archiviato come una statistica, nossignore!

Era già stato abbastanza difficile tenere comunque il fascicolo aperto, in attesa di sviluppi –per quanto ne sapevano tutti, gli assassini potevano veramente essere legati al terrorismo, visto il modo in qui avevano agito con una sola persona. Ma Fury non avrebbe avuto il permesso, per un po’ almeno, di usare uomini e mezzi che dovevano essere impegnati su fronti più ‘caldi’.

Fury guardò ancora una volta i fascicoli sparsi sulla scrivania, in un angolo dedicato a loro. I ‘cani sciolti’ –Aquila Americana, Puma, Texas Twister, Shooting Star e Phantom Rider. Gli ultimi tre avevano fatto parte, con Wolf e l’adesso Vendicatrice Firebird, dei Rangers. I primi due dovevano essere in qualche modo amici –per quanto una parola simile fosse davvero grossa nel caso di Puma, che di mestiere faceva il mercenario solitario!

La loro presenza in città era stata la manna dal cielo, e Fury era stato felicissimo, per una volta, di essersi limitato a lasciare un’insignificante squadra a monitorare gli spostamenti degli eroi. Seguendo loro, si sarebbe arrivati alla soluzione del caso.

Ma, ‘fra il dire e il fare...’

La prima volta che il gruppo era scomparso, si trovavano nei pressi del Montezuma Castle. E adesso, a un passo da un cantiere di un’impresa in odore di mafia del mattone...E anche solo sperare di collegare questi eventi era peggio che risolvere il Cubo di Rubik a occhi bendati!

Fury tornò a rivolgersi allo schermo. “Henderson, mi faccia felice e trovi quel branco. Già che c’è, provi a sondare quel cantiere, e non me lo faccia ripetere. Fury, chiudo.”

 

Non si poteva dire che Fury non ne avesse viste, in vita sua –dai nazisti ai vampiri, dai lupi mannari ai cloni di un male troppo ostinato per morire, tuttavia Fury restava un essere umano, abituato a considerare il mondo su una scala che, per quanto ampia, restava limitata.

Il piano astrale era al di fuori di tali limiti. Limiti, per contro, inesistenti per la malevola entità nota come Jack Lanterna.

L’oscuro stregone stava in piedi al centro di un pentacolo tracciato con fiamme d’ebano, gelide. Il pentacolo era solo parte di una piattaforma sospesa nell’etere mistico, circondata dai colori impalpabili della vita e della morte.

La bocca, un ghigno atroce scavato in una zucca fiammeggiante, era ulteriormente accentuata dal suo trionfo, mentre osservava a turno i vertici del pentacolo –vertici ai quali erano misticamente incatenati i cinque super-eroi appena catturati. “Ahh, che nostalgia, ragazzi,” disse, e la sua voce non era solo una, ma un coro di anime dannate e felici di esserlo. “Solo in un’altra occasione, sono stato così vicino al trionfo. Fui fregato da quello che credevo il membro più debole, un volgare licantropo con troppo cervello[4]. Ma stavolta, non ho avuto bisogno di assistenti per prendervi tutti; e fra poco, assisterete in anteprima alla Nuova Genesi di questo mondo...Finquando resterete in vita, naturalmente.”

Nessuno osò fare blande minacce, profferire inutili smargiassate. Erano stati sconfitti come dei dilettanti, ancora non abituati a pensare a sé stessi come gruppo...Se almeno uno di loro fosse stato un minimo saggio, si sarebbero rivolti a Corvo Nero, il mistico guerriero, ma no!

- Aquila Americana era un uomo forte, molto forte...ma i muscoli potenziati dall’esposizione radioattiva erano inutili contro queste catene.

- Texas Twister, ironicamente, aveva speso un periodo della sua vita con poteri potenziati proprio da un demone, un demone da tempo esorcizzato. Adesso, era solo un buffone mascherato, impotente.

- Shooting Star era l’unica non-metaumana, una donna la cui forza stava...nelle inutili unità fotoniche ai polsi. Come il suo compagno, la sua mente era soggetta a un continuo sovraccarico di informazioni da quel ‘mondo’ di cui lei non faceva parte.

- Phantom Rider doveva i suoi poteri al fantasma dell’eroe originale che abitava il suo corpo durante la battaglia. Ma appariva chiaro che Jack Lanterna aveva pensato bene di esorcizzare lo spirito.

- Puma, il vertice del pentacolo, era, almeno virtualmente, il più potente, forse l’unico capace di liberarsi. Per tale ragione, gli era stato riservato un trattamento speciale. Le fiamme oscure lambivano la sua anima e i suoi pensieri, mantenendolo in uno stato confusionale. Uno stato così accentuato, nella sua ferocia, che adesso il guerriero possedeva un aspetto felino molto più pronunciato –la sua testa era quella di un puma, il suo corpo più irrobustito di muscoli animali, la sua voce dei ruggiti incoerenti.

Jack osservò il cielo di quel ‘regno’, trovandovi, in un frammento di follia nel surreale, una finestra di cielo notturno, la Luna prossima allo zenit. La sua mano guantata di nero accarezzò il pugnale infilato nella cintura del suo ottocentesco costume. “Dovrebbe essere abbastanza veloce, miei morituri. Giusto il tempo di consumare le vostre carni e mangiarmi le vostre animucce. Poi, questa palla di fango di periferia galattica sarà purgata di ogni maledetto mutante e metaumano. Solo le forze della magia ed i loro praticanti...” si voltò di scatto, le braccia stese come quelle di uno spaventapasseri. “Dovreste essermi riconoscenti, sapete?”

Texas Twister se ne uscì in un sorriso strozzato. “Toglimi ‘ste schifezze di dosso, e lo vedrai quanto ti sono riconoscente, zuccone.”

Jack fece come un cenno di diniego con la testa. “Tsk, detto proprio da te, peldicarota, che hai un pellerossa nel cuore...” nessuno si accorse del sobbalzo dell’eroe. “In fondo, non desiderate farla pagare all’uomo bianco per tutte le ingiustizie commesse nella storia fino ad oggi? Non avrete un’occasione migliore.”

Aquila Americana disse, “Tu vaneggi. Nessun atto di vendetta restituirà alla vita i caduti, ne’ risanerà la terra malata.”

“Davvero? Allora osservate!

A un cenno, l’etere si riempì di nuove forme, e l’orrore assunse una nuova definizione! Definizione fatta di fantasmi, spiriti inquieti, anime dannate –un fiume in piena, un oceano di dolore e rabbia, puro malcontento di colori malati vorticante intorno alla piattaforma! E ognuno di loro portava il marchio della morte che aveva ricevuto –dai proiettili, ai colpi di cannone, al vaiolo, mutilazioni, segni dei vandalismi più abbietti che un corpo umano potesse ricevere.

Jack gongolava, “Questo è il pantheon prossimo venturo! Centinaia di migliaia di vittime del cosiddetto ‘uomo civilizzato’, spiriti privati della loro vendetta!

“Ora che i Grandi Spiriti, come gli altri Dei, sono scomparsi, le dimensioni collassano e ovunque nel Piano Astrale anime tormentate come queste vogliono trovare un nuovo posto nel mondo, e io sto per darglielo! Il mondo conoscerà un nuovo ordine, dove la vendetta è virtù e il sangue è moneta!”

 

Perso nella propria profezia, Jack non si accorse del cambio di espressione di Shooting Star. Il suo volto era sempre quello dalla bocca semiaperta di chi fosse ormai oltre la sanità mentale –i suoi occhi, per contro, erano un’altra cosa. Erano lucidi, fissi sul criminale!

 

La Luna raggiunse lo zenit!

La Quintessenza in una mano artigliata, Jack materializzò un coltello dalla lama d’oro nell’altra, e avanzò verso Puma. Appoggiò la lama alla gola.

La mano si mosse. Un colpo solo, e la Quintessenza avrebbe bevuto il sangue di un Campione della Morte. Le mistiche energie di Puma avrebbero fatto da portale per gli spiriti inquieti, che a loro volta avrebbero forgiato a propria immagine le terribili energie divine...

Ancora un millimetro...E non sarebbe arrivato oltre! Il suo mantello fu strattonato violentemente, e Jack rovinò a terra! Gli spiriti inquieti ulularono la loro frustrazione!

Lo stregone non fece in tempo a capire cosa stesse succedendo, che un potente calcio lo spinse ancora più lontano dalla sua preda. Si mise in ginocchio, e ringhiò, “Tu?

Victoria Star torreggiava su di lui, imponente come una furia, il volto una maschera d’odio. “Sorpresa!” E mollò un altro calcio, e un altro ancora. “Cosa c’è, zuccone? È più umiliante quando è una donna, a suonartele?!” sollevò Jack per il bavero, e gli mollò un manrovescio da spezzare il collo. “Non ho bisogno di armi per sistemarti, mostro! Per colpa tua un grande uomo, un nostro amico, è morto! Voglio ucciderti con le mie mani, mi capisci??” E sembrava davvero possibile che ci riuscisse –in qualche modo, la sua forza era amplificata, e Jack non riusciva a contrattaccare alla scarica di colpi.

Gli spiriti inquieti non svanirono, anzi la loro rabbia sembrava amplificata dal fallimento, mentre la Luna usciva dallo zenit. La concentrazione di Jack Lanterna, così come la forza del suo incantesimo, persero di potenza.

I legami mistici, di conseguenza, non fecero eccezione!

Jack stava cercando di fare del suo meglio per non farsi strangolare da Shooting Star. La donna disse solo, “Adesso fai il bravo è ci dici chi sono i tuoi ‘soci’, e ci porti anche da loro, oppure...”

“Oppure niente, femmina. Jack Lanterna sa quando è il momento di abbandonare il campo senza tante storie,” e, detto fatto, sparì come era sua specialità, lasciando l’eroina a stringere il vuoto. In compenso, questa volta, l’allucinante realtà intorno a loro non sparì.

Texas Twister mise una mano sulla spalla di lei. Non si capiva se fosse più sbalordito o ammirato. “Baby, sei..?”

Lei trasse un profondo respiro. “Sto...bene. Puma?”

L’uomo-gatto scosse la testa proprio come un felino. “Sto meglio di quanto...pensassi,” disse con una voce roca, animalesca. “In qualche modo, Jack ha stimolato la mia...evoluzione. Come hai fatto a liberarti, Victoria?”

Lei si strinse nelle braccia. “Quando ancora ero un membro dei Rangers originali, fui posseduta da un demone. Il mio stesso corpo non era che un ricettacolo per quella...cosa, la mia mente fusa con un essere i cui pensieri erano malignità allo stato puro, osceni. Drew mi ha liberato, ma non credo proprio sia un’esperienza che si possa dimenticare. Tutto il resto, a confronto, sbiadisce. Credetemi...Anche se non so cosa mi abbia dato una simile forza. Non credevo...”

“La magia del demone,” disse Puma, “o quella usata per l’esorcismo deve avere lasciato delle tracce, e il Piano Astrale le amplifica. Ma dovremo occuparcene dopo; ora dobbiamo andarcene, prima che il Piano ci assimili definitivamente. Nonostante quello che suggeriscono i nostri ‘sensi’, siamo anime discorporate, e i nostri corpi non possono vivere a lungo senza l’essenza vitale.”

 

“Sono passati dieci minuti dall’ora X, e nessun segno di quello stregone loco. Direi di farla finita, con questi gringos.”

William Taurey lanciò un’occhiataccia ammonitrice al criminale noto come El Gato –per quanto potesse capire tanta impazienza. Un braccio cibernetico nuovo di zecca sostituiva l’arto letteralmente consumato dal potere di Puma nel loro precedente incontro[5].

I cinque eroi stavano ancorati a una parete, all’interno di un pentacolo identico a quello della controparte nel Piano Astrale. Solo che, adesso, il sangue usato per tracciare il pentacolo era bruciato, e un puzzo nauseabondo riempiva la stanza. Nonostante la reticenza di Taurey a portarli nella base, Lanterna aveva assicurato che erano innocui, e i fatti gli davano ragione –quei corpi erano vivi, ma allo stesso tempo svuotati, non in coma ma ugualmente sospesi fra vita e morte.

I suoi padroni avrebbero fatto fuoco e fiamme, ma per una volta non potevano certo rifarsi su Taurey –che in cuor suo era stato fin dal principio contrario a questa blasfema alleanza, convinto che Lanterna avesse in mente di liberarsi dei suoi ‘soci’ come degli eroi...Comunque, ci avevano guadagnato: con i corpi degli eroi, avrebbero generato una nuova casta di guerrieri, molto più potenti e leali di quelli a disposizione. “Sono d’accordo: mandiamoli al laboratorio, e...”

Movimento! Sopra le loro teste, una sezione del soffitto sembrò prendere vita; come fosse stata fatta di mercurio, si deformava, cambiava in una forma...

El Gato fu rapidissimo. Convogliò la propria energia cosmica attraverso il braccio, in un colpo preciso,

ma non abbastanza veloce per l’intruso, che si staccò dal soffitto, precipitando addosso al criminale felino, colpendolo all’addome.

Taurey non sarebbe rimasto ad aspettare di vedere il risultato della lotta. Già quando el Gato aveva sparato, si era voltato verso l’uscita; era quasi in salvo, quando un colpo di energia esplose proprio ai suoi piedi, bloccandolo sul posto!

Si voltò, più sorpreso che arrabbiato.

L’intruso era un uomo. Indossava un costume/armatura interamente nero sul corpo atletico; del suo volto, solo la bocca e una piccola area intorno ad essa erano visibili. Persino gli occhi erano coperti da una visiera nera.

“Sono Black Marvel,” disse l’intruso. “E quelli che tormenti sono miei alleati.”

 

“Adesso basta, fratelli!”

Il mare delle anime inquiete esitò, tremolò. La loro rabbia era ancora palpabile, ma in qualche modo acquietata dalla nuova presenza.

“Queste anime coraggiose non meritano il vostro odio. Lasciatele tornare al mondo che le aspetta, perché possano fare giustizia in vostro nome, e non cieca vendetta.”

Gli eroi si guardarono intorno. La voce era profonda, carica di saggezza ed insieme giovane, vibrante di energie. Era la voce del capo, e le anime le obbedirono. Il tremolio divenne una spaccatura. Il mare si divise,

divenne un tunnel. E attraverso di esso, venne una figura umanoide; una figura ancora non bene definita, avvolta com’era da un bagliore come di polvere di luce. In una mano, stringeva una lunga staffa, e la sua testa aveva contorni...lupini...

“Ero sicura che sarebbe tornato per salvarci,” disse Shooting Star, in un sussurro, guardando la figura che era così sicura essere quella di Red Wolf...

Poi, la figura fu pienamente visibile. E non era Red Wolf.

Il suo corpo, ben più robusto di quello dell’eroe Cheyenne, era coperto di grigia pelliccia, leggermente più chiara sul davanti. Aveva la coda, e la sua postura era digitigrada su zampe lupine. Indossava ornamenti indiani fatti di quella polvere luminosa, e una pezza di stoffa rossa a coprire il grembo. E la testa era decisamente quella di un lupo, dagli occhi dorati e con una cicatrice che attraversava l’occhio destro.

Nonostante la sua imponenza, l’essere aveva un’aria gentile, saggia come la sua voce. “Salute a voi, eroi. Io sono Karshe, l’incarnazione vivente del Lupo Cacciatore Celeste, Guardiano del Sentiero di Passaggio.”

“So di te,” disse Aquila Americana. “Fai parte della mitologia dei Cheemuzwa!”

Un cenno di assenso. “Per favore, seguitemi. Dobbiamo tornare al mondo che ci appartiene.” Karshe si voltò, e si incamminò lungo il tunnel di anime.

Gli eroi, non potendo fare altrimenti, lo seguirono. Sembrava una camminata destinata a durare per sempre, con la luce dall’altra parte ridotta ad un puntino a malapena visibile.

Invece, furono fuori appena dopo pochi passi.

E furono in paradiso.

 

Black Marvel tese il braccio. Lame di luce si generarono intorno ai bracciali, per poi partire verso il bersaglio.

El Gato evitò facilmente, ma le lame lo seguirono, una frusta tagliente tenuta insieme da un campo elettromagnetico! Istintivamente, il criminale sollevò il braccio metallico, che tenne nonostante una tremenda pioggia di scintille.

Taurey approfittò di quei momenti per dileguarsi. Inutilmente, un colpo gli esplose vicino.

Una volta in corridoio, si avvicinò a una consolle. Iniziò a digitare codici; non poteva perdere tempo, doveva ordinare l’autodistruzione della stanza, prima che anche gli altri maledetti eroi tornassero in*

Taurey

La ‘voce’ dei suoi padroni, echeggiante in ogni direzione, assordante, lo gelò poco prima di iniziare l’ultimo comando.

Sappiamo cosa vuoi fare e ti ordiniamo di desistere. Quei corpi sono materiale prezioso, e non li sprecheremo.

“Miei signori, io...”

Fai silenzio. La situazione è ancora sotto controllo. E sai bene che abbiamo un’ultima, estrema risorsa da utilizzare. I cosiddetti ‘eroi’ non potranno, in ultima analisi, che capitolare. In compenso, sei autorizzato a liberarti di questo intruso che ha osato profanare la nostra casa. Procedi.

Taurey annuì, e digitò un singolo pulsante.

 

Nella stanza, un furioso Gato tentava invano di raggiungere la sua nemesi con gli artigli, nonostante delle acrobazie da fare invidia all’Uomo Ragno. In qualche modo, il suo nemico era sempre un passo avanti, come se riuscisse a calcolare la posizione del suo avversario.

El Gato era disorientato, e stanco. Aveva usato molte, troppe energie, per quell’inutile caccia, mentre Marvel era fresco come la proverbiale rosa. Esattamente come l’eroe aveva pianificato.

Marvel ricreò le sue fruste di lame, e si preparò a colpire...quando un’altra frusta si avvolse intorno al suo braccio! Non ebbe il tempo di reagire, che una potente scarica elettrica lo passò da capo a piedi!

“Dilettanti, mai fare affidamento su di loro,” fece l’uomo in un maschera e costume bianco e blu, corredato da un giubbotto pieno di tasche. Era affiancato da una squadra di cinque elementi, due donne e tre uomini, armati, in uniforme dello stesso colore. Tutti portavano, sul petto, il simbolo di un pugnale che trapassava un globo terracqueo stilizzato.

El Gato ringhiò ferocemente, ma inghiottì amaro. Per ora. Ai suoi sensi, l’uomo era effettivamente morto.

Senza ritrarre la frusta, Spymaster si avvicinò alla preda inerte. La sua Squadra Ombra rimaneva in formazione a cerchio, pronta comunque a sparare in caso di sorprese. “Adesso vediamo chi c’è sotto quella maschera.”

 

No, non il Paradiso.

Gli occhi potevano essere ingannati –il posto era così...bello. Una sterminata vallata, circondata da nude colline, un’oasi senza fine, fatta di prati coperti da un oceano di fiori. Fiori di cristallo, delicate sculture, che sbocciavano in piccole esplosioni cromatiche e che non appassivano, mosse da un vento tenue ed invisibile.

Ma in mezzo a quel mare di bellezza, stavano le rovine. Connesse idealmente da frammenti di sentieri, erano quello che restava di grandi castelli e di umili dimore, abitate dalla desolazione, mute testimonianze di una gloria inutile, di sforzi che generavano ricordi marcescenti, nostalgia inutile.

Non era il Paradiso, questo, ma un luogo di infinita tristezza.

Fu allora, che gli eroi si accorsero di una figura china fra i fiori. Era un uomo, o almeno appariva come tale alla loro percezione. Indossava solo un saio frusto, nero, decorato da una larga cintura di cuoio. Il cappuccio era abbassato, a scoprire una testa dalla chioma bianca, morbida. I suoi occhi erano pozze azzurre di un sentimento indefinibile, carichi di saggezza e tristezza...e qualcosa di più sinistro...

L’essere stava accarezzando i fiori con una mano dalle dita lunghe e affusolate. Finalmente, si raddrizzò e abbozzò un sorriso con labbra esangui. La sua voce era un canto echeggiante, dai toni tristi. “Benvenuti nella Valle delle Lacrime, stranieri ancora in attesa della madre Morte. Io sono il Re del Dolore.”

Il gruppo si mise in tensione; solo Karshe li trattenne, levando una mano ammonitrice. Poi, al Re, “Come tu stesso hai notato, Sire, noi non ti apparteniamo ancora. Non hai diritto di trattenerci.”

“Invero,” disse il sovrano, tranquillo, “e io non intendo farlo. Dipende da voi, riuscire a lasciare il mio regno.”

“Chi sei?” chiese Puma. L’entità era sì legata alla Morte, lo percepiva, ma era allo stesso tempo aliena...

“Sono il naturale risultato della Teomachia, campione della Morte. Ciò che deve colmare il vuoto lasciato dalla scomparsa delle maggiori divinità. Anche se le anime acquisite da quegli Dei sono finite in mano a Mefisto, qualcuno deve ridirigere quelle che ora stanno dirigendosi verso un vuoto nel Piano Astrale.”

Shooting Star guardò verso il campo dei fiori...Era solo una sua impressione, o il vento fra quelle innumerevoli foglie di cristallo sembrava generare come un unico, interminabile sospiro? “Tutti questi...fiori...”

Il Sovrano annuì. “Le mie anime. La mia collezione, il dolore trasformato in bellezza, conservato per sempre.”

La donna ebbe voglia di piangere. “Ma perché? Possibile che tutta questa gente meritasse...questo?!”

Lui le si avvicinò, ed improvvisamente il Sovrano era una figura torreggiante, maestosa come una Spada di Damocle, un’ombra contro ogni sole di speranza. “E’ molto semplice, Victoria Star: questo è il mio dominio. Io non esisto per dare ricompense o punizioni. Esisto per ogni piccolo grande dolore apportato dalla madre Morte. Quelli morti nella pace propria e di chi stava loro vicino, essi non sono parte del mio regno. Ma sono veramente pochi. E ora, per favore, andatevene: la vostra presenza vivente insudicia la perfezione del mio regno.”

Victoria non fece resistenza, mentre la mano di Karshe la tirava a sé. Il mannaro sollevò la staffa, e la polvere di stelle avvolse l’intero gruppo, sotto lo sguardo triste e indifferente del Re del Dolore.

 

Di el Gato si potevano dire diverse cose, e nessuna di esse positiva.

Che fosse un tipo vendicativo, era una. Ma, a differenza del suo meno sottile predecessore, Raoul Eschiverra preferiva assaporare l’attesa. Meglio, quando gli era possibile, lasciava che fosse proprio il suo nemico, a finire nei guai spontaneamente, per godere meglio della sua caduta.

E se ad el Gato era chiaro che Black Marvel era morto, gli era anche chiaro che c’era una ragione precisa. Come l’arrogante Spymaster stava per scoprire, la mano a un centimetro dalla maschera...

Mano rapidamente, saldamente afferrata da un arto guantato di nero!

Nella sua sorpresa, il criminale non riuscì ad impedire che, allo stesso tempo, un calcio ben piazzato gli togliesse la frusta di mano. La Squadra Ombra quasi premette il grilletto, ma un addestramento ferreo unito al timore di colpire il capo salvarono Spymaster mentre questi veniva trascinato a terra, proprio sulla linea di fuoco.

Black Marvel, a quel punto, semplicemente, scomparve! Il guaio era che si trovavano tutti in uno spazio chiuso, dove sparare alla cieca era troppo rischioso. Per quanto ne sapevano, il maledetto si era teleportato.

“Tu lo sapevi!” esclamò Spymaster, mettendosi in piedi, fissando il ghigno sardonico del Gato.

El Gato annuì. “I macchinari che porta addosso hanno simulato lo stato di morte. Neppure mentre lo combattevo, gli sentivo il battito.” Fece spallucce. “Ma credevo che un hombre sapiente come te lo sapesse già.”

“Pagherai per la tua...eh?” Un lampo di luce alle sue spalle, a cui fece subito seguito l’espressione terrorizzata del Gato, gli fece capire, ancora prima di girarsi,

che i prigionieri non erano più tali!

La Squadra Ombra reagì d’istinto, dimentica di ogni ordine. Fece fuoco con abbastanza potenza da buttare giù una piccola casa.

A un comando di Karshe, una barriera di polvere luminosa assorbì con facilità quell’assalto. Un nuovo comando, e la stessa barriera divenne una tempesta di filamenti. Alla velocità della luce, ognuno di essi andò ad avvolgersi intorno ai nemici, immobilizzandoli saldamente.

Polvere delle Pleiadi,” disse Karshe. “Se avete poteri, non potrete usarli. Se siete forti, la forza vi si rivolterà contro. Nessun mezzo di fuga può venire in vostro soccorso.”

“Riconosco l’odore di questo posto,” disse Puma. “E’ qui che vivono gli assassini di Red Wolf, i ‘soci’ di Jack Lanterna.”

Texas Twister si scrocchiò le dita. “Allora, direi che non è il caso di perdere tempo. Facciamo male a questi galantuomini, e vediamo chi parla per primo.” E se ci fosse stato qualche dubbio in merito, venne fugato dall’espressione omicida di Puma e dal gelo nel volto di Aquila Americana e degli altri eroi.

Puma non perse tempo. Si diresse dal Gato, gli artigli sguainati. El Gato non lo aveva ancora visto così furioso, ne’ così animalesco, le fauci spalancate e sbavanti. L’uomo-gatto puzzava di voglia di sangue, non stava fingendo! Quindi, non fu vigliaccheria, ma puro istinto di sopravvivenza che gli fece dire. “SPYMASTER! Lui ha messo la bomba! Tutto per attirare i Rangers allo scoperto, catturare Firebird oddiononuccidermitiprego!”

Credo che basti così, intrusi.

La voce ottenne l’effetto desiderato. Gli eroi si concentrarono su di essa, per il momento.

La vostra presenza nel nostro Nido non è gradita, eroi. Ci congratuliamo per la vostra vittoria, ma non dimenticheremo questo affronto.

“Te lo puoi scordare, figlio di...” iniziò Twister, prima che la mano di Star sul braccio lo fermasse.

Abbiamo preso le nostre precauzioni, eroi. Ammettiamo che il nostro Nido sorge sotto le fondamenta della città chiamata Phoenix. E tale città sarà nostra, oppure non apparterrà a nessuno.

Una bomba nucleare è nascosta in questa città. Non la faremo detonare, finché non ne avremo ragione. Se oserete ostacolarci, avrete da perdere molto più di noi. Leggete la mente di Spymaster, se pensate che mentiamo.

Phantom Rider si avvicinò al criminale. La sua ira non poteva essere letta sotto il volto interamente mascherato, ma questo eroe era molto più oltraggiato degli altri, dal tremendo delitto. Il suo antenato era stato un amico del primo Red Wolf incontrato dai coloni nel vecchio West, così come l’attuale Cavaliere era stato amico del corrente guerriero Cheyenne.
Perciò, non ci fu esitazione, da parte del Cavaliere, nel poggiare le mani al cranio e proiettare il proprio spirito in un riluttante Spymaster –a differenza della sonda mentale, quella spirituale poteva essere molto più brutale, intrusiva, e lasciare cicatrici dalle quali era difficile guarire, per uno spirito non allenato.

L’urlo di dolore di Spymaster, appena una frazione di quello che stava provando realmente, fu prova sufficiente di ciò. Il corpo del criminale si irrigidì, il suo urlo ridotto a un balbettio incoerente. Si afflosciò, in preda ai tremiti, appena Rider lo lasciò. “Chiunque siano i nostri avversari, dicono il vero.”

Gli eroi si scambiarono un’occhiata greve. Non c’era molto da fare, in merito, per ora.

 

Pochi istanti dopo, il gruppo si trovava in mezzo al deserto, teleportatovi da Karshe. E Black Marvel era con loro.

“Così vicini...” disse Twister. Finalmente, almeno, poté estrarre una sigaretta dalla giacca e fumarsela in pace. “Almeno, sappiamo chi sono l’assassino e i mandanti...E a proposito di sapere, qual’è il vostro ruolo in ‘sta faccenda?”

Black Marvel storse il naso alla nuvola soffiatagli in faccia. “Sono stato sulle vostre tracce[6] fin da quando siete arrivati qui, per le stesse ragioni che hanno spinto me. Non vi ho lasciato un solo giorno, sperando di essere condotto nella base nemica.”

“Sei imparentato con quel Black Marvel che...” fece Victoria, e lui annuì.

“Sono suo figlio. Mio padre era un eroe, ma durante una missione...scelse di fare un patto con Mefisto, per potercela fare. Ora è morto, e io voglio riscattarlo. Vendicare Red Wolf mi sembrava un buon punto per iniziare. Era un eroe molto stimato anche fra i Piedi Neri, la mia tribù.”

“La cosa più importante è,” disse Karshe, “è vostro desiderio restare uniti, come eredi degli originali Rangers, per assicurare la sconfitta finale di questo nemico e per il restauro del sogno indiano?”

Un silenzio perplesso accolse l’ultima frase. A quel punto, il possente mannaro sospirò, e levò la staffa al cielo, verso il Sole. E il risultato fu a dir poco spettacolare!

Il Sole sembrò esplodere in schegge di ogni colore dello spettro, un oceano color arcobaleno che riempì il cielo in onde d’aurora.

E nell’aurora, le schegge presero forme precise. Le forme dei Cheemuzwa, la Tribù Nascosta. E in mezzo a loro, solenne, stava lo spirito di Karshe, un lupo il cui corpo era segnato dalle sette stelle delle Pleiadi. “Sappiamo cosa ti spinge a convocarci, discepolo,” disse il lupo.

“Non è nostro desiderio imporci sul vostro arbitrio,” disse un indiano-spettro, la voce tonante e placida, saggia. “Ma ora più che mai il sogno indiano ha bisogno di nobili campioni. Non sappiamo se e quando i Grandi Spiriti torneranno nei loro mondi. Fino ad allora, è della massima importanza che le maligne forze legate all’Uomo Bianco non prevalgano. La pace deve essere mantenuta.”

“Karshe,” disse il lupo, “sarà comunque il nostro campione, perché per tale scopo è stato allevato e forgiato. Ma da solo sarà sempre meno efficiente che in branco. E voi, eredi dei Rangers, latori della memoria dell’Owayodata vivente, siete i migliori candidati al ruolo di difensori del Popolo Originale. La scelta è vostra.”

Pronunciate queste parole, le entità svanirono, implodendo nel Sole così come da esso erano venute.

La sigaretta restò a penzolare dalla bocca semiaperta in idiotico stupore di Twister. “Ci possiamo pensare, vero?”

 

Episodio 5 - Risoluzioni

 

Un rimedio popolare al logorio della vita moderna richiede che, quando proprio senti di essere prossimo al punto del non ritorno, tu ti sieda, prenda un foglio di carta e una penna. A questo punto, fai un bel respiro, e riordina le idee sulla carta vergine. Decidi quali sono le cose importanti, e usa l’elenco che ne scaturisce quale lista di priorità.

Facile fin qui, no?

Aggiungi adesso un altro elemento –per esempio, il fatto che sei un super-essere.

E il ‘facile’ te lo puoi scordare.

 

ü      Città di Phoenix, Arizona. Un’organizzazione criminale (?) sconosciuta, sotterranea (letteralmente), ha ‘nidificato’ sotto la città. Non si sa chi siano, ne’ quali siano le loro intenzioni. Ostili, sicuramente, visto che per garantirsi il segreto hanno fatto uccidere Red Wolf, l’eroe Cheyenne, e il suo compagno Lobo. Il loro esecutore è stato Spymaster, che adesso è ridotto a un vegetale (sempre una punizione troppo gentile, a mio avviso). PROBLEMA: ci sono forti possibilità che nella città sia nascosta una bomba a fusione termonucleare. I ‘tizi’ del Nido (così chiamano il loro piccolo regno) sono disposti a distruggere casa e città insieme, se si vedessero costretti all’angolo.

ü      Quintessenza. Una qualche lotta fra Dei ha costretto gli Spiriti Amerindiani a ‘devolversi’ in uno stadio di pura energia, privo di personalità, per sfuggire all’aggressore del loro regno. La Quintessenza dei Grandi Spiriti adesso è in mano a uno stregone pazzo, un tale Jack Lanterna (e sì, ha proprio una testa di zucca ghignante). Le sue intenzioni, sono di crearsi un pantheon di anime vendicative, e gettare il mondo nel caos. PROBLEMA: non sappiamo dov’è, neanche un indizio.

ü      Anime di Red Wolf e Lobo. Possono essere in due posti soltanto, ed entrambi molto spiacevoli. O all’Inferno, nelle mani di Mefisto, se sono stati uccisi prima della teomachia. O intrappolati nella Valle delle Lacrime, se sono morti dopo. Del primo regno, si può immaginare tutto quello che c’è di male e ancora non basterebbe. Del secondo, non si sa nulla, ne’ di esso ne’ del suo sovrano, il Re del Dolore. Tranne che sembra un pezzo da 90. PROBLEMA: nessuno di noi ha esperienza in viaggi extradimensionali o di combattimento in simili posti.

ü      Eredità dei Rangers. Almeno, quelli originali. Un gruppo di semidei, i Cheemuzwa, o la Tribù Nascosta, ha deciso che noi rappresentiamo una nuova speranza per le popolazioni Amerindiane e il loro ‘sogno’, qualunque esso sia. Non ci hanno ‘ordinato’ niente, beninteso, anzi...Ma è come se lo avessero fatto, le vecchie volpi! Come potremmo voltare le spalle alla memoria di Wolfie? PROBLEMA: fare filare un gruppo di 7 ‘super’ senza o con minima esperienza di gruppo.

ü      E non ce ne viene in tasca un centesimo.

 

Mica male, come inizio, nevvero?

 

“Per cominciare, hai dimenticato di inserire un nostro QG,” disse Shooting Star, esaminando l’elenco redatto dal suo compagno.

I nuovi Rangers sedevano in cerchio sul nudo suolo desertico, sotto un sole assassino. Per gli indiani del gruppo –Puma, Black Marvel, Aquila Americana- non sembrava essere un problema; così come per il misterioso lupo mannaro, Karshe, orpellato come uno sciamano e abbastanza robusto da sedere sui cactus se gli girava. Sotto la sua maschera, Phantom Rider era come al solito impenetrabile.

Ma di sicuro Texas Twister si sentiva come se fosse stato impalato da Vlad Dracul in persona! Come faceva la sua donna a reggere quel supplizio, era al di là delle sue possibilità. Twister si arricciò un baffo rosso. “Be’, pensavo che Kitty qui potesse finanziarcene uno. I soldi non sono certo un problema per...”

“Preferirei evitare di coinvolgere apertamente la Fireheart Enterprises,” disse Puma, scuotendo le orecchie feline. “Non posso permettere che si stabilisca un nesso fra di essa e me.”

Twister fece una smorfia. “Alla faccia del disinteressato! Scommetto che basta minacciarti il portafoglio azionario per fartela svignare con la coda -erk!-“

Una mano artigliata lo afferrò per la gola, trascinandogli il volto a 1mm da un muso ringhiante, il fiato rovente quasi strinargli i baffi. “Se te lo risento dire, ometto, non dovrai più preoccuparti di alcun altro nemico che me, chiaro?”

Puma scaraventò Twister a terra come un sacco. “Abbiamo una vita, al di fuori della nostra attività di Rangers. I nemici che non hanno esitato ad uccidere Red Wolf non esisterebbero a colpire i nostri amici. E la Fireheart Enterprises non sarebbe di alcuna utilità, se attraverso di noi arrivassero ad essa. Chiaro?”

Twister si rimise seduto. Ebbe voglia di chiedergli chi potesse essergli amico, ma se ne trattenne bene.

“Immagino che Star intendesse proporre una soluzione lei stessa, giusto?” chiese Aquila Americana, guardando la donna.

Lei annuì. “Mio padre, il mio vero padre era un criminale, un agente dell’AIM, con il nome di Fotone. E’ stato lui a lasciarmi le armi che mi vedete addosso...insieme ad una proprietà nel Messico nord-orientale, al confine con gli USA. Quanto ai soldi, sono sempre la figlia legale di Remington Star, e non credo che ci negherà una copertura economica.”

Il grande guerriero Navajo annuì, prima di rivolgersi a Puma. “La FE può fornire dei mezzi di trasporto?”

“I veicoli non saranno un problema.”

“E la logistica è sistemata. Adesso, bisogna capire come difendere i nostri cari. Star, la tua identità è pubblicamente nota. In un modo o nell’altro, bisogna garantire una protezione a tuo padre. Lo stesso vale per le tribù mia, di Black Marvel e di Puma. Twister, Raider, Karshe?”

Il texano fece spallucce. “I miei sono belli che morti da un pezzo, e l’unica persona a me veramente cara è Victoria.”

Phantom Rider scosse la testa. “Anche i miei genitori sono deceduti, e non sono impegnato con nessuno. Sì, temo per i miei amici e colleghi, ma i miei nemici avranno molto più da temere da me, se osassero intraprendere simili azioni di vigliaccheria.”

Il mannaro annuì, la voce profonda e solenne. “Non importa cosa possa avere in serbo il destino per me o per coloro che amo. Ho scelto il sentiero di custode del sogno indiano sapendo dei rischi, rischi conosciuti ed accettati anche dal mio alter-ego.”

Black Marvel sembrava...imbarazzato. “Ho detto che quella dei Piedi Neri è la mia tribù...ma non è propriamente esatto.

“Mio padre divenne Black Marvel dopo avere superato una serie di prove volte a selezionare il migliore guerriero. E se non fosse per questa...” Si sfiorò l’armatura, che sembrava una parte integrante del costume, “non sarei degno neppure di presentarmi alla tomba di mio padre. Gli anziani della tribù non possono accettare che la tecnologia inquini la memoria del loro eroe...”

Karshe, che sedeva al suo fianco, gli mise una mano sulla spalla. “I Cheemuzwa si fidano di te, e tanto deve bastare a qualificarti come degno erede. Gli uomini, si sa, anche nel Popolo Originale, commettono errori.”

“Per quanto mi riguarda,” disse Puma, “la mia posizione la conoscete. Senza contare che la FE devolve numerose risorse ai popoli indiani.”

Aquila Americana rimase per ultimo. “Non mi tirerò indietro. Ma Puma ha ragione: alcuni di noi devono comunque vivere la nostra vita privata, e io devo difendere la mia gente. Karshe, sei un mistico, puoi..?”

“Posso radunarvi per mezzo della magia della terra in qualunque momento.”

“E questo risolve le nostre preoccupazioni più immediate. Adesso,” Aquila prese il blocchetto degli appunti di Twister, “direi di scegliere il primo di questi obiettivi, e dedicarci ad esso con tutte le nostre forze. Credo che Phoenix debba essere il primo. Se supereremo questa prova con successo, anche l’ultimo punto, cioè il collaudo dei Rangers come gruppo sarà risolto.”

Si alzarono in piedi. Puma disse, “Incaricherò i miei agenti di indagare sulla possibile locazione della bomba. Un simile ordigno non può essere nascosto in una valigia. Se hanno avuto dei sospetti con Aquila tali da mandargli contro un sicario come el Gato, vuol dire che dispongono di scansori capaci di individuare i metaumani.”

Rider guardò verso la città. “Allora in prima linea ci sarò io. La mia identità è segreta, e come Hamilton Slade sono un semplice umano.”

“E io resterò con te,” disse Karshe. “La mia forma umana è altrettanto ‘innocua’ alle macchine.”

Nessuno disse altro. Sette braccia si unirono a stella in un unico pugno, solennemente. Sette paia di occhi si scambiarono sguardi senza esitazione.

I nuovi Rangers erano nati, e Dio aiutasse chi si sarebbe messo contro di loro.

 

Il Sole era tramontato, e nel cielo crepuscolare la Luna appena entrata nella sua fase calante era un fantasma venato di nuvole.

Il jet stealth raggiunse la propria destinazione: un villaggio fantasma, in mezzo a una landa desolata come la Luna e circondata dalle rocce. La sola forma di vita degna di tale definizione erano i radi cespugli irti di spine. Se mai un simile luogo aveva avuto dell’acqua, essa si era persa nelle nebbie della storia.

Il jet atterrò nel mezzo della locale main street, fra due ali di rovine. L’aria spostata dall’apparecchio demolì lo scheletro marcito di un edificio a due piani, che declamò la propria fine con una fitta nuvola di polvere.

Lo sportello si aprì, e ne scesero Texas Twister, Shooting Star e Black Marvel,”

 

“Secondo la mappa, ci siamo,” disse Star, scuotendo la testa. “Chilada, New Mexico. Un bel posto dove vivere. Popolazione, 7 matti.”

Ovunque voltassero lo sguardo, venivano ricambiati solo da occhiate di finestre vuote.

Twister si diede un colpo alla tesa del cappello. “Sembra la località di vacanze degli Addams. Tuo padre aveva strani gusti in fatto di immobili, baby. L’AIM si tratta un po’ meglio di così.”

“Proprio per questo, dovresti misurare le parole, Drew. Una cosa l’hanno in comune, lo SHIELD e l’AIM: ottime coperture. Questo posto è stato abbandonato da secoli, e gli unici ‘abitanti’ occasionali sono stati i clandestini messicani. L’AIM ha pagato i burocrati giusti, e nessuna retata ha disturbato gli ‘affari’ locali. Scommetto che avrei ricevuto questo ‘regalo’ anche se fosse stato vivo. Marvel, è necessario che...Ma..?”

L’eroe in nero era scomparso, volatilizzato!

“Spero che non sia scappato per la fifa,” disse Twister. “Mi sembrava alquanto giovane, per ‘sto lavoro.”

Lei gli diede un pugno sul braccio. “Andiamo alla nostra nuova ‘casa’, piuttosto.” Indicò la cima della collina, dove si stagliava un imponente maniero, che sotto la luna nascente era un’ombra inquietante…

 

…E da vicino, non era certo meglio! Solida, era solida, anche da vicino. Ma le sue linee, il suo stile, i colori…tutto suggeriva la classica ‘casa infestata’ di decine di film horror di serie B. E i refoli gelidi del deserto non aiutavano di certo!

“Non posso dire che la fattoria di mio padre sia altrettanto grande, e si parla di Texas,” disse Daniels, “ma almeno è più allegra. Baby…”

Lei sospirò. “Lasciamo perdere, Drew. Non voglio usare la sua roba per redimerlo, ma per redimere me. E lo farò, che ti piaccia o no.” Mise la mano sul pomolo.

La porta si aprì, bene squadrata e su cardini bene oliati. Il buio fitto era rotto da lame di luce lunare attraverso le finestre.

Star, istintivamente, portò una mano guantata là dove ti aspetti di trovare l’interruttore. Lo trovò. Accese.

Socchiusero gli occhi più per la sorpresa che per la luce in sé, che riempì prepotente la grande sala.

Twister fischiò la sua ammirazione. “Se qui ci sono i fantasmi, metterò un divieto d’ingresso agli esorcisti.”

Era perfetto. Il pavimento di marmo arabescato, tirato a specchio, non sembrava avere mai visto la polvere. Gli ottoni sembravano d’oro, e un tappeto rosso d’apparenza vaporosa copriva la scala centrale che portava al piano superiore. La luce veniva dal lampadario di cristallo più lucido e luminescente che si potesse immaginare. Le finestre quasi erano invisibili, i legni dotati di riflessi metallici.

La casa era un invito ad entrare, eppure fu con grande trepidazione che i nostri misero piede oltre la soglia. Si aveva la precisa impressione di stare violando un tempio sacro. Si aspettavano che da un momento all’altro, venisse fuori una robusta matrona armata di secchio, strofinaccio ed ogni intenzione di suonarle a questi intrusi.

Ma la casa rimase in silenzio. I loro passi echeggiavano appena.

Victoria osservò le due file di quadri che correvano ai lati della scala. Uomini e donne, vestiti con stili di epoche che dovevano risalire fino ai tempi delle neonate frontiere del West. Un quadro in particolare attirò la sua attenzione: un ritratto a olio di un uomo, un militare della Guerra di Secessione. L’uomo aveva, come si conveniva, uno sguardo severo, capelli prematuramente bianchi e folti baffoni. La sua uniforme era grigia, con i gradi Colonnello. In basso, un’etichetta di bronzo diceva ‘Col. Marvin Dean-Kincaid’. E basta. “Era un mio antenato.”

Twister sollevò un sopracciglio. Star annuì. “Assomiglia così tanto a papà Jason…Scommetto che c’è l’intero albero genealogico, qui.”

“Direi di occuparcene dopo, baby. Separiamoci e vediamo di scoprire qualcosa.”

“Non sarà necessario, Sig. Daniels,” disse una voce quieta, maschile…dal nulla. Poi, la luce esplose, abbagliandoli.

 

Pensate a una riserva indiana, e la prima cosa che la mente visualizzerà è un arcaico villaggio di teepee, o roulotte malmesse, le gomme da tempo diventate inutili, tetti per famiglie di anziani o disadattati pieni di giustificato rancore. In simili posti, la speranza in un migliore futuro giace nella fuga, nell’alcool, nella droga, o nella perdita della propria identità al servizio dei bianchi…

Il villaggio di Running Waters, nella riserva Navajo, era l’eccezione che confermava la regola: un piccolo agglomerato, vero, ma uno dei pochi che potesse vantare ogni possibile comfort moderno. Una fortuna generata con l’aiuto della terra –letteralmente, in virtù della miniera di uranio aperta qualche anno prima.

Non era stata una decisione facile: i nativi sapevano del metallo radioattivo da generazioni, ed era rimasto un segreto ben custodito, nascosto nella sacra montagna che incombeva sul villaggio…fino a quando i bianchi, il supercriminale Klaw in testa, non avevano deciso di impossessarsi di quella preziosa risorsa ad ogni costo.

La tribù, Jason Strongbow in testa, si era ribellata, ma invano. Jason aveva sfiorato la morte, sepolto vivo nella miniera, anche a causa del suo stesso fratello. Ma da quell’ordalia, Jason era rinato come Aquila Americana. E, da allora, difendere la propria gente, era diventata la cosa più importante.

 

Per tale ragione, ora, Jason non riusciva ad accettare quanto gli avevano appena detto.

In qualche modo, gli abiti civili esaltavano ulteriormente la sua imponente figura, e anche da seduto a un’estremità del tavolo, dava l’impressione di essere Gulliver in mezzo ai Lillipuziani.

Gli altri membri della famiglia Strongbow ricambiavano il suo sguardo severo senza vacillare. Il più anziano di loro, un uomo di 60 anni, sospirò e disse, “Jason, i tuoi nuovi doveri non possono essere vincolati a una sola tribù. Il destino e Wakan Tanka ti hanno investito di un ruolo speciale, di una responsabilità che trascendere i propri voleri. Come Red Wolf, ora, la tua volontà è soggetta a una forza più grande di te.”

Un giovane che non avrà potuto avere più di 25 anni annuì. “Sei parte della famiglia, Jason. Tu e i tuoi compagni sarete i benvenuti, sempre. E il tuo aiuto in tempo di bisogno sarà più che apprezzato: ma non sei una nostra proprietà, e noi non siamo bambini indifesi.”

L’anziano riprese la parola. “I bianchi capiscono bene il linguaggio del denaro, e noi ne abbiamo abbastanza da avere influenza, nel contorto mondo della loro politica.”

Jason si alzò in piedi. Si diresse alla finestra panoramica che dava sulla montagna sacra; alla sua base, la miniera era un brulicare ordinato di operai e robot. Non era felice di quella profanazione, ma gli Spiriti non si erano opposti, e tanto doveva bastare…Senza contare che la ferita era invero piccola, pulita, invece della voragine a cielo aperto prospettata dai bianchi.

I bianchi! Suo zio aveva ragione: non avrebbero smesso di attentare al suo popolo, se non si fosse accettato l’aiuto della Talon Corporation, che per una percentuale sul minerale, offriva tecnologie ‘pulite’ di estrazione. La multinazionale aveva accettato ogni vincolo imposto dalla nazione indiana, e questo avrebbe dovuto essere rassicurante…

La verità, era che stava temporeggiando, e lo sapeva. Jason si voltò, a guardare il cerchio dei suoi parenti. Si chiese se li avrebbe rivisti insieme, vivi, la prossima volta che avesse fatto loro visita…

 

La luce si dissipò in fretta com’era apparsa. Al suo posto, al centro della sala, stava un uomo.

La figura vestiva un completo grigio, elegante, che accentuava in qualche modo l’aspetto ‘da professore’ conferito dai larghi occhiali a montatura quadrata e un ordinato taglio dei capelli ingrigiti e brizzolati.

Shooting Star si morse un labbro, prima di avere il coraggio di pronunciarlo, “Papà..?”

L’espressione mesta di Jason Dean si illuminò. “Sei bella come tua madre, Victoria. E sono felice di vedere che almeno la mia unica figlia non sia finita sulla strada sbagliata.”

Victoria si avvicinò all’uomo…e, velocissima, gli mollò un ceffone di quelli che rompono i denti.

Immaginate, quindi, la sua comica sorpresa, non appena la mano, il braccio e poi l’intero corpo di lei, trascinato dall’inerzia, attraversarono l’uomo. Lei rovinò a terra, mescolata all’ologramma che, per conto proprio, scuoteva la testa in disapprovazione.

“Di lei, vedo che hai preso proprio tutto, figliola. Credevi veramente che potessi averti mentito sulla mia morte?”

Lei si alzò. “Con uno sgherro dell’AIM, non si può mai sapere, non credi?”

“Touché. Spero di potermi redimere ai tuoi occhi, almeno in questo nuovo stato.”

“…”

L’ologramma sospirò. “Ho fatto inserire la mia personalità, le mie memorie –tutto di me fa parte di un mainframe ottico che usa la luce per lo stoccaggio delle informazioni. Il mio ultimo capolavoro finanziato dall’AIM. Ho distrutto tutti i progetti, ad eccezione di quanto contenuto nel mainframe stesso.

“La villa è interamente automatizzata, un cuore tecnologico dietro il velo di antico. Come scoprirai, ho fatto in modo da non farti mancare niente, qualunque cosa tu voglia fare.”

“E dove sarebbe il trucco?” chiese Twister, avvicinandosi, cercando di mascherare con la diffidenza l’ammirazione per il deceduto genio –se era veramente lui, la mente dietro a un hardware basato sulla luce, allora era giunto dove pochissimi potevano vantare.

“Ho a cuore l’interesse della mia bambina, Daniels. Ti conviene crederci.”

Un passo avanti. “E’ una minaccia, fantasma a 38 bit?”

“Smettetela! Tutti. E. Due!”

Uomo e olo si voltarono a guardare Victoria, che faticava a mantenere il controllo. “Drew, abbiamo abbastanza di cui preoccuparci per giocare a fare i macho con una memoria elettronica. Papà, ti consiglio di starmi alla larga quanto più a lungo possibile, chiaro?”

“Felice di obbedire, figliola,” disse quello, e scomparve in uno scintillio.

I due eroi si guardarono a lungo. Lei, senza perdere una grinza della feroce espressione che stava mostrando a un uomo che se la stava ridendo visibilmente sotto i baffi, sibilò, “Non. Una. Parola.”

 

La mano era talmente incartapecorita, le dita deformate dall’artrosi al punto da sembrare artigli, che la si sarebbe detta appartenere a un morto.

La sua proprietaria, invece, era una donna il cui spirito, a differenza del corpo, non era stato intaccato dal tempo. I suoi placidi occhi grigi fissavano le fiamme azzurre, mentre la mano che le aveva alimentate continuava a danzare segni sconosciuti a chiunque non fosse versato da generazioni nell’arte degli sciamani.

Tayka Alakta era una delle poche donne che fossero riuscite ad ascendere a un ruolo, insieme a quello del guerriero, tradizionalmente dei maschi. Le sole che conoscesse erano state le sue antenate da sua madre in su.

Per tale ragione, la sua voce era molto rispettata nella misteriosa tribù che per oltre un millennio aveva portato avanti il programma genetico il cui frutto sedeva ora dall’altro lato del falò.

Il fuoco tornò del suo naturale colore rosso, e la donna sospirò, scuotendo la testa. “Ci vorrà tempo, Puma. Il profanatore della Quintessenza sa nascondersi molto bene.”

Il fuoco trasformava la pelliccia del guerriero in un manto di rame incandescente, e il tono basso sembrava fondersi con le fiamme. “Se c’è una persona che può trovare Jack Lanterna, quella sei tu. Senza il potere degli Spiriti, liberare Red Wolf dal tormento sarà impossibile.”

La donna sorrise a labbra chiuse. “Sei un cucciolo, Puma, ed è per questo che non ti ho neppure redarguito per avermi svegliata in questa gelida ora. I Nove Mondi stessi sono in pericolo, senza i Grandi Spiriti; Manitù si è sacrificato contro il Dio straniero, e il tuo fragile amico mortale occupa le preoccupazioni del tuo cuore...” Nel vedere le orecchie di Puma farsi rosse, la donna fece per alzarsi, prontamente sostenuta dal guerriero. “Ahh, lascia stare, giovane pazzo: torna piuttosto dai tuoi compagni, e fai quello che devi. E Non osare mettermi fretta, sai?”

 

Palazzo del 10° Distretto di Polizia, Creek Street, Phoenix, Arizona.

 

Fra le varie qualità che Jack Ironhoof potesse vantare, l’essere un ‘workaholic’, un drogato del lavoro, era decisamente la più appariscente. Trovare accesa la luce nel suo ufficio a tarda ora era una certezza quasi paragonabile a una costante cosmica.

 

Di solito, per lui, un omicidio era una sfida alla sua intelligenza e alla sua tenacia: prendere l’assassino era quasi un piacere, il risultato di un elaborato rito di caccia.

E nella caccia, l’uso di informatori era paragonabile alla cerca di indizi sul suolo più arido. Saperli scegliere, non farsi sviare, era un talento che Jack vantava possedere innato.

Il casino, adesso, era decidere se i due super-esseri, il Phantom Rider e un lupo mannaro, piombati nel suo ufficio senza preavviso potevano essere ‘tracce’ valide, o la deviazione verso i sentieri della follia!

 

Episodio 6 - Ground Zero

 

10mo distretto di Polizia, Phoenix, Arizona. Ufficio Squadra Omicidi.

 

“Rapporto redatto dal Detective Jack Ironhoof, col consenso delle parti presenti, da inviare in copia alla Procura Distrettuale, al Dipartimento di Difesa e l’FBSA (Federal Bureau for Superhuman Affairs).

“Pochi istanti fa, sono stato contattato in questo ufficio da due super-esseri qualificatisi come Phantom Rider e Karshe –il primo essendo un super-eroe già membro dei Rangers, un gruppo per breve tempo operante nel sud-ovest degli USA. Il secondo è evidentemente un lupo mannaro, vestito e dipinto come uno sciamano-guerriero della leggendaria tribù perduta dei Cheemuzwa. Entrambi affermano di appartenere, insieme con altri cinque metaumani, ad una nuova formazione dei Rangers...”

 

Jack Ironhoof depose il registratore sul tavolo. “Allora, la ragione che vi spinge qui?”

Phantom Rider rispose per primo. “E’ iniziato con la morte di Red Wolf, per opera di ignoti, presunti terroristi[i]. Pur non avendo scoperto la loro reale identità, ora sappiamo che si tratta di un’organizzazione che ha predisposto una propria base segreta sotto la città[ii]. Sappiamo che i cantieri gestiti dalla Foley Real Estate and Construction sono una copertura per le loro attività, di qualunque cosa essa si tratti.”

Fece una pausa, lasciando che il Detective assorbisse con calma quelle nozioni –le quali, a questo punto, non facevano che confermare alcuni sospetti.

L’esplosione che aveva sventrato il palazzo dove abitavano gli indiani che lavoravano nei vari cantieri per la ricostruzione a seguito della Guerra dei Mondi era partita proprio dall’appartamento del Cheyenne che a questo punto doveva essere l’eroe.

La fulminea emersione della FRE&C sul mercato immobiliare da piccola agenzia a magnate della ricostruzione. Non lo riesci ad ottenere, oggidì, non senza una mostruosa iniezione di denaro troppo spesso di dubbia provenienza.

La morte dello stesso Foley, apparentemente un suicidio. Avevano trovato il suo corpo impalato sulla grata del cancello poche ore prima. Il tradizionale biglietto nella tasca dei pantaloni spiegava i perché di un suicidio apparentemente motivato da questioni di ricatto e usurai. Sicuro, quello spiegava la fortuna di Foley ed il suicidio stesso (le impronte sul biglietto erano quelle di Foley). Ma Jack era convinto che qualcosa non andasse. Ne aveva viste abbastanza, nella sua vita, da non credere per prima cosa proprio a queste morti confezionate e servite!

Jack annuì. “Continuate.”

Fu Karshe, a riprendere, con una voce sorprendentemente modulata e profonda, piuttosto che il tono cavernoso e ferale che il mezzo indiano si aspettava. “La misteriosa organizzazione parla della propria base come ‘il Nido’. È di tale importanza, per loro, da avere disposto un ordigno nucleare a Phoenix, nel caso si sentissero minacciati o fossero scoperti. Non conosciamo la natura dell’ordigno o la sua locazione, per questo abbiamo bisogno della sua collaborazione.

“Nessuna autorità può essere coinvolta a questo stadio. La polizia non ha i mezzi per controllare sistematicamente ogni centimetro quadrato di Phoenix. Noi abbiamo una possibilità di farcela, se ce ne lascia il tempo. Senza interferenze.”

Jack andò al distributore dell’acqua in un angolo. Riempiendo il bicchiere, gli venne da ridacchiare, pensando che simili problemi si presentavano in città come New York o Los Angeles...No, non nell’assolata ma basicamente tranquilla Phoenix!

Il suo buon senso gli diceva di chiamare immediatamente le autorità competenti e lasciare che fossero loro a risolvere la cosa... “Una settimana. Non di più, con le politiche imminenti.

“La campagna è andata a puttane, con questa maledetta guerra: nessun politico osa presentarsi con promesse di legge e ordine, non quando la gente guarda il cielo e si chiede quale politico li possa salvare dalla prossima invasione. Se si venisse a sapere che c’è addirittura una bomba nucleare in città, l’industria locale e turistica collasserebbero definitivamente. Senza contare le ripercussioni sociali: i bianchi salterebbero sul carro del fanatismo, associando gli indiani ai terroristi musulmani...” sospirò. Gli sembrava di avere dipinto un quadro sufficiente. “Se non riuscite entro questo termine, chiederò l’intervento dei Vendicatori.”

I due annuirono. Karshe levò la staffa, e in un bagliore di luce stellare azzurra, gli eroi sparirono.

Naturalmente, la vera ragione per cui Jack Ironhoof aveva dato quel termine era per dare la possibilità ai Rangers di prendere una volta per tutte i bastardi che avevano ucciso Red Wolf e onorarne la memoria dimostrandosi degni di ereditarne i gravosi compiti...

 

Chilada, New Mexico.

 

C’era qualche vantaggio spicciolo, ad essere un ‘super’ –o anche, semplicemente, ad essere un semplice umano ma allenato per la serie A.

Quando la luce del giorno illuminò il villaggio alla frontiera fra gli USA e il Messico, il gruppo dei Rangers era seduto al tavolo della sala da pranzo, ognuno intento alla sua parte di colazione e speculazioni. Il sonno avrebbe potuto aspettare un’altra notte.

“Le informazioni contenute nel computer che regola questa casa,” disse Texas Twister, “sono qualcosa di impressionante: ci sono almeno una dozzina di modelli di bomba termonucleare tascabile, il più piccolo grande poco meno di una valigetta.”

“Abbiamo pensato,” aggiunse Shooting Star, sorbendosi una tazza-magnum di caffè talmente forte che avresti potuto farci a pugni, “che una ricerca al setaccio sia poco praticabile. Tu e Karshe, con i vostri sensi e capacità percettive potreste trovare l’ordigno senza dare nell’occhio.”

Puma, intento su un panino grosso come il suo braccio, inghiottì il boccone e rispose, “Ci potrei anche riuscire...se sapessi che odore ha, una valigetta per bombe nucleari.”

Karshe depositò sul tavolo la propria ciotola di latte (nessuno osò chiedere cosa fosse la roba rossa che vi era mescolata!) e disse, “Il guaio con quel tipo di arma, è che diventa pericolosa solo nel momento in cui esplode. Fino ad allora, non è che un congegno ad alta tecnologia. Potrei cercare i suoi componenti radioattivi, ma se fosse nascosta in un ospedale o un qualunque altro istituto che fa uso di simili materiali, sarebbe solo un buco nell’acqua...”

“Allora concentrati, per ora, solo sui luoghi dove non può trovarsi,” ribatté lei.

“Calma un po’, voi due,” intervenne Aquila Americana. “Se vogliamo risolvere la cosa, credo che dobbiamo metterci a pensare come il nemico.” Ottenuta l’attenzione generale, il capo Navajo continuò, “Nucleare o no, una bomba resta un’arma, e neanche loro possono permettersi di sprecarne gli effetti. Se il loro terrore è di essere scoperti, allora la faranno detonare con la certezza che del loro ‘Nido’ non resti traccia –o che nessuno si preoccupi di cercarne traccia. Devono assicurarsi che l’intera Phoenix diventi un cumulo radioattivo per secoli.”

“Ha senso,” disse Hamilton Slade, la maschera da Rider calata. “Perciò, basterà studiare gli effetti del più potente degli ordigni detonato entro una determinata area, per restringere il campo di ricerca.”

Victoria annuì, e si rivolse all’aria. “Papà..?”

Ci fu un sobbalzo generale, appena, accanto al tavolo, nel suo impeccabile camice bianco da ricercatore, apparve Jason Dean, il padre genetico di Victoria. “Buon giorno, bambina. Signori.”

“’Bambina’..?” fece Slade. Twister ridacchiò sotto i baffi.

L’ologramma continuò, implacabile come un corvo buono. “Noto che non hai dormito...di nuovo. Credi a me, una buona notte di sonno...”

“Papà, ti prego. Dobbiamo piuttosto presentarti una serie di richieste...”

“...relative a un’efficace detonazione termonucleare contro la città di Phoenix. Non sono mica sordo, figliola.”

“Stavi ascoltando?”

Lui sembrò offeso. “I miei scansori sono permanentemente attivi. Se volete che smetta di ascoltare in un determinato ambiente, dovete dirlo specificamente. Dunque, per tornare a bomba –nessun gioco di parole inteso- il problema che si presenta è che nessun ordigno tascabile sembra fare al caso vostro. Nessun ordigno di tecnologia terrestre, almeno. Potete spostare quei piatti al centro, per favore?”

Una volta liberato lo spazio, una mappa di Phoenix vi apparve. Un puntino intermittente si avvicinava alla città dall’alto...

Improvvisamente, il puntino divenne una colossale sfera di fuoco! In pochi secondi, la sfera divenne l’immenso fungo nucleare. Il gruppo osservò con la gola secca il mostro crescere, elevarsi, per poi dissolversi lentamente nel non meno letale fallout...

I dati parlavano chiaro. Nonostante la terribile detonazione, nonostante i milioni di morti elencati, la ricostruzione orrendamente dettagliata del panorama di rovine,

la percentuale di distruzione aveva raggiunto solo il 70%!

“E stiamo parlando di una bomba H aerotrasportata da un’unita ICBM,” disse Dean. “La rotta e il punto di esplosione sono stati calcolati in base a un database di guerra totale dell’esercito degli Stati Uniti. La percentuale danni non include eventuali rifugi sotterranei e adeguatamente corazzati.”

Sentirglielo dire con un simile distacco (era solo una personalità ricostruita in un mainframe ottico, in fondo) non faceva che accentuare il senso di impotenza.

“Quanto...deve essere più...grande, per...” fece Twister, incapace di immaginare un ordigno ancora più terribile!

“Con la tecnologia terrestre, per potere anche scavare un cratere sufficiente a distruggere il ‘Nido’ da voi menzionato, ammettendo che questo si trovi a 100 metri di profondità...Ecco.”

Il modello era un mostro da fare impallidire qualunque ICBM. Non c’era dubbio: un’arma del genere la si sarebbe vista!

Improvvisamente, Twister ebbe come un’ispirazione. “Capo, cosa mi dici di un’esplosione innescata a Ground Zero?”

Ci volle solo un attimo. La città fu elettricamente ricostruita e nuovamente distrutta, ma questa volta l’esplosione partiva dal cuore di Phoenix...

I calcoli furono rifatti, e fu visualizzato l’ordigno necessario...

“Per il Grande Spirito,” fece Aquila Americana, sudando freddo.

L’ordigno aveva le dimensioni di un edificio di cinque piani...

“E se la massa critica fosse raggiunta non con un singolo ordigno, ma dall’unione delle energie di più ordigni?” chiese Puma.

Pochi secondi, e la risposta –nonché l’ultimo tassello al coinvolgimento di Foley.

Quattro fabbricati di due piani ognuno, disposti a quadrato, nel centro geometrico dell’esplosione.

“Includi le aree in fase di ricostruzione, e sovrapponile a questa simulazione” disse Twister, naturalmente avendo già capito,

che i palazzi gestiti dalla FRE&C erano situati esattamente dove dovevano trovarsi le componenti dell’ordigno!

Puma annuì. “Sono in gamba, bisogna concederglielo. Quei palazzi dispongono di scansori adeguati a rivelarci prima che ci si possa entrare, e nessuna forza di attacco potrebbe essere abbastanza sottile da entrare, trovare l’innesco e disattivarlo in tempo.”

“Senza contare i loro paranormali,” aggiunse Slade. “Con quelli di guardia, possono trattenere qualunque intruso abbastanza a lungo da permettere l’innesco.”

Il mutismo di disperazione si prolungò per un minuto pieno, prima che Dean intervenisse. “Per quanto ingegnoso, questo ordigno un punto debole ce l’ha, a dire il vero.

“Una bomba nucleare, quale che sia la forma o dimensioni, la immaginiamo come un qualcosa di inattaccabile, disattivabile solo con complicate combinazioni e codici...Si tende a dimenticare, invece, che si tratta di un meccanismo estremamente delicato. Pochi danni possono, alla peggio, trasformarla in un grosso petardo, senza innesco nucleare.”

“Sapendo dove colpire, beninteso,” disse Twister. “Non per fare il difficile, gente, ma senza sapere come sono strutturati queste specie di ‘interruttori’, siamo al punto di...”

“A questo posso pensare io,” disse Karshe, gravemente. “Il Grande Spirito mi perdoni, ma posso usare il potere della madre terra per colpire almeno uno dei palazzi. Per distruggerlo. Non c’è altra scelta.”

Il terrore attraversò la stanza come un’onda fisica. Immagini di cronaca, ricordi indelebili infestarono all’istante i pensieri degli eroi.

Pensieri marchiati a fuoco da una data. 11 Settembre 2001. Altri palazzi distrutti, altra morte e distruzione seminata a scapito di migliaia di vite innocenti...

Il cerchio di palazzi del ‘Nido’ sorgeva in quartieri fittamente abitati. Se anche per miracolo non ci fossero stati morti, la comunità dei super-esseri sarebbe diventata oggetto del più feroce Maccartismo dai tempi della Guerra Fredda..!

E se non facevano nulla, si rendevano complici di un ricatto nucleare ai danni degli USA. La paranoia che ne sarebbe seguita nel mondo politico avrebbe fatto tornare indietro l’orologio della storia di decenni...

Scacco matto!

“Innanzi tutto, la distruzione di un interruttore non basterebbe di sicuro,” fece una voce dalla soglia.

Si voltarono tutti, pronti a combattere...

...e si trovarono di fronte un uomo in un costume nero dal mantello rosso e la cintura d’oro. Black Marvel entrò nella stanza. “Se fossi in loro, e se la loro tecnologia fosse avanzata a sufficienza, userei due coppie di bombe, in caso una venisse danneggiata.”

“Ne sai di cose, per essere scomparso la notte prima senza dire un’acca...” fece Twister “E in che modo potresti essere di aiuto?”

“Fornendovi di un utile suggerimento per liberarvi di quelle bombe senza troppi problemi...A patto che ve la sentiate di diventare i ‘cattivi’, agli occhi della legge.”

 

“Mantenere un basso profilo?” fece l’uomo di nome William Taurey, inginocchiato davanti a uno schermo-parete che mostrava un volto umano stilizzato. “Il vantaggio è nostro, padroni. Non c’è nulla che ci possa impedire di...”

Mentre parlava, il volto assumeva distorsioni caotiche. È avvenuto un fatto imprevisto, Taurey. Questo mondo è ancora una volta minacciato da forze provenienti dallo spazio esterno[iii]. Forze estremamente potenti. Non intendiamo correre il rischio che si accorgano della nostra presenza. È indispensabile per noi restare nascosti ai loro occhi, fino a quando la crisi non sarà risolta. E se valuti importante la tua esistenza, obbedirai ai nostri ordini, o la loro ira non sarà dispensata meno generosamente della nostra.

Il volto si spense.

Taurey si mise in piedi. Naturalmente, avrebbe obbedito, e mantenuto un basso profilo.

Sorrise. Non voleva dire, che non avrebbe saputo approfittarne...

 

Alle ore 14:00, il Sole splendeva in un cielo senza nuvole. La temperatura era di 37°C, con un’aria talmente secca che le occasionali brezze avrebbero potuto raschiarti via la pelle piuttosto che dare sollievo. Solo i turisti più incalliti avevano il coraggio di vagare per le strade, alla vana ricerca di un po’ di colore locale.

 

Nei cantieri, il lavoro era stato appena interrotto per la pausa pranzo, e tutti gli operai stavano consumando il pasto ben riparati, a terra.

Guardandoli, Simon Turks, il capomastro, ebbe una fitta di nostalgia dei bei tempi in cui negli stati del Sud uno schiavo lo si faceva sgobbare senza tante moine e rispetto per i sindacati...Ma se il Signor Taurey diceva che non bisognava forzare la mano, simili pensieri non gli sarebbero usciti di bocca. Del resto, era anche vero che a questo ritmo, gli uffici sarebbero stati terminati anche prima della scadenza...

L’uomo si terse la fronte, anche se in realtà c’era poco da sudare con quella maledetta aria secca. Rientrò nella propria roulotte-ufficio, già pensando ai prossimi turni –“urk!”-

Una morsa d’acciaio lo afferrò alla gola, e lo trascinò indecorosamente dentro. Nello stesso movimento, si ritrovò incollato alla parete,

da una donna. Shooting Star. “Resisti, e ti spezzo il collo,” sussurrò. “Una parola, e ti spezzo il collo. Fai il furbo e...credo tu lo abbia capito, vero? Annuisci.”

Gli occhi fuori dalle orbite, lui scosse vigorosamente la testa, più confuso che arrabbiato per l’intrusione non segnalata dell’eroina –e lei non gli avrebbe detto certo delle proprietà stealth del nuovo costume che allo stesso tempo le dava la forza di 15 uomini. Grazie di nuovo, papà!

“Ora, abbiamo bisogno di sapere se ci sono operai all’interno degli edifici. Usa la testa per rispondere.”

No-No!

“Ci sono guardie armate?”

No-No!

Con la mano libera, Star mise l’indice a cerchio sul pollice, e diede un ‘paccherino’ alla nuca di Turks, mandandolo KO. “Hai sentito tutto?” chiese all’aria...

 

Sopra il complesso a stella, seduto nella posizione del loto, Karshe annuì, una finestra ectoplasmatica aperta su quanto stava avvenendo nella roulotte. “Sì, ora lascia la tua posizione. Non perdere tempo.”

Per qualche ragione, la sicurezza era diventata meno sistematica –meglio così. Sarebbe stato più facile.

Il campione dei Cheemuzwa si concentrò. C’erano non pochi rischi, ma almeno questo piano suggerito da Black Marvel avrebbe garantito un margine di successo senza sacrificare vite innocenti...

Non aveva bisogno di comporre Parole o intonare Canti. L’energia della Madre Terra scorreva in lui continuamente, in attesa di essere forgiata dal solo pensiero...

Era un modo di agire pericoloso, molto più di quanto non lo fosse l’uso delle Parole. Una fantasia, un pensiero vagante potevano avere conseguenze estreme..!

Ma quello che ora il mistico mannaro chiedeva era semplice. Elementare.

E spettacolare!

 

Fermo!

Un momento nello spazio e nel tempo in cui tutti interruppero quello che stavano facendo. Ogni singolo essere vivente, dal ratto nelle fogne all’uomo della strada, avvertì distintamente qualcosa, quel senso di terribile aspettativa, la certezza che ti faceva drizzare i peli sul collo...Qualcosa stava per accadere!

Non furono delusi: una scossa sismica avvolse l’intera area!

 

Il panico si impossessò in fretta dei cuori! La scossa iniziò modestamente, con forza a malapena sufficiente a scuotere gli scaffali. La gente si riversò nelle strade urlando.

Poi, l’intensità iniziò a crescere!

 

Nei cantieri, l’evacuazione fu pressoché immediata. I primi piloni iniziarono a cadere, ma quando avvenne, gli operai erano fuori dalla portata dei detriti.

Il terremoto crebbe ancora. Con somma sorpresa degli operai, la sua furia si concentrò esclusivamente sui cantieri...Ma non fu di molta consolazione, per loro, quando l’istinto gridava di fuggire, alla vista degli edifici che sembravano ballonzolare su un terreno prossimo ad essere ridotto allo stato liquido!

 

All’interno del Nido, la sola cosa che contasse adesso era di sopravvivere! Le infrastrutture reggevano a stento quell’assalto. I computer si spegnevano automaticamente, le luci esplodevano...e, finalmente, la volta rinforzata stessa iniziò a scricchiolare!

 

Uno degli edifici si inclinò paurosamente, seminando una pioggia di schegge vetrose, ma tenne. Fu a quel punto, che il terremoto si fermò.

Karshe era esausto, le forze rimastegli a stento sufficienti per teleportarsi

 

...sul tetto di uno dei tre edifici rimasti in piedi. Se l’intuizione di Black Marvel era corretta, con uno degli edifici fuori allineamento, la prima delle bombe era disattivata! E il panico nel Nido doveva dare sufficiente tempo per l’intervento dall’alto.

Toccava agli altri, adesso.

 

Pochi istanti dopo, una fetta di cielo tremolò, cambiò colore e prese la forma dell’aereo-stealth di Thomas Fireheart.

Si aprì il portello laterale, e Aquila Americana saltò fuori. Al suo costume erano state aggiunte delle bande metalliche, le stesse bande che ‘decoravano’ anche braccia e gambe –si trattava di un sistema di convogliamento dell’energia solare disegnato da Jason Dean, originariamente inteso per l’AIM, e che la sua morte aveva lasciato chiuso in un cassetto.

Con quel sistema, il potere del guerriero Navajo, alimentato dalle radiazioni che scorrevano in lui, fu letteralmente amplificato di almeno 10 volte, formando un inattaccabile scudo corporeo che Dean, in rispetto al nome di battaglia, aveva programmato per apparire

come una grande, abbagliante aquila!

Il rapace di luce in picchiata sfondò il tetto dell’edificio, penetrandolo come carta! La sua discesa fu vista piano per piano dalla distruzione che si lasciò dietro.

Poi, un innaturale silenzio calò nel cantiere.

 

In mezzo al fuoco e alle macerie, Aquila Americana si alzò in piedi, aspettandosi di trovare le macerie dell’interruttore nucleare,

trovandosi, invece, a fissare niente altro che semplici rovine. E niente altro.

Possibile che si fossero sbagliati?

Poi si accorse della superficie rinforzata su cui si trovava. La superficie di una piattaforma!

Certo! Le bombe dovevano restare basicamente nascoste!

Siamo stati degli idioti!

Le bombe erano al di fuori della loro portata, perfettamente operative!

 

Episodio 7 - Lethal Showdown!

 

Schermo nero. Logo della CNN.

“Siamo in onda?” Nonostante le fitte righe e l’occasionale effetto neve da interferenza, si poteva vedere che la donna era giovane, una figura perfetta per il piccolo schermo, capace di bucare il video anche senza parlare. Un volto dai delicati tratti indiani, capelli neri, lunghi e sciolti, bellissima nonostante il velo di polvere che l’ingrigiva da capo a piedi. “Maledizione, l’etere è incasinato da pazzi! Tom, riesci a reggere quella camera senza farti venire il latte alle ginocchia?! E tu guarda che c...’Sto vestito costa un mutuo e ‘sta polvere non verrà mai via...Che gesticoli, ragazzino? Oh...Sì.” Non tentò neppure di sfoggiare l’untuoso sorriso da reporter del ‘tutto-va-bene’ –no, non era nel suo stile! “Buona sera, Arizona. Qui Carmen Twohawks in diretta da Phoenix. La pacifica città, mecca del turismo del Sud-Ovest Americano, è stata da pochi minuti colpita da un disastro tale da fare impallidire quello in corso del Grande Incendio.” Taglio sulla tremenda colonna di fumo e polvere che si levava dal cuore della città. Rapide carrellate sulla folla ammutolita, incredula, figure sporche e lacere. E tutti guardavano verso l’epicentro del disastro in questione, visibilmente indecisi sul da farsi, come in attesa di un segnale...

Stacco sulla figura di Carmen, che riusciva visibilmente a condividere le emozioni dei presenti, catturando i telespettatori, inchiodandoli allo schermo. “Pochi minuti fa, senza il minimo preavviso, un terremoto, una prolungata scossa stimata in 8.0 gradi della Scala Richter, ha investito l’area alle mie spalle. Qui, sorgeva un cantiere, uno dei più grandi sorti in seguito alla cataclismatica Guerra dei Mondi che anche a Phoenix ha lasciato le sue cicatrici.

“La scossa ha semidistrutto uno dei nuovi edifici da poco terminati, inclinandolo al punto che ora se ne teme il crollo da un momento all’altro. Gli altri tre non sono messi meglio, come potete vedere dalle immagini.” Stacco su due edifici, ridotti a fumanti scheletri senza finestre, circondati da un esercito di pompieri e altro personale di soccorso che si adoperavano come formiche a soccorrere l’immensa tana.

“Ma la cosa più impressionante è che questo terremoto, che nessuno scienziato riesce ancora a spiegarsi,” e poco importava che fosse passato troppo poco tempo per elaborare delle ipotesi valide, partendo da zero dati, “dicevo, questo terremoto ha investito esclusivamente l’area del cantiere. Non un’abitazione è stata toccata. Il terremoto è stato preceduto da una microscossa che ha spinto la gente nelle strade, ma niente di più grave.” Stacco su grappoli di esseri umani sviluppatisi intorno ad improvvisati podi. Sui podi, gesticolavano e parlavano con grande solennità ed intensità figure maschili vestite di un bianco innaturalmente immacolato, con un sole stilizzato all’altezza del cuore.

“I Luciferi, come si fanno chiamare, stanno arringando le folle,” un po’ esagerato, ma non era il caso di fare gli schizzinosi, “e sembra non abbiano problemi, considerando, ripeto, la singolare natura di questo inspiegato sisma.

“Non ne siamo sicuri, ma subito dopo il sisma, nel cielo, fra le colonne di polvere, molti dicono di avere visto una specie di uccello fiammeggiante scendere dal cielo dentro l’unico edificio rimasto integro. Anche le numerose voci che parlano di un aereo a bassa quota non sono state ne’ confermate ne’ smentite,” altro velo pietoso sul fatto che le forze dell’ordine stavano sudando sette camice con problemi ben più seri degli avvistamenti di una folla giustamente isterica, “La Casa Bianca ha diramato un comunicato, escludendo categoricamente un attentato terroristico,” buona questa! Entro la fine della giornata, il posto avrebbe come minimo pullulato di membri di ogni agenzia antiterroristica del paese.

“Qui Carmen Twohawks da Phoenix, Arizona, per la CNN.” Carmen fece un cenno secco con la mano non inquadrata, e il collegamento fu interrotto. Subito il senior-member dello staff, un uomo sopra i 30 a metà fra il magro ed il pingue, con i capelli biondi stempiati, T-Shirt e shorts neri, le portò un bicchierone d’acqua, che lei bevve senza ritegno, mentre gli altri le facevano i complimenti di rito.

Carmen restituì il bicchiere, e disse, “Fine dell’intervallo, gente. Ed,” disse al senior, “trova un modo di farmi entrare là dentro,” e col microfono puntò il cantiere, “o trovati un altro impiego. Forza, forza! Non voglio che sia il giornaletto locale a precederci sulla possibile pista di un attentato terroristico mutante! E non fate quella faccia: non crederete davvero che sia stato un fenomeno naturale?!”

 

Alla periferia di Phoenix giaceva, letteralmente, la risposta.

Sotto il sole rovente, disteso nel mezzo di un elaborato disegno inciso nella sabbia e nella roccia, stava un lupo mannaro, una possente figura vestita come uno sciamano-guerriero. Pochi avrebbero potuto riconoscere lo stile e le pitture in uso presso la scomparsa tribù dei Cheemuzwa. E ancora in meno avrebbero saputo riconoscere in questo maschio ansante, provato, il tramite incarnato degli stessi Cheemuzwa, un essere estremamente potente!

Si chiamava Karshe, e in quel momento era tutto tranne che un essere potente…

“Eri stato avvertito, discepolo.”

La lingua penzoloni da un lato, Karshe voltò la testa, ad incontrare lo sguardo severo di un lupo, un maschio del colore della sabbia. Il suo pelo era agitato da invisibili correnti d’aria. “Perché lo hai fatto? Perché hai traviato il dono che hai guadagnato con una vita di insegnamenti?” Non suonava offesa, la creatura…Solo dispiaciuta, triste.

Karshe tornò a fissare il cielo, troppo debole anche solo per abbassare le orecchie in segno di rispetto. La gola era arida, e faticava a parlare –avrebbe potuto comunicare con la mente, ma la mortificazione del corpo era il segno del suo pentimento…

Non era stato tanto l’uso del Pr’Ana di Madre Terra, ad esaurirlo, quanto la distruzione che con tale uso aveva provocato, seguita dal controllo di massa delle emozioni degli abitanti di Phoenix. Per la prima volta nella sua vita, anche se per pochi soli minuti, aveva replicato la natura oppressiva delle azioni del suo predecessore, l’infame Uomo dei Miracoli, che nella sua follia aveva messo a rischio l’integrità stessa del pianeta…

“Ho…dovuto…Per disinnescare…le bombe. Non…avevo…”

Il lupo si accucciò accanto al mannaro. Gentilmente, gli leccò il muso. “C’è sempre un’altra scelta, discepolo. Soprattutto quando la caccia è appena iniziata. Ti sei fatto influenzare dalle prospettive dei tuoi amici, ed è questo che ti rimprovero.” Si alzò in piedi. “Adesso riposa. Sei giovane, ed hai diritto di commettere qualche errore. Ma se lo ripetessi, sarai debitamente punito.”

 

Per quanto concerneva l’’uccello fiammeggiante’ menzionato dalla reporter Navajo, non si era trattato di un effetto ottico o di un’allucinazione di massa.

Era stato il prodotto dei nuovi gadget concepiti per potenziare ulteriormente il campione dei Navajo, Aquila Americana.

Teoricamente, proprio grazie a quelle bande metalliche che coprivano parte del suo corpo in una disposizione asimmetrica, l’esecuzione era stata perfetta. Il terremoto creato da Karshe aveva disallineato i palazzi rigorosamente disposti a quadrato, e con essi le bombe nucleari che, se detonate insieme, avrebbero trasformato Phoenix in un unico cratere profondo decine di metri! Poi, l’attacco di Aquila avrebbe dovuto distruggere una delle bombe.

Se l’ordigno in questione si fosse trovato dove si supponeva che fosse.

“Quale Dio dobbiamo ringraziare, per essere ancora vivi?” fece Texas Twister, che insieme ai compagni fissava

l’enorme, impenetrabile portello corazzato, sotto il quale stava nascosto l’ordigno. Un portello a sua volta a prova di esplosione nucleare.

“Qualunque esso sia,” disse Phantom Rider, “non conviene abusarne la generosità. Scenderò la sotto, a cercare un modo di aprirlo.” Il cavaliere fischiò.

Una pioggia di scintille eteree preannunciò la materializzazione

di Banshee, lo spettrale cavallo appartenuto al primo Rider! Il cavaliere vi saltò sopra. Con un nitrito, Banshee saltò…e si immerse nel pavimento.

 

Riemersero pochi istanti dopo, in un’oscurità illuminata a tratti da lampade di emergenza bluastre. Di fatto, il cavaliere e il suo cavallo erano la più potente sorgente luminosa, a rivelare la devastazione causata da Karshe.

Pareti e soffitto erano paurosamente incrinati, molte travi piegate al punto che sarebbe bastato un calcio per finire il lavoro. L’ossigeno c’era, a giudicare dai piccoli fuochi che scoppiettavano in numerosi quadri elettrici.

E c’erano i cadaveri. Come archeologo, Hamilton Slade ne aveva visti di morti, in ogni forma conosciuta di decomposizione e mummificazione…Ma come questi –erano a stento umani, la carne e gli organi oscenamente fusi con il metallo. Nessuna linea di demarcazione appariva a separare i due tipi di materia, il che indicava un lavoro a livello molecolare.

Il che dava un’ulteriore idea della raffinatezza tecnologica dei loro avversari.

Rider si incamminò lungo quella che doveva essere la ‘main street’ locale –una serie di strade stratificate e intersecate lungo l’estensione della base. La struttura era incredibile, come un uovo nella roccia viva; la quantità di energia usata per la sua costruzione*

Movimento! Dietro di lui.

Phantom Rider non avrebbe reagito in tempo. Poté solo rendersi intangibile, mentre l’’ombra’ lo attraversava.

Un'ombra, che, alla spettrale luce emessa dall’eroe, si rivelò essere El Gato.

El Gato terminò il proprio attacco ‘fallito’ facendo una capriola a mezz’aria, e atterrando elegantemente, per poi usare la propria inerzia

per rimbalzare contro il cavaliere. Di nuovo, l’eroe dovette solo lasciarsi attraversare...E, quando El Gato tornò all’attacco,

Phantom Rider la fece finita saltando nel vuoto! El Gato ruggì dietro di lui, ma arrestò il proprio scatto nel vedere il nemico atterrare sicuro sulla sella di Banshee. Correndo come sul suolo, il cavallo si diresse verso l’estremità del corridoio...

 

Non era ancora finita!

Il fegato distrutto, i polmoni perforati dalle costole fratturate, le gambe due pezzi di carne sanguinanti e deformati, William Taurey viveva ancora. Solo un cieco senso di vendetta spingeva l’uomo a strisciare fra i detriti della sua stanza, verso la sua scrivania che ancora stava in piedi.

Era morto, e lo sapeva. Se per miracolo fosse sopravvissuto alle ferite, i suoi padroni lo avrebbero ucciso per non avere prevenuto la distruzione del Nido.

Tanto valeva farla finita in gloria. Che andassero tutti al diavolo. Almeno lui, William Taurey, avrebbe avuto la soddisfazione di portarsi dietro un bel mucchio di quei dannati samaritani!

L’uomo continuò a strisciare verso la scrivania.

 

Era finita! Loro erano morti, lui era morto, ridotto ad atomi sparsi nel cielo, e dal cielo poteva guardare il cratere fumante che era stata Phoenix!

Il suolo era un lago magmatico ribollente, radioattivo. Non una trave, non uno scheletro erano rimaste della città –nulla che potesse indicare la presenza umana, qui. Un’orrenda colonna di fumo e ceneri saliva fino agli strati alti dell’atmosfera, ceneri di uomini, animali e cose. E insieme a quel fumo rovente, letale, volavano le milioni di anime erranti, improvvisamente private dell’esistenza mortale, destinate a riempire le file del Limbo, tormentate, urlanti.

Poi, una di loro gli volò incontro, fulminea, il ‘volto’ una maschera di angoscia indicibile, mentre urlava Ti senti bene?

 

“Puma, ti senti bene?”

Il guerriero felino fece scattare il braccio, un movimento inarrestabile e letale...Lo fermò a un passo dalla gola di Shooting Star.

“Figlio di...” fece Texas Twister, ma lei levò un braccio ammonitore a fermarlo.

Puma era visibilmente sconvolto, il pelo gonfio, ansimava come un cane dopo un grande sforzo. I suoi occhi erano riempiti dalle pupille, le orecchie piatte che sembravano volere scomparire nel cranio. Il suo sguardo era distante, puntato da qualche parte dentro di sé.

Finalmente, Puma abbassò il braccio. “Mi...dispiace...Io...Per quanto è durato?”

“Meno di cinque secondi,” rispose Aquila Americana. “Raramente ho visto qualcuno in preda a una visione di tale intensità. Cosa hai visto?”

Un bianco avrebbe facilmente scartato l’avvenimento come una forma di allucinazione da stress o qualche altra spiegazione da parapsicologo, e Puma sarebbe stato felice di dargli corda...Ma perfino Twister e Victoria sarebbero stati disposti a credergli, avendo loro stessi fatto esperienza con la cultura amerindiana...

Così, raccontò loro ogni dettaglio della sua visione. “Da quando Jack Lanterna ha interferito con il mio lato mistico, quei poteri latenti che avrei dovuto sviluppare con altri tempi stanno emergendo spontaneamente. Non c’è altra spiegazione.”

“Vuol dire che stiamo per morire tutti?”

Il quartetto si voltò all’unisono, aspettandosi chissà quale minaccia...

...Non certo una donna assurdamente vestita come un manichino, accompagnata da un muscoloso cameraman.

“E come fate ad esserne sicuri?” chiese lei, avanzando, toccandosi un microfono fissato al bavero della giacca. “Da quando in qua la comunità dei supereroi si affida a una ‘visione’ per pianificare una battaglia? E in quale misura siete corresponsabili di questo disastro?”

Il gruppo si scambiò un’occhiata preoccupata.

 

Tanto valeva arrendersi e subito.

Phantom Rider contemplò uno degli ordigni, alto quanto il palazzo che avrebbe dovuto ospitarlo. Fra i suoi poteri non c’era certo quello di distruggere i circuiti a colpi di intangibilità, e con le pistole non avrebbe potuto fare di più che graffiare la corazza del monolito...

Guardò verso il soffitto. I GPS avevano funzionato, e orai I suoi compagni...potevano trovarsi su un altro pianeta. Ovunque si trovassero i comandi di apertura del portello corazzato, non sembravano trovarsi lì. L’hangar era praticamente nudo. E il tempo passava.

“Hombre...”

Dietro di lui.

El Gato era pronto all’attacco, gli artigli e le zanne saturi di energia cosmica...

 

Ancora più vicino...Il dolore era ormai come un rumore di sottofondo, squisita agonia che lo spingeva verso il terminale da cui avrebbe ordinato la detonazione...

William Taurey raggiunse la scrivania.

 

Aquila Americana si avvicinò al portello. “Professore, qual’è il limite delle unità di potenziamento?”

Improvvisamente, accanto al guerriero Navajo apparve l’ologramma di un uomo. Un uomo vestito di un camice bianco aperto, capelli grigi stempiati e occhiali di tartaruga a montatura quadrata.

 

Carmen si rivolse al suo cameraman. Non disse una parola, ma lo sguardo era sufficiente –se il ragazzo non riprendeva, tutto e bene, sarebbe stato meglio che quella fantomatica bomba scoppiasse per davvero!

 

Jason Dean, o meglio quello che di lui era stato integrato in un computer quantico, si aggiustò gli occhiali pensosamente e disse, “Sarò onesto, Aquila: non le ho mai testate ai loro limiti. So solo che dovrebbero evitare di infettare le cellule come fecero quelle da me usate per il costume di Fotone.”

 

Fotone?? Carmen soppesava bene quelle parole. Certo, ce n’erano di super in giro, ma che lei sapesse l’unico a portare quel nome era una donna, una Vendicatrice, per giunta nera!

 

“Ad ogni modo,” proseguì la coscienza elettronica, “la tua già considerevole forza dovrebbe essere amplificata fino a classe Hulk. Naturalmente, più ti avvicinerai a tale fattore, minore sarà il tempo di utilizzo, maggiore il drawback per te ed il tempo di ricarica per le batterie. Hai bisogno di sapere altro?”

Aquila scosse la testa, e l’ologramma scomparve.

Il guerriero si portò al centro del portello. Non aveva problemi, ad accettare i suoi poteri: erano stati un dono degli Spiriti, e il vero crimine sarebbe stato sprecarli. Quello che non gli piaceva era doversi affidare a delle macchine!

Ma aveva altra scelta? Naturalmente no.

Levò il pugno. Energia azzurra dalle bande percorse il braccio, avvolgendolo in un’aura infuocata.

Il pugno calò, potente come una meteora! Il braccio affondò fino al gomito.

 

“Gesù,” mormorò Carmen, segnandosi velocemente. Con la coda dell’occhio, vide il cameraman fare lo stesso ma senza perdere l’inquadratura.

Poi, la reporter vide che Texas Twister la stava fissando con decisa ostilità.

 

L’uomo si rivolse agli altri. “State pensando quello che penso io?”

Victoria annuì, mentre il corpo di Aquila Americana veniva avvolto dalle prime ‘fiamme’ azzurre. Sconsolata, disse, “Non possiamo farci niente, per ora. Possiamo solo sperare che non le venga in mente di collegarci al sisma.”

 

Era strano, vedere il sudore di Aquila correre lungo le braccia e la parte scoperta del volto, al di sotto della crepitante energia che ormai lo avvolgeva in un bozzolo sempre più abbagliante.

Aquila Americana strinse i denti, mentre con entrambe le mani tirava i lembi dello squarcio...

Ora o mai più!

Aquila Americana urlò, e tirò con tutta la forza di cui potesse disporre!

 

Signoreiddio!” urlò Carmen, perché quello che sentì fu il verso di una vera aquila, e quello che vide fu un bellissimo, terribile uccello infuocato spiegare le ali e strappare con le zampe artigliate l’acciaio come fosse cartone!

 

L’aura si dissolse, e Puma fu al fianco del Navajo esausto. Il guerriero disse solo, “Starò bene...Fate quello che dovete, ora.”

Twister fischiò di ammirazione allo squarcio sufficientemente ampio per fare passare un uomo. “Gente, vado per primo. Vi sosterrò con un cuscino d’aria.”

 

Il primo colpo lo aveva preso alla sprovvista. Aveva sottovalutato il nemico, un errore da dilettante, a dispetto degli ammonimenti dello spirito del suo antenato che gli prestava i poteri e l’esperienza!

Ed ora era ferito! In qualche modo, l’energia che alimentava El Gato poteva interagire col suo stato di intangibilità! Da quel momento, era stato un gioco al massacro. El Gato aveva voluto divertirsi, stuzzicare il topo prima del colpo di grazia.

Phantom Rider fu sbalzato contro la parete del monolitico ordigno, il costume lacero e insanguinato. Avrebbe avuto una possibilità, se solo avesse potuto usare le pistole...Se solo El Gato fosse stato molto più lento...

 

William Taurey urlò, e ricadde. Tremava, le gambe non potevano materialmente sostenerlo e la schiena e i polmoni erano centri infuocati. Persino tenersi aggrappato al bordo della scrivania era una tortura disumana.

Taurey si morse le labbra fino a scarnificarle. Riuscì finalmente a portarsi con la testa fino a vedere la superficie.

A vedere il pannello rosso in essa incassato.

 

Guardando El Gato saltargli addosso per l’ultima volta, Phantom Rider ebbe solo un fugace pensiero di quanto questo mostro felino fosse drasticamente diverso dal vanaglorioso chiacchierone che gli aveva descritto Puma...

Un colpo di energia fotonica mise fine alla carica del Gato!

Hamilton avrebbe voluto fare un commento spiritoso, ma, letteralmente, Carter Slade gli prese la mano. Phantom Rider afferrò la pistola e sparò.

El Gato non era arrivato a toccare il pavimento, che il proiettile spettrale superò la barriera della carne, andando misticamente ad interferire non con tessuti e nervi, ma con la stessa essenza spirituale!

El Gato urlò, e quando arrivò al pavimento era in un profondo coma.

 

Il sangue sgorgava copioso dalla bocca. Taurey tossì, aggiungendo dolore ai polmoni martoriati. La sua coscienza era ridotta al pannello ora aperto, mentre digitava i pulsanti del tastierino sottostante.

Le batterie di riserva, i collegamenti, quelli funzionavano ancora. Erano l’ultima risorsa, dovevano essere protetti.

Addio, maledetti!

Digitata la sequenza di fuoco, Taurey premette l’ultimo pulsante.

Ma non ci fu la tanto attesa, abbagliante luce purificatrice. Invece, un ologramma tremolante apparve sopra il centro della scrivania –l’ologramma di un volto umano asessuato, stilizzato, severo. “Ci eravamo aspettati il tuo ultimo tradimento, William Taurey,” disse uno dei ‘padroni’, con voce neutra come le proprie apparenze.

Sgomento, Taurey non poté che ascoltare, mentre l’olo diceva, “Purtroppo, un nuovo, imprevisto fattore ha determinato la nostra evacuazione di questo Nido, impedendoci di utilizzare la risorsa nucleare. Naturalmente, non permetteremo che le sue risorse finiscano nelle mani dei terrestri o dei nostri antichi nemici. Questa base si autodistruggerà a partire dal punto in cui hai osato digitare la sequenza nucleare senza il nostro permesso. Addio, Taurey. Ci hai servito bene, per un po’.”

Taurey urlò di rabbia, prima di venire avvolto dalle fiamme.

 

Mentre Taurey gongolava sull’imminente vittoria, il gruppo degli eroi si radunava intorno al cavaliere ferito.

Shooting Star si voltò a guardare la torre nucleare. In quel momento, stava a lei e a Twister. C’era solo da sperare che la loro buona stella continuasse ad assisterli...

Tese le braccia. Accanto a lei, il texano fece lo stesso...

Il suolo iniziò a tremare! L’aria si riempì dagli inconfondibili suoni di esplosioni!

 

“Tom, torna qui, figlio di *$%ç!” urlò Carmen. Ma fu inutile: alle prime scosse, il cameraman aveva iniziato ad arretrare...per poi darsela a gambe senza ritegno! Gli ci vollero ben tre secondi, prima di accorgersi che avrebbe fatto molto più in fretta abbandonando il pesante apparecchio!

Carmen quasi ululò per la disperazione, vedendo l’apparecchio fracassarsi contro un acuminato spunzone di trave! Immediatamente corse verso di esso, almeno per recuperare la cassetta se possibile. Dio, lì c’era la prova che quei mostri erano coinvolti nell’attacco al cantiere, e forse un possibile attentato nucleare!!

Le scosse si moltiplicarono in rapida sequenza. Il pavimento sotto i piedi della reporter cedette. Carmen cadde, mentre sotto di lei iniziava ad aprirsi un cratere.

Il suolo ebbe un nuovo sussulto, mentre il portellone corazzato veniva inghiottito da un’ultima, immane esplosione! Una pioggia di detriti trasformò la telecamera in un rottame. Altri piovvero verso l’inerme donna.

All’ultimo momento, un paio di potenti braccia l’afferrarono e la sollevarono come una bambola. “Si tenga stretta e non le succederà nulla,” disse Aquila Americana, correndo con insospettata grazia mista alla velocità.

 

Fecero appena in tempo ad uscire, che il palazzo, come i suoi fratelli, crollò come un castello di carte. Intorno al cantiere si era fatto il vuoto, e solo qualche soldato fegatoso era rimasto in quel perimetro. E quei pochi fissavano i due come fossero stati fantasmi...

“Sta bene, signora?” chiese Aquila, aiutando la donna a mettersi in piedi.

Lei guardava verso l’area del disastro. Come poteva quel...quel...Come si poteva essere così insensibili alla sorte dei propri compagni, anche se criminali?!

Poi, si accorse che l’attenzione di lui e degli altri era attratta

dalla bolla di luce che stava emergendo dalle rovine, levandosi alta nel cielo...per poi schizzare via, e sparire alla vista in un batter d’occhio!

Un mormorio di sorpresa da qualcuno dei soldati la fece voltare.

Aquila Americana non c’era più, sparito all’improvviso!

La donna iniziò a spolverarsi, mentre un soldato le si avvicinava ad arma prudentemente puntata. Obbe’, poco importava di avere perso la cassetta, in fondo –ne avrebbe sofferto più Tom per la sua sbadataggine che lei. La trasmittente aveva funzionato, e quella storia era andata in diretta! Figurarsi, un eroe come Aquila Americana che se la intendeva con un sicario della statura di Puma! Roba sufficiente a fare tremare tutte le nazioni indiane, da Pulitzer!

Carmen sorrise.

 

Nascosto fra le rovine, perfettamente mimetizzato dalle proprietà camaleontiche del suo costume, Black Marvel sorrise. Sorrise, al pensiero della faccia che la donna avrebbe fatto, scoprendo che la sua preziosa camera non aveva trasmesso neppure un fotogramma!

Lo strano erede al titolo di eroe dei Piedi Neri si allontanò discretamente, mentre dal cielo unità SHIELD si avvicinavano alle rovine. Forse non avrà contribuito con delle scazzottate, ma qualcuno fra quegli esaltati doveva ben sapere sfruttare la sottile arte del sabotaggio...

 

Episodio 8 - Arizona Anno Zero

 

Ore 08:41. Villaggio di Chilada, al confine fra il Nuovo Messico ed il Messico.

 

Su una delle colline che circondavano il villaggio fantasma, sorgeva la magione coloniale un tempo usata dalla AIM quale laboratorio segreto. Recentemente, essa era diventata la dimora della nuova formazione dei Rangers.

La posizione isolata ed elevata, oltre ad offrire i tradizionali vantaggi tattici difensivi, permetteva ai sistemi di scansione, sistemi di elevata qualità, di coprire svariati chilometri in terra e in cielo senza la minima interferenza. Di fatto, niente e nessuno poteva avvicinarsi, quali che fossero le sue intenzioni, senza rischiare una ‘brusca’ accoglienza.

Apparentemente, l’improvviso suonare degli allarmi a tutto volume, in un cielo libero fin dove guardava l’occhio, su un terreno dove la cosa più minacciosa era la fauna velenosa locale, era un atto privo di senso.

 

Drew Daniels e Victoria Star furono strappati dal sonno come da un colpo fisico. Ruppero l’abbraccio e forti del loro addestramento si precipitarono ai costumi appoggiati alle sedie ai rispettivi lati del letto matrimoniale. Non ci furono domande, nessuno spazio per le emozioni. In pochi attimi, Texas Twister e Shooting Star correvano fuori della stanza. Poi, lo sentirono.

 

Thomas Fireheart era sveglio da diversi minuti. Il sonno, purtroppo, non aveva portato alcun riposo, bensì un’interminabile sequenza di incubi. Incubi troppo atroci per essere scartati come il frutto dello stress delle recenti esperienze…

Spiriti, di cosa volete avvertirmi? No, la verità era che nuovi poteri stavano emergendo. E troppo in fretta, doveva contattare la sua vecchia amica –a proposito, doveva sapere come stava procedendo la sua ricerca su*

L’allarme lo colse di sorpresa. La trasformazione in Puma avvenne di riflesso, facile come indossare un vestito –ma non ci badò. Aveva fatto sufficiente esperienza militare per sapere comportarsi di fronte a un’emergenza. E l’improvviso tremore sotto i suoi piedi non fu che una conferma a muoversi e in fretta!

 

Hamilton Slade fu altresì svegliato prematuramente da una mano gentile come un Panzer MKII sulla spalla. Il giovane archeologo quasi ebbe un attacco cardiaco. “Oddio, chi è, cosa succede, prima le donne e…tu??”

A svegliarlo, era stato il suo compagno di stanza, Jason Strongbow. L’enorme Navajo era visibilmente nervoso. “Sta per succedere qualcosa di molto brutto. Sento energie negative giungere dal suolo a ondate…”

Slade si strofinò gli occhi. “Un modo originale per dirmi che il tuo callo sente un terremoto in arrivo, ma…Eh?” a metà frase, si trovò improvvisamente vestito come Phantom Rider –il suo antenato, il primo Cavaliere Fantasma, lo aveva posseduto, cosa che succedeva solo nei momenti di pericolo imminente.

Poi, arrivò il terremoto.

 

Il lupo mannaro Karshe, il campione designato dei Cheemuzwa, aveva trascorso la notte in uno stato di meditazione, sospeso a mezz’aria sopra un cerchio di fuocobrina dipinto nell’aria. Il suo corpo nudo dalla grigia pelliccia era avvolto dallo stesso tipo di fiamma corroborante, simbolo della raggiunta purezza fisica e spirituale.

Non fu l’allarme, a strapparlo dalla sua meditazione, ma il tremore che fece vibrare e cadere ogni oggetto nella stanza. Una scossa forte, anche se breve. Le sue orecchie fliccarono in tutte le direzioni, percependo il sinistro rombo che sembrava venire da ogni punto. Per pochi istanti, lunghi qualche battito di cuore, Madre Terra emise un lamento terribile, come se lo Spirito-Serpente avesse deciso di liberarsi dai suoi vincoli…

Un cenno impercettibile, e lo sciamano-guerriero fu vestito come si conveniva. Nella mano stringeva la sua staffa di polvere di stelle.

 

In pochi minuti, l’intero gruppo era radunato nel salone da pranzo, che serviva anche da sala riunioni. Ad aspettarli, avevano trovato il misterioso Black Marvel e la proiezione olografica di Jason Dean.

“Andiamo bene,” disse, sarcastico, il guerriero in nero, sedicente erede dell’omonimo eroe dei Piedi Neri. Se ci stesse attaccando un nemico, avrei dovuto intrattenerlo con un picnic, nel tempo che ci avete messo!”

Puma rispose con un ringhio che prometteva sangue, ma fu interrotto dalla manifestazione elettronica. Una preoccupazione umana segnava il ‘volto’ dell’ex-agente dell’AIM. “Signori, per favore. Abbiamo un’emergenza di preoccupante gravità fra le mani. Prego, sedetevi.”

I sette lo fecero. Dean disse, “Pochi minuti fa, i miei sensori hanno captato un sisma pari a Richter 10, con epicentro in Arizona. Prima di fare domande, per favore, osservate quanto stanno riportando i satelliti militari e geologici focalizzati sull’area.”

In un silenzio carico d’orrore, sette paia di occhi osservarono lo schermo olografico apparire a mezz’aria…E i presenti desiderarono di stare ancora sognando.

Perché la città di Phoenix era stata distrutta.

Rasa al suolo, trasformata in un fumante ammasso di macerie, come se una mano dal cielo avesse deciso di rompere un gioco di costruzioni malriuscito. Gli incendi dilagavano senza possibilità di essere fermati, di tutte le dimensioni, come se l’Inferno avesse voluto ritagliare una propria costellazione sul mondo. La risoluzione era, purtroppo, sufficiente ad esaltare ogni macabro particolare. La catastrofe era stata talmente improvvisa, che la gente se ne stava lì, come manichini di un film messi lì per fingere le attività che stavano svolgendo prima della fine, sicuramente in preda al disorientamento più assoluto, incapaci di comprendere che in un istante, la vita che conoscevano era finita per sempre. Geyser d’acqua dalle condutture distrutte liquefacevano il suolo rendendolo, se possibile, ancora più periglioso. I cadaveri erano semplicemente incalcolabili, e presto epidemie di tifo, colera, e forse anche peste, avrebbero reclamato un ulteriore pedaggio. La subitaneità aveva praticamente decapitato le forze dell’ordine di pubblica sicurezza –quante altre vittime sarebbero cadute per mano degli psicotici criminali? L’autostrada era come un lungo osso frammentato oltre ogni ragionevole abilità chirurgica. Le auto giacevano sparpagliate o a grotteschi, roventi mucchi in cui impiegati, famiglie, migliaia di innocenti erano periti senza sapere perché...

“Cave Creek, Scottsdale, Glendale, Queen Creek, Florence, Apache Junction...” l’elenco dei nomi delle città colpite che usciva dalle ‘labbra’ di Dean era una litania atroce. Nessuno dei presenti osava addentrarsi in una simile realtà, non senza impazzire. “L’area dei danni è estesa circolarmente per un raggio di 3.000 Chilometri Quadrati.” La visione di distruzione divenne una mappa dell’Arizona, puntata sul settore nord-ovest. Subito fu stabilito un nuovo contatto con un altro satellite.

“Signore che sei nei Cieli...” fu Texas Twister a mormorarlo, facendosi istintivamente il segno della Croce.

Lo schermo era tornato in modalità-TV, e mostrava il responsabile del disastro.

Una figura umana, alta 300 metri, vestita di un’armatura nera! L’essere procedeva con passi capaci di coprire chilometri, del tutto ignara, o semplicemente indifferente, alla distruzione da essa causata...

“Grado ‘relativo’?” fece Shooting Star, mortalmente pallida.

L’ologramma annuì. “Di fatto, il quadro di Phoenix è virtualmente identico per tutte le altre città nell’area colpita. Persino i rilievi sono state in parte rimodellati. Solo microcasualità accumulate dalla distanza fisica possono avere salvato qualche vita in più.

“Le uniche entità che trovano confronti con quella che stiamo osservando sono i cosiddetti Celestiali...”

“Dei nomi mi importa poco,” fece Aquila Americana, sollevandosi, subito imitato da Twister e dagli altri a ruota. “Voglio solo uccidere quell’assassino, con le mie...”

“Falliresti,” la voce di Dean arrivò come una doccia fredda. “Fallireste tutti, anche se combatteste al fianco di ogni singolo super-essere di questo mondo, di ogni Dio, e degli alieni noti. Un solo Celestiale possiede il potere di annientare questo mondo con un cenno. Non c’è semplicemente nulla che possiate fare, per fermarlo.”

“Può darsi,” disse Twister, aggiustandosi il cappello da cowboy. “Può darsi, ma ci proveremo comunque. Questo figlio di ***** ha ucciso in un colpo solo più di un milione di persone innocenti e altre sono sul suo cammino. Stare a guardare non è nel nostro stile. Scalda i motori, micio: andiamo a caccia grossa!”

 

Eli-velivolo SHIELD, in orbita intorno alla Terra

 

Ferrati a tutto, pronti a tutto. Nella loro vita, l’incredibile era ordinaria amministrazione, l’impossibile un inconveniente. Questi erano gli uomini dello SHIELD, la più potente organizzazione spionistica e antiterroristica conosciuta.

Definizioni che trovavano incarnazione nel loro Comandante, lo statuario Nicholas Fury.

Fury ‘dirigeva la baracca’ con un’insaziabile precisione. La sua presenza era semplicemente scontata, i suoi ordini indiscussi sulla base di una fiducia basata sul vero rispetto.

Fury era un faro, e non poteva permettersi di crollare, neppure quando, come ora, avrebbe voluto chiudersi in una stanza buia e piangere le più calde lacrime per la distruzione portata dall’allucinante alieno. Stava male, Fury: non era preparato per una cosa simile. Non così...improvviso, così terribile quanto inaspettato. Tutto il genio del mondo, i mezzi, per cosa? Per essere trattati come delle specie di comprimari! I Marziani erano stati fortunati, loro erano morti tutti, ed era avvenuto su un pianeta lontano. Tutto sterile, telegenico. Nessuno sarebbe rimasto per contemplare l’eccidio perpetrato dai Terrestri[iv], tranne i Terrestri stessi, che ora sapevano cosa succedeva quando qualcuno decideva di ridimensionarti...

Fury lanciò una fugace occhiata a una finestra del maxischermo, dedicata ad un altro tipo di emergenza...

L’occhio buono dell’uomo si socchiuse in curiosità, i denti serrarono con forza il sigaro acceso. “Ingranditemi quella c***o di finestra,” fece, puntandola col sigaro. “Allora, che aspettate? La merendina? Avanti, gente, al lavoro!”

La sala comando, fino a quel momento immersa in uno stupore sepolcrale, si rianimò. I comandi furono eseguiti, e l’ingrandimento operato.

Si trattava della mappa del globo terrestre, la mappa che fino a poco prima dell’apparizione del Celestiale aveva mostrato i punti luccicanti sparpagliati o a grappoli ovunque nel mondo.

I punti erano spenti, cancellati, scomparsi come erano apparsi!

Fury annuì. Un fottuto faro, ecco cos’erano quei cosi. Un qualche sistema di segnalazione per vandali spaziali! Un faro spento, ora che non serviva più!

 

Ahimè, persino la mente analitica di Nicholas Fury non avrebbe per molto tempo realizzato la verità. Che la distruzione del tutto involontaria di uno solo di quei ‘punti’, in un angolo sperduto nello stato dell’Arizona, aveva causato la fine di una strategia che, se portata a termine, avrebbe potuto causare danni ben peggiori di quelli in corso![v]

Comunque fosse, era certo che Fury non avrebbe mai ringraziato il gigantesco celestiale di nome Maelstrom[vi].

 

L’SJ-X0, un modello esclusivo delle Fireheart Industries, era un capolavoro ibrido delle due categorie più importanti nell’aviazione militare: stealth e velocità. Due propulsori a H/O garantivano una spinta degna del vecchio SR-71. Giunse nei pressi del titano a tempo di record.

“Non possiamo procedere senza un piano, gente,” protestava Black Marvel. “Dobbiamo contattare qualcuno che abbia esperienza. I Vendicatori…”

Un pannello di cristallo si mise a brillare a intermittenza. La voce di Jason Dean si fece sentire, “I vendicatori non sono reperibili in quanto apparentemente scomparsi in un’altra dimensione. I Fantastici Quattro sono altresì irreperibili, I…”

“Quasar!” fece Texas Twister.

“La locazione del Vendicatore riservista, attualmente…”

Il Texano indicava un punto davanti a loro. “Il ragazzo è davanti a noi, testa di microchip! Atterra, micio. Abbiamo l’aiuto che si serve!”

Predisponendo in tal senso l’aereo, Puma decise distrattamente che avrebbe sventrato quel metaumano appena avesse usato quella parola solo 1 altra volta…

 

L’aereo atterrò, e i Rangers ne uscirono subito dopo. A volo radente e di corsa, rispettivamente, giunsero il biondo Protettore dell’Universo e l’Eterno Makkari. Atterrati davanti al gruppo, fu Makkari ad aprire le danze.

“Quasar, vorrei presentarti i Rangers. Credo tu conosca già Texas Twister.”

“Già, eravamo insieme nei super-soldati SHIELD,” fece il Protettore.

Il texano mise un braccio attorno alle spalle di Quasar, prima che fosse possibile fare altre presentazioni.

“-Come va, ragazzo ? Ho saputo che eri entrato nei Vendicatori, ma non si sente parlare di te da parecchio ! Accidenti… l’unico di quella squadra ad aver fatto una carriera decente !”

Il Protettore era visibilmente imbarazzato. “Ehm…apprezzo la rimpatriata, ma abbiamo molto lavoro da fare.

“Ah ! Tutto come ai vecchi tempi…sempre il solito stakanovista, eh ? Allora, il tuo amico pié veloce ci ha detto che il gigante è un tuo vecchio nemico.”

“Maelstrom, sì. E quello che sta usando è il corpo di un Celestiale.”

“Ho chiesto a mio padre delle informazioni in proposito – intervenne Shooting Star – non ne aveva molte in memoria, ma quello che ci ha detto era terrificante.”

“In memoria..?”

Scrollata di spalle. “E’ una lunga storia.”

Era surreale, quasi tutti i presenti si trovassero in uno stato di diniego –ed in parte, era vero. La ragione, semplicemente, esigeva di attaccarsi a qualcosa di familiare. “Scusate ma…che ci fate qui ? La base dei Rangers non era in Messico ?”

“Più o meno…” rispose Twister. “Ma non siamo i Rangers che ricordi tu, Quasar. Ne è passata di acqua sotto i ponti.”

Intervenne Makkari. “Sono stato io a rintracciarli, Quaze…avevo sentito parlare di loro.”

“Ne siamo onorati,” disse Phantom Rider, “sebbene io non sia abituato ad incontrare un uomo che ha lottato a fianco del mio antenato, più di cento anni fa.”

“Cosa dovrei dire io allora, Phantom Rider ?” prese la parola l’enigmatico Karshe. “Non credevo fosse ancora in vita un uomo che incontrò Cheemuzwa così tanto tempo fa.”

Un sorriso curioso illuminò brevemente il volto dell’Eterno. “Beh sì, ho avuto una vita un po’ movimentata.”

“Non riesco a credere che ve ne stiate così, a parlare!” esplose Puma “Mentre un gigante inarrestabile vaga per questi antichi territori, spargendo distruzione !”

“Un gigante…inarrestabile…” Quasar scosse la testa, e scacciò il pensiero. “Sentite…onestamente parlando, non so cosa possiate fare contro Maelstrom. Non so neanche se posso farci io qualcosa. Ma qui intorno ci sono città e villaggi che sicuramente hanno bisogno di voi, dopo il terremoto. E ora, se volete scusarmi…devo proprio andare. In che direzione sta andando Maelstrom ?”

Puma puntò un pollice. “Ovest, verso la California.”

“Calif…è troppo sperare che vada a Los Angeles ?”

“No, sembra diretto verso i monti Diablo.”

Makkari, come molto raramente gli succedeva, impallidì. “No ! Quaze…sepolto sotto la montagna c’è…”

“Lo so, lo so…meglio sbrigarsi, allora. Scusate gente, sarà per la prossima volta !”

Quasar si alzò velocemente in volo, seguito da Makkari. Mentre i Rangers tornavano all’aereo, Texas Twister usò i suoi poteri per creare un micro-tornado che gli permise di volare dietro a Quasar, nonostante Puma gli chiedesse di tornare indietro....

 

...E il Texano obbedì. Ci mise cinque minuti buoni, ma ritornò, veloce come era partito e scuro in volto.

Puma non poté trattenere un ghigno zannuto. “Lo sai? Facevo proprio quella faccia, quando il mio sensei mi redarguiva per qualche bella fesseria.”

Aquila Americana si intromise fra i due. “Pensiamo ai feriti, piuttosto. Mentre eri via, Drew, Dean ci ha aggiornato sulla situazione.

“La macchina governativa si sta mettendo in moto. Entro 24 ore, la Guardia Nazionale diventerà l’unica autorità riconosciuta, alla quale i resti delle forze di polizia locali dovranno obbedire come da Legge Marziale. Ogni aiuto è benvenuto, sopratutto quello dei superumani. Naturalmente, non risparmieremo gli sforzi.” Inutile chiedere all’uomo se fosse d’accordo. Bastava leggere la risposta nei suoi occhi castani.

Black Marvel si fece avanti. “La mia idea è di non dividere la forze. Data la vastità della distruzione, il nostro apporto è comunque minimo, questo dobbiamo riconoscerlo. Tanto vale restare insieme in una data area, almeno solo per una migliore risposta, quando qualche criminale sufficientemente pazzo o qualche entità soprannaturale ostile decideranno di approfittare della situazione.” Anche qui, nessun dubbio. Il peggio doveva ancora venire!

Per ora, tutti pensavano a una sola parola. Un solo luogo.

Phoenix.

 

I resti del palazzo del 10° Distretto di Polizia.

 

Buffo come la mente tendesse a divagare nelle direzioni più curiose, dopo che il mondo ti era crollato letteralmente addosso da un minuto all’altro.

Jack Ironhoof, Detective in borghese della Squadra Omicidi di Phoenix, giaceva fra ammassi di calcinacci e pezzi di tetto nel parcheggio all’aperto della stazione. Adesso sapeva cosa provava un epilettico, ecco cosa stava pensando. Un attimo e puf, sei giù senza neanche accorgertene...

L’uomo si scosse dal loop mentale. Lo choc lo aveva come drogato, ora doveva rialzarsi...Bene, nessun problema, niente fratture, solo qualche acciacco.

Intorno a lui, le macchine capovolte, o schiacciate sotto le macerie, come stritolati erano i resti umani che pure sotto di esse giacevano, resti traditi da braccia e piedi esposti al sole, sanguinanti. Il palazzo era in fiamme, e il cielo era pieno del fumo degli incendi e della polvere. Centinaia di allarmi di auto e di appartamenti costituivano il solo lamento di una città ferita. Era folle, non si udiva un solo lamento umano! Era come se la gente avesse paura a riconoscere di essere ferita. Si limitavano tutti ad aggirarsi come spiriti inquieti, persi...

Persi...

“Lila,” mormorò Jack. Lila, sua figlia. 18 anni, una ragazza che aveva preso la bellezza di sua madre, una cherokee, e il carattere indomito di lui. La sua Lila, a casa, a dormire, a casa..! “Lila,” Jack voleva gridare, ma non ne aveva il coraggio, lei non era morta, no! Niente bus, niente taxi, solo fango, fuoco e colonne d’acqua. Lila viveva in periferia, le piaceva lontano dal cemento. L’avrebbe raggiunta a piedi, con calma. Lei era viva...

Jack Ironhoof, spirito inquieto, si fuse nella massa di disperati.

Qualcuno cominciò a urlare.

 

Dite quello che volete su di loro, denigrateli fino a farvi venire la voce roca, inventatevi termini offensivi fino ad esaurire la fantasia,

ma sugli emigrati Italiani potevate contare, in tempi di crisi. Nello specifico, si poteva contare su Luigi Carlo Candelari. I suoi nonni giunsero a Phoenix nel 1927, simpatizzanti comunisti e filoebraici, due qualità che nella nascente Italia Fascista erano promessa di persecuzione dura.

Phoenix era sufficientemente lontana sia dall’Italia che da una tentennante Washington da offrire il rifugio desiderato, e i Candelari si adattarono con la tenacia e la fantasia tipica dell’Italiano all’estero. Inizialmente, fu l’allevamento, nella migliore tradizione di una famiglia di origine Abruzzese che si era ferrata fra i più tosti briganti e signorotti arroganti. Gli indiani, artigiani per eccellenza con la lana, erano i migliori clienti, e fornirono abbastanza introiti da aprire un ristorante, il Rainbow Rug, sulla Statale 60, appena prima di entrare in città. I turisti su quella rotta erano numerosi quanto bastava.

Luigi, nonostante fosse un brav’uomo ben voluto da chiunque si affidasse alle sue maniere bonaccione, era anche un uomo pronto a tutto, caratterizzato da una dura vena di cinismo. Vena forgiata dalla prematura morte dei suoi genitori, freddati da un balordo cocainomane armato ed in crisi di astinenza. Luigi aveva visto tutto, e ci erano voluti mesi per aiutarlo a riprendersi.

Non si era dedicato a combattere il crimine se non affidandosi allo strumento del voto, come suo padre gli aveva insegnato come un prete impartirebbe un dogma a un fedele. Integrare il voto con un buon ‘cannone’ non guastava, naturalmente...

Fortunatamente, la famiglia di Luigi era rispettata tanto dagli Indiani della vicina riserva di Gila River quanto dai vicini della suburbia, essendo cresciuto come il ‘figlio adottivo’ delle due comunità. Nessun balordo si era fatto comunque vedere nei pressi del Rainbow Rug, e la pistola, una Magnum calibro 45 che avrebbe fatto gola all’Ispettore Callaghan, aveva fatto polvere nel suo cassetto. Fino ad oggi.

Luigi emerse dai resti del baracchino privato che fungeva da bagno privato. Se ne avesse avuto il tempo, si sarebbe contato abbastanza lividi da farlo sembrare un appestato all’ultimo studio. Invece, levò un silente ringraziamento al padre che aveva insistito per una struttura di legno, leggera, invece di una scatola di cemento che a quel punto lo avrebbe ridotto a un polpettone.

Il ristoratore, un omino magro ma dal fisico scattante, dai capelli neri e crespi come quelli del padre, gli occhi castani della madre nascosti da un paio di occhiali crepati, si spolverò istintivamente la giacca, cercando di dare un senso alla nuova tragedia.

Del ristorante, erano rimaste a stento le pareti. I rubinetti del gas e dell’acqua erano ancora, fortunatamente, chiusi, limitando i danni a quelli strutturali. Uno dei vicini pali dell’alta tensione era andato proprio sull’edificio, tagliando in due i resti e appiattendo la macchina di Luigi, una convertibile usata cromata per rimettere a nuovo la quale aveva investito molti sforzi e pazienza. Luigi sospirò. Almeno, il furgone, un vecchio ‘mulo’ pickup della Ford, era salvo.

L’italoamericano, con prudenza, entrò nel locale. Il pavimento era crepato, ma ancora sicuro. La polvere era peggio della nebbia e lo faceva tossire –ricordava ancora suo padre chiedersi affettuosamente cosa aveva fatto di male per mettere al mondo un mingherlino simile! Per fortuna, i suoi erano morti: un simile disastro li avrebbe uccisi solo per il dolore della perdita.

Luigi giunse all’ingresso per lo scantinato. Le solide porte, che avrebbero dovuto resistere a un ariete, erano state scardinate come fogli di latta. Alla luce della torcia, Luigi tirò un sospiro di sollievo. C’erano crepe pericolose dappertutto, parlare di disordine era superfluo, ma la struttura aveva resistito.

L’oste si chinò a verificare la solidità dei paletti piantati a terra; annuì, soddisfatto, e aprì una botte rovesciata vicino all’ingresso. Ne estrasse una scala di corda arrotolata, e la fissò ai paletti prima di srotolarla nel buio abisso.

 

Quando fu sceso, la torcia stretta fra i denti, si diresse verso il gruppo elettrogeno. Era roba recuperata dall’ultima Guerra Mondiale, fatta per fottersene di EMP, terremoti ed altre cazzate buone solo per quegli aggeggi griffati usa e getta. Luigi spese una buona mezz’ora a mettere insieme i collegamenti, ma alla fine aveva di che fare funzionare il bunker –va bene, quella era una sua paranoia, ma adesso era lieto di averle dato retta.

Il generatore entrò in funzione con un allegro scoppiettio. Luigi passò ad esaminare la dispensa, cercando di rimettere in ordine la roba sugli scaffali bene inchiodati alle pareti. La benzina, l’acqua e il cibo stoccati sarebbero bastati per almeno 8 mesi, usando un po’ di raziocinio. I medicinali non erano roba da alta chirurgia, ma almeno poteva curarci lo stretto necessario.

Quando ebbe finito, Luigi andò a una parete, e ne estrasse una scala estendibile d’acciaio. Adesso, veniva il difficile: prepararsi a ricevere ospiti. Qualcuno poteva, doveva chiamarlo; di telefoni, non se ne parlava. Chissà se i cellulari funzionavano...Quando quei pazzi fanatici avevano fatto saltare il WTC, o quando c’era stata l’invasione dei Marziani, anche le linee senza cavo si erano saturate in un momento...

 

Altrove

 

Uno schermo mostrava la devastazione di Phoenix, in particolare su quello che era rimasto dei cantieri che avevano funto, fino al giorno prima, da nascondiglio del misterioso Nido. Adesso, solo un vasto cratere occupava quell’area. L’intero cantiere era collassato dentro i resti del Nido, e la nube di polvere impediva qualunque visione dettagliata.

I padroni del defunto William Taurey erano soddisfatti. La potenziale catastrofe, alla fine, aveva avuto un costo minimo e aveva sviato l’attenzione dei Terrestri. Sarebbe passato molto tempo, prima che il cantiere venisse ripristinato; tempo sufficiente a rimuovere i dispositivi nucleari. La loro corazzatura aveva resistito, e nessuna fuga di radiazioni tradiva la loro presenza...ma sfidare la sorte non era nelle intenzioni della Nidiata.

Con calma. La vittoria sarebbe stata loro, alla fine.

 

Episodio 9 - Le ceneri della Fenice (I parte)

 

Fort Huachuca, Sierra Vista, Arizona Sud-Orientale

 

Normalmente, il luogo chiamato familiarmente Thunder Mountain ospita due istituzioni particolarmente care alle ‘alte sfere’ degli Stati Uniti d’America. Una, la più conosciuta, è l’U.S. Army Intelligence, una delle controparti militari della CIA. Le sue operazioni sovente non rientrano nella categoria ‘pulite’, e da esse dipende la politica militare del Presidente.

L’altra è la famigerata National Security Agency, l’organizzazione volta alle intercettazioni e decriptazioni. Opera praticamente nell’ombra, e i suoi archivi sono aperti a una ristrettissima rosa di individui.

Entrambe queste organizzazioni nutrono, comprensibilmente, un’innata diffidenza verso ogni estraneo che bussasse alla loro porta, foss’anche il più alto dei papaveri e con una storia di fedeltà degna di un fanatico integralista...

Ma come potevano, oggi, rifiutare o limitare l’ingresso al Governo stesso dell’Arizona, alle Forze Armate Federali e alla Guardia Nazionale? Sopratutto quando non solo il Presidente stesso, ma l’intero Congresso aveva votato perché il Comando Integrato fosse piazzato proprio a Thunder Mountain?

Il Generale di Divisione Trey Anderson, fino a quel momento comandante e padrone assoluto del Forte, avrebbe voluto strozzare solo per questo affronto l’alieno responsabile del disastro che stava per trasformare il suo concetto di sicurezza in un colabrodo!

Ad ogni modo, Anderson era un buon soldato, e obbedire agli ordini era una sua seconda natura. Fece buon viso a cattivo gioco e, impeccabile come sempre, fece un rapido saluto a:

-        il suo Pari grado, l’Aiutante Generale Woodson, Comandante Operativo della GN,

-        il Tenente Generale Dadalus, comandante delle FAF, richiamato solo in caso di estensione della crisi

-        il Governatore (col cavolo che avrebbe ‘femminizzato’ la definizione della carica!) Jane Dee Hull.

I militari erano ovviamente tesi e spaventati, ma una vita di addestramento li aiutava a trasformare la paura in pura adrenalina, in cibo per l’azione. Mentre arrivavano a Thunder Mountain su un HG-60G Pave Hawk, avevano già vagliato e preparato una lunga lista di azioni da intraprendere.

Hull non era da meno: era stata fortunata, l’avevano trovata in quello che era rimasto della sua casa, miracolosamente con appena qualche livido e un bello spavento. Si era ripresa in fretta, ed era salita a bordo dell’elicottero non senza avere indossato prima un’uniforme militare predisposta da un previdente Woodson. Suo marito, correntemente fuori dall’Arizona, era stato prontamente avvertito, e la prima cosa che lei gli aveva detto, era di starsene alla larga! Poi si era gettata sul cellulare speciale in dotazione alle forze armate, e aveva iniziato a chiamare tutti quelli che dello staff erano ancora vivi, senza dare loro neppure il tempo di obiettare –se erano coscienti, non mutilati e capaci di camminare, dovevano darsi da fare e subito! La Guardia avrebbe provveduto ai loro familiari.

La donna dai capelli rossi e il volto sorridente era ora come posseduta da un demone volitivo: rispose al saluto di Anderson con un secco cenno del capo. “Generale, confido che abbia provveduto allo spazio e mezzi necessari.”

L’uomo annuì, facendo loro strada –diamine, quella avrebbe potuto domare un cavallo selvaggio col solo sguardo, in quel momento! “C’è tutto quello che desiderate, a anche di più. Siamo in contatto diretto con l’FBSA e lo SHIELD. Presto avremo anche i mezzi per pattugliare l’intera area in caso di supercriminali che volessero fare gli sciacalli.”

Proseguirono lungo un intrico di corridoi da fare girare la testa, fino a giungere in una sala super-attrezzata, le pareti ricoperte di monitor e pannelli. Altri membri del Supercomando Integrato si alzarono in piedi dai loro posti alla tavola rotonda. Hull fece loro cenno di rimettersi seduti, e si sedette lei stessa.

La donna non sapeva neppure da che parte cominciare, ma non si sarebbe assolutamente permessa di mostrarsi indecisa –anche se, guardando il monitor principale, sarebbe volentieri scoppiata a piangere. Fino a quel momento, nonostante la casa le fosse crollata addosso, tutta la devastazione che il suo occhio aveva potuto cogliere era il panorama offerto da un finestrino blindato del Pave Hawk.

Adesso, per la prima volta, stava guardando Phoenix, la sua Phoenix, in tutta la mostruosa gloria della sua caduta.

 

Inutile chiedere quale fosse l’estensione dei danni: la città era stata rasa al suolo, punto. Gli incendi avevano consumato in fretta i detriti, e l’acqua dalle condutture esplose aveva contribuito a fermarne altri. Adesso, a parte qualche piccolo focolaio, la città era costellata da un’infinità di nere colonne di fumo –quanto di quel fumo era composto di resti umani?

Di strade era inutile solo parlare. Jane Dee Hull tirò un profondo respiro e disse, “Temo che dovremo contare solo sulla Marina e l’Air Force, dico bene?”

Dadalus si schiarì la gola. “Abbiamo richiamato ogni elicottero da trasporto disponibile. Ma siamo anche sommersi da chiamate di civili proprietari di aerei ed elicotteri turistici. Chiunque abbia un fuoristrada è pronto a guidare personalmente fino al cuore di Phoenix.” Tacque, e guardò verso un altro membro dello staff.

Era questi Paul Steinberg, Direttore del Dipartimento della Sanità dell’Arizona. L’uomo si aggiustò un paio di occhialini da professore e disse, leggendo un foglio stilato in fretta e furia. “Stanno giungendo migliaia di chiamate all’ora di volontari disposti a donare il sangue e medicine. Questi, insieme a quello che le industrie sono pronte a donare, dovrebbero rassicurarci nell’immediato sul fronte dell’approvvigionamento. Il più, sarà evitare che qualche terrorista, domestico o no, voglia approfittarne per contaminare le ‘donazioni’ o donare sangue infetto. La Guardia dovrà fare gli straordinari solo per potere lavorare efficacemente a due velocità sul fronte donazioni.

“Ad ogni modo,” e indicò con lo sguardo uno dei tanti fogli impilati davanti alla Governatrice, “lì c’è una lista completa delle malattie che attendono la popolazione colpita.”

Alla donna bastò un solo sguardo veloce per averne un’idea, e le venne da vomitare. Guardò gli altri, ognuno col suo rapportino. Sospirò. “Signori, non ho dubbi che le cose stiano, o stiano per diventare, peggio di quanto possiate dirmi adesso, sprecando ore in rapporti che dovranno essere aggiornati ogni minuto. Mi affido a voi: fate quello che dovete. Avrete pieni poteri, il Presidente stesso lo ha giurato. Adesso, la priorità è l’assistenza alla popolazione e la prevenzione dei disordini, nonché la salvaguardia delle risorse ancora disponibili.” Si rivolse a uno degli schermi, occupato da un altro partecipante alla riunione: Nick Fury, Direttore dello SHIELD.

“L’Arizona è sotto legge marziale, Colonnello,” disse Jane, “e lei risponderà direttamente al SCI. Naturalmente, siamo tutti pronti ad accettare ed attuare proposte costruttive per quanto concerne i super-esseri.”

Il veterano annuì. “Sto già predisponendo una nuova squadra di Vendicatori[vii] per ampliare l’area di vigilanza in tale senso. Alcuni super-esseri sono già al lavoro, fra cui Quasar, un valido Vendicatore riservista ed ex-membro dei Super Agenti.

“Desidero segnalarle in modo particolare una ‘presenza fissa’ che può fare non poco sia per i locali di Phoenix che per le tribù delle Riserve anch’esse investite dal sisma. Si tratta dei Rangers, una vecchia conoscenza da quelle parti. Vi invio una scheda.”

Su un altro monitor, apparvero, una ad una, le descrizioni del gruppo in questione.

-        Una specie di animale antropomorfo, dalla pelliccia ocra, vestito di una specie di costume rosso sangue in stile tribale. Era talmente robusto che sembrava volesse esplodere dal tessuto. “Questo è Puma. Nonostante i suoi trascorsi di mercenario (Nick trascurò deliberatamente la parola ‘assassino’), sembra bene integrato con gli altri membri del gruppo.”

-        Un uomo in mascherina nera, dai baffi rosso-carota, con un costume blu e rosso con due ‘T’ intorno a un tornado stilizzato sul petto, e un cappello da cowboy bianco. “Texas Twister, anche lui Super-Agente insieme a Quasar. Entrambi garantiscono per Puma e tanto mi basta.”

-        Una donna bionda in un costume non dissimile nei colori da quello di Twister, ma con una stella bianca al petto e una visiera agli occhi. “Shooting Star, e vi posso garantire che è più tosta di quello che sembra.”

-        Un lupo mannaro dalla folta pelliccia grigia, vestito come uno sciamano-guerriero, con tanto di staffa e scudo. “Questo gentiluomo è Karshe e, sebbene nuovo sulla scena, ci sa fare.”

-        Un uomo, apparentemente il più giovane a giudicare dal fisico e dal volto liscio sotto quello che la maschera integralmente nera come il costume lasciava scoperto. “Black Marvel è una vecchia conoscenza fra gli Indiani della tribù dei Piedi Neri. Suo padre è stato coi nostri durante la II Guerra Mondiale, e come garanzia è più che sufficiente.”

-        Una specie di gigante in un familiare costume bianco e blu con tanto di arco e casco di penne. “Aquila Americana è uno che vale una pila di Bibbie. Se volete, posso darvi le referenze dai Fantastici Quattro, con cui ha lavorato.

-        Infine, un uomo vestito in un costume e mantello interamente bianchi, il volto coperto da una maschera dello stesso colore. “Phantom Rider ha avuto a che fare con i vecchi Vendicatori della Costa Ovest, e anche qui mi basta.

“Questi signori sono presenti sul territorio e si stanno già dannando per aiutare i più bisognosi. Propongo che abbiano un riconoscimento e status ufficiali per operare in concerto con l’SCI e senza interferenze.”

Hull lanciò un’occhiata ai militari –durante la legge marziale, erano i militari a prendere il più delle decisioni, ma era anche chiaro che in un mondo dove i super-esseri erano un fattore ormai comune e strategico, un simile fattore non poteva venire trascurato...

Fu Woodson a rispondere. “E sia. Comunichi a questi Rangers la loro nuova posizione, e dica loro di tenersi a disposizione per ulteriori ordini. Per ora, si occupino principalmente di vigilare. Vagliate con la massima cura ogni richiesta di supporto dalla comunità dei super-esseri.”

Rapido assenso. La comunicazione si spense.

Hull si rivolse ad Anderson. “L’alieno responsabile di questo disastro è scomparso, mi hanno detto.”

“Sì. Dopo avere praticamente scoperchiato una montagna, e messo alla luce un suo simile, che però si è dimostrato meno iracondo[viii]. Ci sono rapporti di un terzo e quarto gigante apparsi nel Pacifico, ma anche lì la cosa non ha avuto un seguito, se si esclude uno scontro fratricida[ix]

Risolto questo problema, l’assemblea si preparò alla prima di una lunga serie di interminabili giornate di lavoro...

 

Phoenix, Arizona

 

Alla fine, vista la terribile situazione, cos’altro potevano fare, se non mandare tutti i piani carini all’aria e separarsi? C’era semplicemente troppo da fare, per restare uniti. Dovevano vigilare il più ampio territorio possibile.

 

La forma spettrale di Phantom Rider emerse da un cumulo di macerie di quello che era stato un palazzo di dieci piani. “Due sopravvissuti. In una delle cantine. Un ragazzo e una ragazza.” Inutile sottolineare che si trovavano in stato di choc. Quasi erano morti di paura, nel vedere un fantasma emergere da una parete.

Texas Twister avrebbe potuto rimuovere le macerie in un batter d’occhio, ma avrebbe solo finito col rinnovare il panico.

Toccò a Shooting Star fare il miracolo. Istruita sulle coordinate, la donna puntò le braccia, e dalle unità ai polsi scaturirono abbaglianti raggi laser. Le macerie furono scavate come burro.

Era irreale! Tutto intorno a loro, il silenzio era rotto dai pochi allarmi intenti a terminare le batterie e da qualche lamento. I pochi sopravvissuti o vagavano intontiti per le strade come tante anime erranti, gli occhi vuoti o pieni di troppo orrore da sopportare, o si erano rintanati nel primo angolo disponibile, istintivamente alla ricerca di una casa, un rifugio...

Shooting Star non sapeva da dove veniva l’energia per alimentare le unità e il costume costruito da suo padre, Jason Dean questi già agente dell’AIM sotto il nome di Fotone, e non voleva saperlo. Le bastava sapere di poterlo usare per salvare delle vite, ripulirsi dall’infame ombra che incombeva sul suo lignaggio.

Ad un certo punto, si avvertì distintamente l’odore di carne bruciata –Dio, stava scavando attraverso i corpi! Ma non smise, non poteva, non doveva...

Finalmente, il foro giunse proprio sopra le teste della coppia indicata dal suo amico. E vedere prima l’incredulità, poi la speranza e infine la gioia dipingersi sui volti dei poveretti, fu ricompensa sufficiente, per ora, a farle dimenticare l’orrore.

Dalla sella del suo fedele cavallo-fantasma, Banshee, Phantom Rider estrasse un lasso. “Qui ci penso io, Star.” Si avvicinò al cratere.

Victoria Star si vergognava. Poteva fare molto di più, con le sue armi...ma non osava trasformare le operazioni di soccorso in esperimenti! Se solo avesse avuto il tempo di allenarsi... “Che..?

Un raggio di luce dal cielo affondò nel cratere! I giovani urlarono la propria sorpresa...pochi istanti prima di venire sollevati da quello stesso raggio –che in realtà era una grezza, solida mano.

Rider e Star guardarono verso l’inaspettato soccorritore. “Quasar?” fece lei, schermandosi gli occhi con una mano.

Il Protettore dell’Universo depose i ragazzi a terra, e atterrò accanto ai suoi ‘colleghi’. “Pensavo ne avreste avuto bisogno. Lo sa Dio, che dobbiamo cooperare il più strettamente possibile.”

“E te ne siamo grati,” disse Phantom Rider, ma non suonava veramente contento. “I tuoi...amici?”

Quasar annuì. “Makkari sta facendo la spola fra qui e questo SCI. Nuvola è un aiuto prezioso: sta contenendo la fuga di radiazioni alla centrale nucleare di Palo Verde. Quanto a...” finalmente, realizzò il tono di Rider, e si morse la lingua! “Beh’, lui sta lavorando in periferia. Ha spento l’incendio dei depositi di gas, e ora dovrebbe avere messo mano al disastro chimico. Non avrei mai creduto di doverlo ringraziare di cuore –i sopravvissuti sono già così pochi...”

Di fatto, il sisma aveva colpito all’alba. La maggior parte della gente era a casa, a dormire, ignara...

Shooting Star sospirò. “Che razza di mostro è, questo Maelstrom? Ha fatto tutto questo senza alcuna ragione...”

E non hai visto di cos’altro è capace! Quasar non sapeva cosa dire lui stesso, che aveva combattuto più volte quel mostro capace di nefandezze quali solo un Deviante poteva concepire.

Ma Maelstrom non aveva ancora vinto: con quel colpo all’Arizona, voleva fare cadere i Protettori dell’Universo in disperazione, ma se credeva di potere sottovalutare la forza d’animo delle sue vittime, beh’, doveva impararne, di cose! “Coraggio. Abbiamo una lunga giornata, davanti.” Disse con un sorriso forzato, ma che per il momento risollevò un po’ il morale.

 

Abitudini.

Che buffo! Le odiamo, quando regolano la nostra vita fino al punto da farci dimenticare che c’è qualcosa di meglio del tran tran. Le amiamo, quando sono la nostra unica fonte di salvezza. O anche solo di speranza

Ogni punto di riferimento era semplicemente andato. I cartelli stradali puntavano verso il basso, come se ci fosse un’unica strada rimasta per i vivi.

Jack Ironhoof, ex Detective della ex Omicidi dell’ex 10° Distretto, procedeva in uno stato di stupore. Sangue gli colava da una ferita alla gamba, ma non provava dolore. Non provava niente che non fosse apprensione per sua figlia Lila.

La strada era andata, ma era un percorso che avrebbe potuto fare a occhi bendati –se si escludevano le buche fangose, quelle fumose, i detriti. Ogni passo, un po’ di speranza in più.

Lila. Bella come sua madre, testona come suo padre.  Da quando avevano inaugurato quella nuova birreria, lei si era comportata come una falena con la fiamma: non ne poteva fare a meno –era un bel localino, in fondo. Ci era stato, all’inaugurazione: buona musica, rumoroso ma non troppo, pieno di giovani...

Lila. Dio, fa che si trovasse lì, al momento del terremoto. Era una sua abitudine, andare tutte le sere a spendere qualche ora con gli amici, in quel locale! Era un edificio a un solo piano, ce l’avrebbe fatta a uscirne viva, ne era certo.

E lui non poteva neppure raggiungerla: non poteva neppure trovarlo, il locale! Poteva solo sperare di trovarla a casa...o aspettarla lì.

La gamba cominciava a fargli male... “Ciao, Jack.”

!*!

Anni di istinto di sopravvivenza, di vita da poliziotto, lo fecero reagire a quelle due sole parole come se gli avessero fatto un elettrochoc. Si voltò, improvvisamente lucido, riconoscendo la voce.

Strano animale, l’uomo. Di fronte a una crisi, poteva tirare fuori il meglio o il peggio di sé. E quando era la seconda, era sempre con una agghiacciante lucidità. Un pazzo non dava il peggio, era semplicemente una conseguenza di cose più grandi di lui.

Le creature che circondarono Jack Ironhoof erano lucide. Lo sapeva. Le conosceva.

Blood Wheels, le Ruote di Sangue. Nel vecchio West, sarebbero stati con orgoglio il terrore di qualunque carovana, altro che indiani! Per Jack, erano solo un branco di giovani cretini, incapaci di andare oltre la soddisfazione personale a spese degli altri. Si spostavano su due ruote fra uno stato e l’altro, facendo impazzire le divisioni di polizia, tormentando gli automobilisti alle stazioni di servizio e le stazioni di servizio.

Alla fine, avevano esagerato. Jack aveva raccolto la sfida, aveva teso l’agguato e li aveva presi. Messi in carcere, in attesa della sentenza...

E se loro erano liberi...

Jeb, uno dei ‘Sanguinari’, un ragazzo che portava una bandana rossa e una benda all’occhio destro, giacca di pelle nera e stivali borchiati, accarezzò il piede di porco che teneva in una mano. “Sorpresa. Abbiamo deciso di venire a farti una visita.”

Nessuno era armato, se non di catene, spranghe, bottiglie rotte –grazie a Dio, l’armeria della stazione di polizia doveva essere stata sepolta, e loro non avevano pensato di perquisire gli agenti caduti. Veloce, Jack estrasse la pistola –una bella calibro 38, un giocattolo utile contro.

Jack gemette, appena un coltello gli si piantò nel braccio! Lasciò cadere l’arma.

Jeb scosse la testa in disappunto. Dietro di lui, ‘Nino’, un biondo che nella banda era famoso per le sue abilità con le lame, ridacchiò. “Ma che sciocchino, detective,” disse Jeb. “Ma come, dimentichi così in fretta i tuoi cari amici?”

Avanzarono ancora. Lentamente. Avevano la situazione sotto controllo, e lo sapevano. Nessuno sarebbe intervenuto. Potevano prendersela comoda.

Jack si appoggiò a un moncone di lampione. “Lila...Che ne avete fatto di Lila..?”

Ci fu uno scambio di occhiate perplesse. Jack sospirò di sollievo –non erano stati a casa sua, allora! Lei non sarebbe stata in immediato pericolo...

“Tranquillo, capo,” disse Jeb, “se lei è così importante per te, la aiuteremo a ritrovarti. Sulla strada per l’Inferno.”

Più vicini. Almeno, se fosse stato fortunato, avrebbe potuto cavare l’altro occhio a quel mostro sadico...

*rrrrRRRR*

Neanche una bomba avrebbe potuto scuoterli meglio! Si voltarono tutti, dimentichi delle ostilità, verso il proprietario di quel mostruoso ringhio.

Lo videro su una pila di macerie, accosciato, una mano artigliata levata, gli artigli luccicanti al sole. Puma.

Nino reagì d’istinto. Era convinto di avere a che fare con un qualche travestimento, e lanciò con tranquilla precisione.

La testa di Puma saettò più veloce di quella di un serpente! Il coltello fu afferrato al volo dalle bianche fauci. Un colpo di mascella, e la lama finì a pezzi come una caramella!

Ora, non che si potesse dire che la banda dei Sanguinari non fosse fedele al suo capo...Ma più di tanto non si poteva proprio chiedere, non con un simile mostro.

In altre parole, Nino bestemmiò e se la diede a gambe levate –grave errore, di fronte a un predatore!

Puma saltò. Un solo salto, e quando atterrò fu addosso al ragazzo. Un colpo di artigli alla gola, e la banda ora era sotto di un membro. In pochi secondi.

“Cazzocazzocazzo..!” borbottava Jeb.

Puma lo fissò. Ringhiò, un tono basso ma gravido di promesse.

Fu sufficiente. L’intera banda se la squagliò con un’improvvisa agilità da cerbiatti.

Puma si avvicinò a Jack. “Dovrei...dichiararti in arresto per...omicidio...” Il detective sfoggiò un pallido sorriso, reggendosi il braccio. In realtà, non era mai stato così contento di un aiuto.

Puma grugnì qualcosa, e con un movimento secco strappò via la manica zuppa. Annusò la ferita. “Una leggera infezione. Ora stai fermo.”

Jack Ironhoof sbarrò gli occhi, ma poté solo limitarsi a gemere per le bruciante sensazione che dava la lingua di Puma mentre questi leccava la sua ferita! Non avrebbe potuto muoversi neppure volendo; il suo braccio era trattenuto in una morsa gentile ma ferma.

Pochi colpi, e la ferita fu pulita. Sempre reggendo il braccio con una mano, Puma usò l’altra per aprire una borsa in pelle che teneva alla cintura. Ne estrasse una specie di impacco verde, grezzo, e lo applicò con forza alla ferita, fasciandola a dovere. “Non rimuoverla. Il nostro sciamano la usa per ferite anche più gravi.”

Jack riconobbe al fiuto una serie di sostanze che usava suo nonno. Una di esse era un sedativo. La ferita smise di pulsare, e la lucidità iniziò a farsi largo nella sua mente. “Perché mi hai leccato? Non bastava..?”

“La mia saliva contiene potenti enzimi, ottimi per una prima sterilizzazione. Non c’era tempo di sputare su un fazzoletto e passartelo su. Dove ti stai dirigendo, da solo?”

Il detective glielo spiegò velocemente. Puma disse, “Va bene. Appoggiati a me.”

L’altro obbedì senza fiatare, sorpreso dal contrasto della setosità morbida del pelo e del ferro dei muscoli sottostanti. “L’altra ferita..?”

“Solo un graffio. Si è già chiusa. Taci e cammina.”

 

Abitudini.

Maledette abitudini! Mai che ti tornassero utili al momento giusto, normalmente. E nel momento sbagliato, peggioravano solo la situazione!

Conoscendo papà, a quest’ora sarà già a casa o al Golden Crop a cercarla, contando sulle abitudini di Lila Ironhoof (cognome del *!”£$).

E tu guarda cosa succede l’unica (vabbe’, forse non proprio l’unica) volta che decide di andare a un Rave sulla 60!

Lila continuò a camminare accanto ai resti della strada –era decisamente più sicuro che camminarci sopra. Se anche avesse potuto evitare di rompersi tutt’e 2 le gambe, ne aveva abbastanza dei cadaveri o arrostiti o maciullati nei modi più artistici. Poco ma sicuro.

Il Sole era una palla infuocata impietosa. La puzza di carne e carburante era quasi intollerabile. La casa di Daniel era ridotta a un mucchietto di Lego, con lui dentro. Il garage, dove lei, insieme a metà della banda, stava dormendo, era in piedi per il più puro dei miracoli. Anna, una che poteva andare in abito nero tanto che era devota, si era inginocchiata facendosi il segno della Croce a velocità stroboscopica.

Lila iniziò a ridacchiare a quel ricordo. Le prime lacrime iniziarono a scenderle dagli occhi, ma le ricacciò prontamente indietro, insieme alla risata. Niente isterismi per ora, ragazza!

Doveva concentrarsi sul suo obiettivo –ammesso che fosse ancora in piedi, naturalmente: il Rainbow Rug, il locale di quel buffo omino italiano. C’era un telefono, lì (e che le venisse la peste, se infilava le mani nei rottami a prenderlo da un cadavere!).

E già, e poi chi avrebbe chiamato? Era chiaro anche da quella distanza che Phoenix non esisteva più, come città. C’era un silenzio assurdo!

I suoi pensieri vagavano di palo in frasca. Stava cominciando a cedere allo choc. Non capiva neppure se la voce che la chiamava per nome fosse reale, o solo...

Una spalla si posò sulla sua mano. Lila urlò. Si liberò, inciampò, cadde.

Di nuovo, lo sconosciuto la prese per le spalle, e lei si lasciò docilmente mettere in piedi. “Lila, Signore sei proprio tu!”

La voce, come la faccia, erano di Luigi Carlo Candelari, il ‘buffo omino italiano’ proprietario del Rainbow Rug –cioè dei resti che lei aveva superato senza neppure accorgersene, ipnotizzata com’era dalla vista di Phoenix. I suoi occhialini tondi erano crepati, ma non sembrava farci caso –lei era sicura che fossero puramente decorativi, per fare scena.

Lila scosse la testa. “Io...papà...”

Luigi la condusse docilmente verso un tavolino del bar sistemato alla meglio con una bella tovaglia a fiori sopra. “Non so nulla di nessuno, piccina. Non un numero telefonico funziona, e quelli degli uffici federali sono occupati...Cavoli, che scossa! Ho sentito parlare di Pompei, ma scommetto che non ha fatto la metà dei danni.”

“Un terremoto..?” Lila accettò meccanicamente un bicchiere d’acqua. Era fresca, una delizia per il suo palato arido. La bevve con gratitudine, sentendosi improvvisamente lucida. “Credevo fosse stata la Bomba! Come può un terremoto..?”

Lui scosse la testa. “Ero sveglio, quando è successo. Non c’era stato nessun Flash atomico; nessun’onda d’urto...No, è stato un terremoto. Il più schifosamente potente.”

Lei fece per alzarsi, ma fu ricacciata giù da un’ondata di nausea. “Devo tornare da papà, capisci? Devo...” questa volta, quasi divenne verde –Dio, ti prego, non ora!

Luigi passò qualche istante a carezzarsi il mento pensosamente, poi, “Senti, facciamo così. Io non posso abbandonare il Rainbow così di punto in bianco: potrebbe essere l’unico punto di soccorso nel raggio di chilometri. Ho una bella cantina rifornita di tutto, ma sono solo.

“Ti posso prestare il mio Pickup, se prometti di riportarmelo, insieme a qualcuno che abbia veramente bisogno di aiuto. Ma potrai prenderlo solo appena ti sentirai un po’ meglio. Ora come ora, non ti darei neppure le chiavi del cesso.”

Lei accennò un timido sorriso. “Stai tranquillo. E, grazie...”

Lui contraccambiò il sorriso. “Non dirlo neppure...hm?” si fece improvvisamente cupo.

Lei seguì il suo sguardo. Rabbrividì, istintivamente.

C’era una piccola folla, sulla Statale 60 –da dove erano venuti?! Saranno stati una ventina, uomini e donne laceri, volti ed arti incrostati di sangue ormai annerito. Stavano lì, silenti, immobili. Come statue...

Luigi estrasse la sua pistola dalla fondina ascellare. Era una calibro 45 a tamburo, roba da uccidere 2 persone in un colpo solo –non aveva tempo, per pensare al rimorso di spegnere altre vite dopo una simile tragedia. Se questa gente era impazzita, era pericolosa. Si chiese solo se un caricatore fosse bastato a fermare la follia...

Ma la folla non si mosse. Non fecero niente, se non stare a guardare con...occhi...

Lila era una figlia della civiltà moderna. La sua mente razionalizzava, e nel tentativo di fare ciò non afferrava ciò che gli occhi trasmettevano.

Luigi era cresciuto con genitori alquanto superstiziosi. E la mente di lui era tutt’altro che disincline ad accettare

che quegli occhi bianchi, alcuni di essi dalle orbite vuote, le orrende ferite –ad uno di loro mancava una mano!- non potevano appartenere ad esseri viventi.

Quella gente immobile era morta.

Luigi indietreggiò, la gola secca e la voce tremante. “Bambina, alzati. Stai al mio fianco, per l’amor di Dio.”

Il terrore nelle parole di lui fu la conferma che Lila stava inconsciamente cercando di rifiutare. Si alzò in piedi, appoggiandosi a Candelari come a una colonna.

Lila non urlò, ma solo perché non ne aveva il coraggio.

Adesso, i non-morti erano aumentati. Erano, quanti, trenta? Quaranta? Alcuni di loro erano bambini o reggevano infanti atrocemente mutilati o carbonizzati. E nei loro occhi, adesso c’era una scintilla. Qualcosa di ostile.

Luigi si mise a pregare. Padre nostro che sei nei Cieli, sia santificato il Tuo Nome, venga il Tuo Regno...

Volevano loro.

Una mano, un arto incancrenito dalla putrefazione, spuntò dal suolo, ed afferrò la caviglia di lei! Lila sbarrò gli occhi, il suo respiro mozzo e affrettato. Luigi quasi sparò all’apparizione, prima di ricordarsi che avrebbe amputato la ragazza!

Adesso, erano tutt’intorno a loro, i loro occhi colmi di odio sui volti –o i resti di essi- impassibili. Ma stavano a distanza, come se qualcosa li stesse trattenendo...

Improvvisamente, ci fu come un sospiro, un profondo verso collettivo, da quelle anime in pena. Ed esse scomparvero, sbiadendo come vecchie fotografie.

Lila si guardò la caviglia. Dio, quella cosa l’aveva toccata, l’aveva sentita, così fredda..! “Lila?”

E adesso cosa?! Levò la testa, e quando lo vide, come un angelo su di loro, gli sembrò la cosa più bella che potesse immaginare, dopo quegli orrori. Anche se era un lupo mannaro.

Karshe scese davanti alla coppia. Luigi riusciva ancora a tenere saldamente la pistola, ma francamente non sapeva neppure cosa farsene –i lupi mannari erano vulnerabili solo all’argento, giusto?

“State bene?” chiese lo sciamano-guerriero la cui staffa era fatta come di polvere di stelle finissima.

“Credo di sì,” fece Luigi, riponendo la pistola. Non aveva mai sentito di quelle creature vestire in quel modo, con tanto di pitture corporee –ma se un lupo mannaro poteva rispettare le tradizioni indiane, a lui bastava. “Cosa erano?”

Karshe guardò verso la statale 60. “Anime in pena. I morti degli innumerevoli incidenti stradali e di questa catastrofe.

“Le morti di massa causano gravi squilibri sul piano astrale, e forze ostili all’uomo possono tentare di infrangere le barriere. Voi siete stati fortunati: la vostra fede vi ha protetto contro anime che in vita professavano basicamente la stessa.”

Luigi si portò istintivamente la mano alla piccola croce dorata che reggeva al collo. Per questo, solo Lila era stata quasi presa! Lei era un’atea dichiarata! “Grazie per averci soccorso...er..?”

“Karshe è il mio nome, e rappresento i Cheemuzwa. Cosa ci fate, qui?”

Luigi lo spiegò, e alla fine il mannaro disse, “Posso esorcizzare quest’area, creare anche un percorso sicuro per la ragazza...Ma non posso garantire niente, fino a quando non avrò trovato ed estirpato l’entità che sta approfittando di questo caos. Mi capite?”

 

Nella direzione opposta della periferia di Phoenix, Aquila Americana e Texas Twister stavano occupandosi di rimuovere le macerie di una villetta a schiera. Le grida di un bambino erano ancora chiare, ma sempre più deboli.

Ad un certo punto, il guerriero Navajo ringhiò di frustrazione. “Andiamo troppo piano. Al diavolo! Twister, devi usare di più di quei minivortici!”

Drew Daniels sospirò. “Socio, ‘stavolta non ho nulla in contrario. Fatti da parte.”

Il tempo per Aquila di spostarsi a distanza di sicurezza, e un impressionante tornado si abbatté sulle rovine, succhiandole via con precisione chirurgica –Drew ringraziò più volte i suoi superiori allo SHIELD per quelle interminabili sedute di allenamento! Disperse le macerie in un’area sicura, e Aquila Americana si gettò sulle poche rimanenti.

Sotto una porta, giaceva una strana immagine. Un uomo svenuto di circa 40 anni, vestito della sola camicia e di un paio di pantaloni vistosamente calati...abbracciato a un bambino...

Dire che gli eroi restarono senza parole era un allegro eufemismo. Praticamente, impallidirono, gli occhi sgranati.

“Mamma..?” fece il bambino ormai sull’orlo del collasso –una creaturina terrorizzata, confusa, che non avrà potuto avere più di 7 anni. Interamente nudo. E i lividi...su tutta la schiena...

“Prendi il bambino,” disse Twister, gelido come la morte in persona. Il suo compagno afferrò la creaturina, che continuava a guardare verso quella che era stata la camera attigua. Solo un braccio insanguinato, inerte sporgeva fra le travi. Se era la madre, era morta. Inutile fare vedere anche quello, al poveretto. Aquila Americana portò il bambino verso il nero SJ-X0, l’ esclusivo aereo del gruppo, parcheggiato al bordo della strada.

Texas Twister afferrò l’uomo inerte per il colletto. Il colpo in testa, evidenziato dal sangue rappreso fra i capelli, lo aveva praticamente messo in coma –un destino ancora troppo gentile per quell’ignobile maniaco! Twister non esitò nel comandare un brusco movimento d’aria che portò la pressione atmosferica intorno al cranio dell’uomo quasi a 0. Di fatto, ogni capillare e vena sotto la pelle esplose. Il volto divenne una maschera scarlatta, il corpo sussultò e non si mosse più. L’eroe lo lasciò cadere come fosse stato un sacco di spazzatura.

Non si accorse minimamente di un paio di occhi terrorizzati seguirlo mentre andava verso l’aereo.

 

Si trattava di molecole semplici, in fondo.

Per lui, almeno. Sempre meglio che cercare di ricostruire palazzi e tubature –senza le conoscenze di un ingegnere edile, avrebbe fatto un casino non indifferente.

Trasformare le sostanze chimiche attive e venefiche in gas inerti e benefici per l’atmosfera era un altro discorso. Semplice come schioccare le dita, per Molecola.

Non un’anima era sopravvissuta alla distruzione, qui. Quelli che il sisma aveva risparmiato erano stati uccisi dalle esalazioni e dagli incendi dei prodotti chimici. I pochi cadaveri rimasti erano bambole contorte nelle smorfie più grottesche. E per fortuna che non c’erano fiumi o mari, o sarebbero stati altri dolori! Owen Reece aveva praticamente perso il potere di controllare anche le molecole organiche...

Un gesto della mano, e altre tonnellate di prodotti furono volatilizzate. Il volto segnato dalle cicatrici a fulmine si distese in un sorriso triste –Protettore dell’Universo, pensa un po’! E nessuno gli avrebbe creduto, anzi, avrebbe messo il povero Quasar nei guai se si fosse fatto vedere insieme a lui... “Uh?”

Stava per trasformare un altro laghetto di scorie in gas, quando avvertì come una resistenza. Come se improvvisamente le molecole avessero deciso di rifiutarsi di obbedirgli! Una volta ci aveva scherzato, con Volcana, ma lui poteva davvero sintonizzarsi con il mondo microscopico...

Altro cenno della mano.

Il laghetto verde/nero ribollì, ma non successe altro –com’era possibile?? Il potere di Molecola derivava dallo stesso Cubo Cosmico, e non c’era nulla al mondo che potesse...

L’aria stessa esplose davanti ad Owen Reece, proiettandolo con forza diversi metri indietro. Tale fu la forza dell’attacco, che il super-essere passò dalla sorpresa allo svenimento nello stesso momento.

Il laghetto iniziò a ribollire con più forza.

Una mano artigliata emerse dalla superficie viscosa!

 

Episodio 10 - Le ceneri della Fenice (II Parte)

 

Frammenti di vita dal notiziario della CNN.

 

Schermata: un giovane impomatato dal volto pallido nonostante il trucco, gli occhi rossi e i capelli di una brutta notte di sonno tenuti giù da generoso gel. “...e la situazione del mercato interno non sembra stare migliorando. Oggi il Dow Jones ed il NASDAQ hanno perso altri 5 punti in quella che ormai è una cascata al ribasso. L’incertezza domina nei mercati. I piccoli risparmiatori vendono quello che possono, non sapendo se un giorno saranno le loro stesse città a subire la sorte di Phoenix, Arizona...”

 

Schermata: un uomo in giacca kaki senza maniche con il logo CNN su un taschino al petto. La pelle è abbronzata dalle settimane di esposizione al sole del deserto. Dietro di lui si intravede un’antenna parabolica. Sullo sfondo, colline brulle color ocra. Nel microfono che stringe a sé quasi fosse un talismano, dice “...a Baghdad la situazione si sta facendo a dir poco incandescente. Saddam Hussein dichiara che se gli Stati Uniti ancora dovessero persistere con la loro politica guerrafondaia a scapito dei loro stessi connazionali in grave bisogno, allora il mondo intero avrebbe la prova della fame di petrolio a danno dei Paesi Arabi...”

 

Schermata: un’anchorwoman di colore con indosso un impeccabile completo color crema. La cura della sua figura, dai capelli alla pelle senza rughe, non riesce a nascondere un leggero tremolio nella voce. Non è studiato, ma le farà comunque guadagnare molta popolarità fra gli spettatori a casa. “...dei morti, ormai, è stimata oltre le 700.000 unità. L’evento, ricordiamo, ha colpito poco prima dell’alba, quando la maggioranza della popolazione era a casa, a...dormire. E in questa tragedia, il nostro pensiero va alla nostra corrispondente Carmen Twohawks ed al suo staff, di cui ancora non si hanno notizie. Dio sia con voi, ragazzi.”

 

Schermata: Mr. Fleischer, il Portavoce della Casa Bianca. Sembra un irreale manichino, tutto impomatato e curato come fosse pronto per una conferenza ad un cocktail party. Invece, si trova nella fossa dei leoni. Davanti al podio, la sala è letteralmente gremita di giornalisti di tutte le testate ed etnie che lo spazio euclideo potesse contenere. L’aria è viziata nonostante i condizionatori vadano al massimo, la tensione è palpabile. Mai come in questo momento, l’uomo si trova a pensare agli ospiti come ad un allucinante branco di squali che abbia fiutato la più ricca preda. Persino i loro occhi sembrano istupiditi per la brama.

L’uomo si schiarisce la gola. “Dunque...Per cominciare, evitate di fare domande fino a quando non avrò finito, OK? In risposta alla crisi di Phoenix, il Governo ha mobilitato ogni mezzo disponibile della Guardia Nazionale, della Marina, dell’Aviazione e dell’Esercito. E non mancano le offerte della popolazione civile da ogni dove negli USA e nel mondo. I primi rifugiati sono già stati portati al sicuro negli accampamenti siti alla periferia. Grazie al prezioso contributo della comunità dei super-esseri, sono già stati tempestivamente recuperati molti sopravvissuti fra i più ostili cumuli di macerie. Ed è sempre grazie ai super-esseri, che le nostre squadre di decontaminazione ambientale hanno potuto lavorare al meglio per contenere i danni causati dalla distruzione delle fabbriche di prodotti chimici ed industriali. Il Governatore Hull sta bene, e dirige le operazioni in armonia con la Guardia Nazionale dalla sede provvisoria del Governo a Fort Huachuca. E no, non abbiamo alcuna intenzione di dare retta alle lagnanze dei Luciferi sulla pericolosità dei super-esseri. Anzi, diversi si sono offerti per le operazioni di soccorso e lo sa Dio se abbiamo bisogno di loro in una situazione di simili proporzioni, per salvare quante più vite umane nel più breve tempo possibile. Ora, per quanto concerne il programma economico...” finita ‘sta storia, si sarebbe dato malato per almeno 1anno!

 

La sua città era stata distrutta. Rasa al suolo, appiattita come una frittata. In un istante, una prospera comunità di un milione di persone era stata trasformata in un angolo dell’inferno. Nonostante la maggior parte dei morti fosse rimasta intrappolata sotto le macerie, ce ne erano abbastanza, in strada, da ammorbare l’aria insieme al fumo degli incendi. Le mosche, belle grasse e lucide, enormi, sembravano essere spuntate fuori dal nulla in nuvole oscene, rabdomanti viventi delle prede più ghiotte. I ratti si muovevano indisturbati, cantando a festa, arditi, fra le strade che non erano più, in un paesaggio diventato alieno.

E quello era il meno peggio.

Una nuova stirpe di mostri era sorta dalle macerie.

Mostri umani.

Qualunque ombra, qualunque cancro dell’anima la civiltà e la morale riuscissero a tenere sotto controllo, il megasisma li aveva liberati. Forse non tutti i sopravvissuti erano ridotti alla strana tribù che ora circondava in silenzio il furgone della CNN, ma di sicuro non sarebbero venuti in soccorso dello staff assediato.

Questi sopravvissuti, uomini e donne, e ragazzini, avevano gli occhi iniettati di una strana luce. Alcune delle loro ferite al volto erano chiaramente entrate in suppurazione, ma non sembravano curarsene. Stavano seduti, a gambe incrociate, sorridendo come ebeti, un filo di bava dalla bocca. Scandivano i secondi battendo ritmicamente al suolo dei pezzi acuminati di metallo.

Avevano scandito quel ritmo infernale per tutta la notte.

“Cosa stanno aspettando?” fece Edward Lazinsky, senior dello staff. Aveva perso la sua lieve pinguedine, e con i capelli ancora più scarmigliati del solito, sembrava la caricatura di uno scienziato pazzo. Dei graffi attraversano le gambe coperte solo da un paio di shorts.

“Aspettano che usciamo,” rispose Tom Billings, il cameraman e più giovane membro dello staff. “Ci vogliono mangiare, ne sono sicuro...oddio...”

Geoffrey Hornset, l’autista, un uomo calvo come una palla da biliardo, che si riteneva ferrato a tutto, avendo portato quel furgone in numerose zone di guerra in Africa e nei Balcani, esitò nel dire, “Ragazzino, risparmiatele queste sciocchezze.” Ma voleva solo impedirgli di cadere nell’isteria. La verità era che lui stesso non aveva mai visto un simile comportamento. Quella gente era come posseduta, e la fame nei loro occhi era inequivocabile...Se anche non li avessero mangiati, potevano fare loro molto di peggio... “Non possiamo stare qui per sempre, comunque. Visto che, a parte quei poveri pazzi, il quartiere è deserto, dobbiamo tentare la fuga. Non è che siamo disarmati, giusto?”

Carmen Twohawks smise di guardare dal finestrino, e quasi diede un morso all’uomo. “Ci sono già stati abbastanza morti, Geoffrey! Conti di sparare a tutti quelli che incontreremo sulla strada?”

Lui levò le mani a difendersi. “Oh, calma! Se hai un’idea migliore, allora tirala fuori! Abbiamo già dovuto fare i nostri bisogni nei pantaloni, e c’è una puzza insopportabile. Abbiamo finito l’acqua e il cibo, e perdio...”

Guardate!

L’urlo di Tom era indubbiamente di gioia. L’intero staff si precipitò al finestrino, facendo quasi a botte per la migliore visuale. “Dio ti ringrazio,” disse Ed.

I folli stavano cercando di attaccare un nuovo arrivato, la loro unica speranza –un giovane muscoloso, atletico, che indossava un costume interamente nero con mantellina nera, coperto in parte come da un’armatura leggera. Era naturalmente una battaglia persa in partenza...per i folli. Loro erano almeno una dozzina, ma scoordinati, istupiditi. Fu un gioco da ragazzi, per l’eroe, stenderli uno dopo l’altro con un paio di pugni e calci bene mirati.

Quando ebbe finito, il portello laterale del furgone fu aperto, e lo staff maleodorante della CNN ne venne fuori.

“State tutti bene?” chiese l’eroe.

Carmen riuscì a ricomporsi per quanto la dignità glielo concedesse. “Immagino di essere in debito, mr..?”

L’eroe sorrise –l’unica espressione visibile sotto una maschera che copriva tutta la testa fino al naso. “Black Marvel basterà, Miss Twohawks. La vostra attrezzatura funziona?”

Decisamente non era la domanda che lo staff si aspettava, a giudicare dalle loro comiche espressioni. Tom fu il primo a riprendersi. “Uh, sì. Abbiamo questa videocamera di riserva, e altro materiale per piccole interviste, e un laptop...”

Black Marvel indicò dietro di sé con un pollice. “Portateli con voi. Da quella parte, è stata eretta una tendopoli dove troverete quello che serve per una completa assistenza. Ci sono pattuglie di elicotteri alla ricerca di sopravvissuti, e con un po’ di fortuna vi troveranno a metà strada, ma dovrete camminare allo scoperto. Registrate tutto quello che potete, sarà una testimonianza preziosa...Oh, e non perdete tempo a cercare qualche genere di conforto. Non troverete un solo negozio in piedi.” Detto ciò, saltò via con l’agilità di un puma, sparendo presto dietro le macerie.

“Eroi!” fece Carmen, tornando nel furgone. Non che avrebbe trovato l’ombra di un accordo con le sue considerazioni in generale sui super-esseri, ma per gli altri bastava che la ‘Lady di Ferro’ avesse ritrovato il suo carattere, e quando lei assegnò i ruoli, furono tutti felici di obbedire.

 

La desolazione. La terribile desolazione.

Jack Ironhoof avrebbe dato tutto almeno per potere sentire dei lamenti, qualunque cosa che testimoniasse una briciola di vita nella sua città. Invece, quando finalmente giunse a casa, i soli frammenti di vita nel raggio di chilometri erano lui e il suo singolare ‘paladino’, il teriomorfo guerriero di nome Puma.

Casa? No, che parola assurda, per descrivere l’informe cumulo che gli stava davanti...Ma non importava. No, quello che importava era che non ci fosse sua figlia, fra quelle macerie fumanti!

Puma, che fino a quel momento aveva sorretto il Detective della Omicidi, lasciò che l’uomo si sedesse, mentre lui andava a sondare le macerie. Il suo leggendario fiuto avrebbe potuto localizzare un singolo essere umano in una città delle dimensioni di New York. Sarebbe stato molto semplice, trovare una singola traccia fra quelle rovine...

 

Guardandolo all’opera, per la prima volta Ironhoof avvertì una punta di invidia. Quell’essere così simile a un puma sulle due zampe incarnava la bellezza e le virtù delle creature del mito, come gliele raccontava suo nonno...Prima che suo padre decidesse che la vita nella Riserva non faceva decisamente per lui. Puma si muoveva agilmente, senza alcun timore di slogarsi o rompersi una gamba, e la sua forza valeva cento pistole...Eppure, quando menzionava le proprie abilità, il guerriero sembrava amareggiato, come se il suo dono non fosse cosa gradita... “Come?” si accorse all’ultimo istante del fatto che Puma gli aveva parlato.

“Ho detto che tua figlia non solo non è fra queste macerie, ma non è neppure passata di qui dal momento del sisma.”

Jack quasi svenne dalla gioia. “Signore ti ringrazio...Puma, dobbiamo trovare un campo. Ormai il Governo dovrebbe avere...Puma?”

La creatura si era improvvisamente distratta. Le sue orecchie fliccavano in varie direzioni, come alla ricerca di un suono che solo lui poteva udire...Poi, Puma ringhiò. Un verso sinistro, di sfida. E già il pelo sulle braccia e sul collo stava drizzandosi. “Jack, non posso stare ancora con te. Devo andare.”

Lo stupito detective non ebbe neppure il tempo di chiedere spiegazioni. Poté solo guardarlo correre via come il lampo.

 

“Rider..?”

Ma la figura vestita interamente di bianco non rispose subito al tono preoccupato di Shooting Star, che lo fissava preoccupata. Colui che era chiamato Phantom Rider si era improvvisamente piegato in due come in preda a un indicibile dolore. “Sto...bene...” disse, rialzandosi in piedi, ma a fatica. “Star, c’è una presenza, in questa città. Lo spirito del mio antenato che mi possiede non si sbaglia: è oscura, malvagia...Dobbiamo combatterla senza indugio.”

La donna fece tanto d’occhi. “Stai scherzando, dimmelo. Ci sono persone che dobbiamo salvare, se non te ne fossi accorto, e...”

Ma già il cavaliere aveva evocato il suo fedele e spettrale destriero, Banshee. Saltò in sella al cavallo che appartenne al suo antenato. “Persone che moriranno, se non facciamo qualcosa e subito. Avverti il Super Comando Integrato. Penseranno loro a...”

In quel momento, il segnalatore alla cintura emise un ronzio. Un attimo dopo, si udì forte e chiara una voce maschile. “Shooting Star e Phantom Rider, qui parla il Direttore G.W. Bridge da Thunder Mountain, mi sentite?”

 

“La riceviamo forte e chiaro, signore,” rispose altrettanto chiaramente la voce della giovane donna.

Bridge, un nero dai capelli ormai interamente bianchi ma dal fisico ancora perfettamente allenato, annuì. “Abbiamo nuovi dati dai satelliti, eroi. Sta succedendo un qualche casino a sud della città, dove si trovano...si trovavano i maggiori depositi chimici.” Davanti a lui, uno schermo mostrava un’attività energetica intensa sulle frequenze luminose. Cascate di dati accanto all’immagine erano piene di punti interrogativi. “I sensori non sanno classificare il tipo di casino, e scommetterei che c’entra qualche magia. I Rangers sono gli unici disponibili con qualche esperienza in quel campo, perciò mollate tutto e cercate di capire che sta succedendo ed impedite che succeda. Avvertiremo noi gli altri eroi.”

Bridge era abituato a farsi obbedire, e la risposta affermativa della donna fu lesta come si aspettava.

“Quanto a lungo ancora dovrà soffrire, la mia città?” disse l’unica donna presente nella sala, il Governatore Janet Dee Hull. Reggeva fra le mani l’ennesima tazza di caffè –ormai c’era da scommettere che la bevanda aveva in tutto e per tutto rimpiazzato il suo sangue, ma lei non mollava, e non dava segni di stanchezza. Nella catena di comando, durante la legge marziale, lei era il Comandante in Capo, ma erano i militari ad esercitare il vero controllo, anche se erano la sua competenza sulla città, l’intima conoscenza delle abitudini dei suoi abitanti, che le avevano permesso di coordinare gli sforzi degli elicotteri, i soli mezzi che potessero per ora atterrare nel cuore del caos.

Bridge avrebbe avuto voglia di spaccare qualcosa. Era stato mandato lì insieme a un battaglione dello SHIELD per i primi soccorsi...e non poteva fare niente di più! Era proprio vero, che le disgrazie non venivano mai da sole: proprio in quel momento, l’Hydra aveva approfittato del momento di confusione per attaccare in grande stile il QG SHIELD a New York[x]. Per ora, Phoenix non avrebbe avuto altro aiuto da loro...

 

...Ma erano, per ora, ben altre le preoccupazioni per un certo supercriminale in cerca di redenzione.

Niente di strano che i satelliti stessero captando quantità anomale di energia, nell’evento –quell’uomo era proprio uno dei punti focali di esso!

Owen Reece, alias Molecola, stava facendo del suo meglio, salvo causare un disastro su scala nazionale, per tenere a freno l’entità che aveva di fronte –e per quanto impossibile sembrasse, i suoi attacchi non stavano praticamente avendo effetto!

Reece sapeva di essere ‘vulnerabile’ agli attacchi mistici, ma fino a quel momento non era che una teoria. Non si era mai trovato di fronte un mistico!

La figura davanti a lui era una sagoma umana indistinta, avvolta com’era dalle mostruose energie scatenate contro di essa. E in tutta risposta, la figura rideva. E avanzava. “E non sai fare di meglio, ometto? Wolverine, lui sì che sapeva combattere, fosse stato anche con i soli artigli!”

La voce era un ringhio osceno, profondo, di ghiaia infilata nella gola e rimestata a qualcosa di indicibile.

Molecola era stanco. Non tanto per la quantità di potere utilizzato –diavolo, poteva quasi competere con un Cubo Cosmico- quanto per l’impossibilità di mantenere la concentrazione. Aveva mescolato gli elementi della tabella periodica in tutti i modi possibili, aveva generato energie sullo spettro fino ai raggi gamma, e non era servito a niente!

Alla fine, la figura fu davanti a lui. Molecola ne vide il volto, e quasi svenne per il terrore...

Una mano artigliata lo afferrò per la gola, sollevandolo come uno straccetto. “Pfui, che razza di femminucce vivono in questa cosiddetta ‘era moderna’! Un simile potere per un esserino come te è sprecato.” La ‘cosa’ sollevò un altra mano, le dita/artiglio spianate. “Il tuo cuore e il tuo potere saranno un primo pasto decente...”

Molecola chiuse gli occhi. Il suo ultimo pensiero andò alla sua Volcana –povera ragazza, chissà se avrebbe portato dei bei fiori al suo funerale..?

Si accorse che quell’’ultimo’ pensiero stava effettivamente durando un po’ troppo a lungo. Sorpreso, aprì gli occhi, e si accorse di

- essere seduto a terra, e

- che il cielo aveva risposto alle sue preghiere!

Il nuovo nemico era umano...almeno nella forma e nella pelle. Vestiva come un guerriero tribale...ma finiva lì. Perché la ringhiante testa di lupo stringeva fra le zanne un braccio umano! Sotto la vernice nera che copriva la fronte, gli occhi erano due pozze ardenti di rosso, senza pupille, malevoli come le zanne della bocca.

Stava acquattato in una posa che rispecchiava bene quella del salvatore di Molecola: Karshe, il lupo mannaro e sciamano-guerriero!

“Ci si rivede, cane,” disse il mostro, soddisfatto. “Potrei persino risparmiare la vita di quell’inutile ometto, visto che è servita a fare arrivare te.”

Concentrato sullo scontro imminente, Karshe si guardava bene dal mostrare una qualche sorpresa alle parole del suo avversario –perché una cosa era certa, lo conosceva per la sua sinistra fama, non certo per averlo mai incontrato!

“Allora,” disse la creatura, “dove sono i tuoi amici? Ricordo bene quanto siate inseparabili, voi branco di esseri inferiori. Questa volta, mi rifarò dell’umiliazione che mi avete inflitto!”

Il potere che emanava lo sciamano Siksika era grande...quanto familiare. Il mana di ogni mistico possedeva un’impronta unica, e Karshe poteva affermare con certezza che il suo nemico era imbevuto del potere di un altro mostro che i Rangers conoscevano bene...

Un rombo nel cielo spinse il mannaro a fliccare le orecchie, ma la concentrazione tenne.

Neanche il mostro si era distratto. “Magnifico! Sono qui! Un pubblico ideale, per finire te per primo!”

La mossa era praticamente telefonata, ma Karshe ne fu preso di sorpresa dalla potenza. Il nemico gli arrivò addosso come un treno merci in corsa, un treno merci coperto da un fuoco che ustionava non le carni ma l’anima stessa!

Il mostro colpì e colpì con gli artigli, ferendo Karshe, ma senza potere penetrare l’aura stellare di Karshe. Avvinghiati l’uno all’altro, i due avversari terminarono la corsa contro un cumulo di macerie, nel quale affondarono per oltre un metro.

Il futuristico SJ-X0 nero dei Rangers restò sospeso a mezz’aria sul propulsore verticale. Sotto il muso, si aprì un portello, e ne vennero fuori Texas Twister e l’imponente Aquila Americana.

“Perdio, quando lo SHIELD dice ‘emergenza’ mica scherza, nevvero?” fece il texano, aiutando Molecola a rimettersi in piedi. “Tutto bene, carciofo?”

Un tempo, Reece avrebbe polverizzato quella lingualunga per quella battuta. Invece, disse, “Occupati del tuo amico, piuttosto! Non lo vedi che...” fu interrotto da una poderosa esplosione!

Le macerie furono dissolte come polvere, e ne vennero fuori due specie di comete, una azzurra e una rossa. Quando atterrarono una di fronte all’altra, presero le forme dei due contendenti.

Karshe, il pelo coperto di graffi sanguinanti, ansimava –il dannato sapeva usare bene il potere donatogli dal suo nuovo padrone. “State indietro tutti, quest’essere è troppo potente per voi!” disse, senza staccare gli occhi di dosso al nemico.

“’Questo’ chi?” fece Twister, già avanzando verso di loro.

Lupo Assassino, ecco chi,” fece Puma spuntando dietro di lui. Twister si voltò, e vide che erano arrivati anche gli altri Rangers.

Aquila Americana disse, “Uno sciamano Siksika, dedito al culto dell’Avversario. Usiamo il suo nome per spaventare i bambini riottosi. Ma so che era morto, secoli fa.”

“Idioti!” sibilò Lupo Assassino, “Come disse il mio primo padrone, la morte non è che uno scherzo, una finzione! Non potevate costringermi in quello stato per sempre!”

Karshe disse, “E’ imbevuto del potere di Jack Lanterna. È lui che serve, adesso.”

“Uno scambio conveniente,” disse Lupo Assassino. “Il Danzatore del Silenzio non ha mai saputo fare più che blaterare vuote promesse, usandomi a sua convenienza, mentre adesso...” Levò un braccio. Gli artigli si accesero di luce rossa.

Risposero al suo silente richiamo. Emersero dalle macerie, dal suolo, si animarono, si mossero persino se mancavano loro le gambe, strisciando come orridi vermi.

I morti del sisma. Privi delle loro anime, erano ora schifosi burattini obbedienti, i volti contorti nello stesso rictus odioso di Lupo Assassino.

Durò poco. Imbevuti del volere del loro padrone, le loro fattezze distrutte si ripararono, gli abiti cambiarono foggia e colore, le loro fronti si tinsero di nero...

“Date il bentornato ai miei seguaci, infedeli!” rise lupo Assassino. Il rapporto numerico era ora decisamente cambiato, e gli eroi erano circondati da un’intera tribù di Siksika rinati!

“Sì, avevo proprio voglia di dir loro...addio!” fece Twister, concentrandosi...

E non successe niente!

“Dammene atto,” fece Molecola, “lo avrei già fatto, ma la magia di quel mostro impedisce di ‘sintonizzarsi’ sulle molecole. Benvenuto nel club, peldicarota.”

“Vendetta sarà mia!” urlò lo sciamano diabolico, e calò il braccio.

Come un sol uomo, i guerrieri rinati si gettarono sul gruppo.

“Vediamo se può impedire ai fotoni, di sintonizzarsi!” La risposta di Shooting Star fu spettacolare! Dalle unità ai polsi, concepite e costruite da suo padre, il primo Fotone, partirono due getti di luce solida che si unirono e formarono

un ariete. La prima ondata fu facilmente sbaragliata!

 

Puma ruggì, e concentrò la sua volontà nei suoi artigli, che brillarono di arcane energie. Un colpo solo, e già due dei guerrieri Siksika furono esorcizzati dal terribile potere che faceva di lui il Campione della Morte!

 

Aquila Americana decise di collaudare il nuovo tomahawk creato dal padre di Shooting Star. Lo estrasse dal fianco e lo lanciò con un solo gesto. Subito dopo, l’arma si carico di energia, e falciò le file nemiche come una cometa rotante. I guerrieri che riuscirono ad arrivare fino a lui furono tenuti a bada dalla sua forza degna di quella del mutante Colosso. Purtroppo, si rivelò subito uno spreco di forza, perché le ferite si rimarginavano subito dopo essere state inflitte!

 

Phantom Rider, postosi a difesa di Texas Twister, li abbatteva senza sforzo con i proiettili astrali delle sue Colt. Appena venivano colpiti, i guerrieri riprendevano le originali sembianze cadaveriche, e cadevano per non rialzarsi.

 

“Corrompere il riposo dei morti!” esclamò Karshe, impegnato in un duello serrato con Lupo Assassino, artigli contro staffa. “Se ci fossimo già incontrati, ti avrei trascinato personalmente nelle braccia del Re del Dolore, demonio!”

“Sogna pure, cane. Quando avrò finito con te, ti resteranno solo gli incubi!”

Lupo Assassino era veloce, molto più di un uomo, ed abbastanza forte da tenere Karshe in un angolo...Ma i suoi attacchi erano tanto aggraziati quanto quelli di un vecchio grizzly. La parte più difficile era trovare il momento esatto in cui avrebbe abbassato la guardia...come...

Ora!

Karshe fece per parare, con la staffa...ma la dissolse un attimo prima che gli artigli di Lupo l’incontrassero. Non aspettandosi tale mossa, lo sciamano fu proiettato in avanti dalla sua stessa inerzia.

Contemporaneamente, Karshe afferrò la mano di Lupo, e fece scattare la zampa in alto, a colpirlo in pieno stomaco con gli artigli!

Lupo Assassino urlò, e si irrigidì istintivamente –proprio quello su cui il campione dei Cheemuzwa contava! Un secondo calcio della zampa, e il nemico fu a terra con un nuovo, profondo squarcio stavolta nel fianco. Non sangue colava, ma il familiare fluido ectoplasmatico caratteristico di Jack Lanterna.

Karshe approfittò della pausa per pronunciare un breve canto, gesticolando all’indirizzo di Texas Twister.

Il texano si sentì percorso da un familiare formicolio. “Yeah, vai così pelosone!” sogghignò, tendendo le braccia. “Ora, cosa stavo dicendo, a proposito degli addii..?”

La figura di Lupo Assassino fu travolta da un vortice di venti a 100 m/s! Fu scaraventato in aria come una palla di cannone.

“Ottimo!” commentò Karshe “Mantienilo così ancora un istante.” Ricreò la staffa, e questa volta ad una estremità vi fece apparire una doppia punta frastagliata.

Karshe tese il braccio, e scagliò la lancia stellare con tutta la forza e la precisione che il suo corpo e l’occhio possedessero!

Lupo Assassinò urlò un’ultima volta, prima di venire colpito in pieno! L’oggetto mistico si infilò nella sua bocca, e una volta nel corpo, esplose. Il corpo di Lupo Assassino fu dilaniato, ridotto a brandelli ectoplasmatici.

I guerrieri Siksika tornarono all’istante ad essere semplici morti.

“Però,” disse Molecola.

“Una cosa buona l’ha fatta, quel mostro,” fece Twister, i pollici infilati nella cintura. “Almeno, ci ha risparmiato la fatica di riesumare quei poveri cristi prima che si decomponessero. A proposito, K, lui è morto morto, vero? Voglio dire...”

“Una creatura di magia?” fece Karshe, scuotendo tristemente la testa. “Non era neppure vivo, era solo un simulacro vivente, come quando l’Avversario lo possedette la prima volta. Era debole, e Jack Lanterna doveva saperlo: è stato mandato qui per distrarci, ma da cosa, temo che lo scopriremo presto.”

 

 



[1] Ma era già successo, una volta, giusto fans dei Nuovi Mutanti?

[2] Come hanno provato, a loro spese tutte le altre divinità cadute nella saga ‘Teomachia’ (v. Thor #1-5)

[3] Spider-Man/Secret Wars II Tie-In

[4] Miniserie Supernaturals

[5] Rangers #1

[6] La misteriosa figura apparsa dal #1



[i] Ep. #1

[ii] Ep. #4

[iii] prossimamente su QUASAR, RANGERS e VCO

[iv] Speciale GUERRA DEI MONDI

[v] SUPERNATURALS da #1 a #4

[vi] QUASAR #29

[vii] VENDICATORI DEI GRANDI LAGHI #2

[viii] CAPITAN MARVEL #11

[ix] THE OTHERS #4

[x] CAPITAN AMERICA #6